Il piano

Big data a scuola per educare alla sostenibilità

Sarebbe una grande scommessa se lo sviluppo sostenibile diventasse nuova materia scolastica per formare competenze determinanti al raggiungimento degli obiettivi ONU. Accanto a questo ambizioso obiettivo non dovrebbero mai mancare le competenze digitali e le capacità di analisi dei dati

Pubblicato il 20 Ott 2017

Felicetto Massa

Istituto Tecnico Industriale Statale M.O.V.M. Don Giuseppe Morosini" di Ferentino (FR)

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Il Piano di Educazione alla Sostenibilità, presentato a fine luglio dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, rappresenta una vera e propria strategia nazionale in linea con l’Agenda 2030 dell’Onu e con la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile, prevista dalla legge 221 del 2015.

Lo stesso MIUR si è impegnato con 20 azioni, riguardanti tutte attività di competenza, attraverso un gruppo di lavoro che ha lavorato al Piano di Educazione per il quale sono state individuate le quattro possibili macro-aree di intervento nelle strutture ed edilizia, nella didattica e formazione delle e dei docenti, nell’università e ricerca e nella informazione e comunicazione.

Una vera e propria attuazione nazionale del percorso delineato nel settembre 2015 da più dei 150 leader internazionali che si sono riuniti alle Nazioni Unite per contribuire mettere in cantiere tutte le azioni necessarie allo sviluppo globale, alla promozione del benessere umano ed alla protezione dell’ambiente.

Gli elementi fondanti sono i 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS/SDGs, Sustainable Development Goals) e i 169 sotto-obiettivi, i quali sono orientati a porre fine alla povertà, a lottare contro l’ineguaglianza e allo sviluppo sociale ed economico.

Riportano gli aspetti fondamentali per lo Sviluppo Sostenibile quali l’affrontare i cambiamenti climatici e costruire società pacifiche entro l’anno 2030.

A supporto dei 17 obiettivi e dei 169 sotto-obiettivi sono stati creati 240 indicatori statistici con l’intento di misurare l’effettivo processo di avvicinamento agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Un unico fattor comune in cui si pretende un vero e proprio impegno internazionale nel soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.

In questo contesto l’intenzione dell’uso degli indicatori rappresenta la realizzazione di veri e propri Big Data con il quale le nazioni possono monitorare i progressi nelle loro azioni e pianificare anche politiche future, in ambiti in cui i risultati numerici riportano delle criticità.

Dagli stessi possono essere dedotte informazioni immediate e approfondimenti che consentano a Imprese e Enti di migliorare le decisioni, di ottimizzare le politiche ed i percorsi, e di governare proattivamente.

A livello nazionale l’ente delegato dalla Commissione statistica delle Nazioni Unite è l’ISTAT che, per tutti gli indicatori individuati per la misurazione dello Sviluppo Sostenibile e il monitoraggio dei suoi obiettivi, è chiamato a un ruolo attivo di coordinamento nazionale nella produzione e nell’aggiornamento periodico.

Lo stesso monitoraggio ha portato alla redazione del recente rapporto di attuazione a livello nazionale, nel quale è stata evidenziata la preoccupante assenza di un quadro strategico che integri provvedimenti e scelte utili a definire una identità nazionale sugli aspetti dello Sviluppo Sostenibile.

Ad allarmare sono stati la lotta alla povertà, la gestione delle acque, la diseguaglianze e l’ecosistema terrestre, e quindi i quattro dei 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile che negli ultimi anni hanno visto un peggioramento.

La soluzione a questi trend negativi impone di attuare strategie a lungo termine che chiedano alla scuola italiana di dare forma ad un nuovo modo di pensare del cittadino, ma anche ad un nuovo cittadino sensibilizzato e consapevole delle scelte e dei percorsi da fare per un futuro sostenibile.

L’impegno del MIUR diventa quindi indispensabile e richiede allo stesso una completa attivazione per diffondere la sostenibilità in ogni campo della società, per sostenerla dal punto di vista didattico, scientifico, tecnologico, culturale, formativo.

Occorre una consapevolezza sul fatto che nessun nuovo approccio nella scuola può prescindere da una base di competenze digitali e che tra gli strumenti del PNSD dovrebbe vedere il pensiero computazionale come uno dei pilastri importanti per la concezione ampia dello Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

Il pensiero computazionale secondo la definizione di Jeannette Wing, direttrice del Dipartimento di Informatica della Carnegie Mellon University è “il processo mentale che sta alla base della formulazione dei problemi e delle loro soluzioni così che le soluzioni siano rappresentate in una forma che può essere implementata in maniera efficace da un elaboratore di informazioni sia esso umano o artificiale”.

Per il pensiero computazionale la capacità di individuare i problemi e proporre le diverse soluzioni richiede di sviluppare negli alunni nei diversi cicli di istruzione una combinazione delle seguenti competenze:

  • rappresentare i dati del problema in modo astratto e pragmatico;
  • interpretare un contesto in modo tale da permettere al “sistema di elaborazione” di trovare le diverse possibili soluzioni;
  • rendere automatico il percorso di miglioramento di sostenibilità attraverso la proposta di algoritmi validi;
  • analizzare i contesti di sostenibilità ed implementare le possibili soluzioni attraverso la scelta opportuna di fasi e strumenti utili alla analisi ed alla organizzazione dei dati;
  • standardizzare l’approccio alla risoluzione del problema per avere la capacità di trasmetterlo su tutti gli altri (di ognuno dei 17 obiettivi).

Le competenze implicite del pensiero computazionale si dovrebbero integrare con le esigenze di monitoraggio sullo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, ma devono essere integrate nella conoscenza profonda delle 17 azioni che vedrà impegnati i docenti in un vero e proprio processo formativo.

Nasce di conseguenza la necessità di governare con un approccio interdisciplinare questi aspetti e delle conoscenze che demanderà ai nuovi Dirigenti Scolastici, ma anche agli altri Dirigenti della Pubblica Amministrazione, una nuova forma di Leadership che si può definire in un unico neologismo: Sustainable Goals LeadershipSG Leadership.

Nella SG Leadership dovrebbero essere sintetizzati:

  • conoscenza dei Big Data (La capacità di analizzare ed interpretare i dati Data Science);
  • visione integrata dello sviluppo sostenibile;
  • integrazione con altri enti o imprese (capacità di creare una unità di intenti tra più enti ed organizzazioni esterne alla propria);
  • innovazione sociale (fare scelte cercando di migliorare i contesti sociali in cui si opera);
  • conoscenza della sostenibilità dei 17 obiettivi;
  • valori sociali (intelligenza emotiva, fiducia, reciprocità).

Una SG-Leadership che vede necessaria la valorizzazione dello strumento dato alle reti di scopo con le quali si potrebbe anche pianificare un vero e proprio sviluppo sostenibile territoriale che integri le competenze trasmesse nei diversi indirizzi scolastici e universitari.

Per attivare i territori alla formazione e sensibilizzazione degli studenti richiederebbe sforzi iniziali notevoli, ma i risultati e gli effetti sarebbero tali da formare nuovi cittadini con un ruolo più attivo per il contesto in cui vivono, che in futuro potrebbero diventare amministratori più consapevoli delle azioni da mettere in pratica per garantire la migliore qualità della vita alle future.

Sarebbe auspicabile l’avvio di percorsi di alternanza scuola-lavoro in collaborazione con enti e imprese dando ad ogni singolo alunno la possibilità di formarsi sugli obiettivi della Agenda 2030.

In questi percorsi potrebbe emergere l’indiscussa creatività attribuita ai giovani che necessariamente deve essere messa in campo e valorizzata. Chissà infatti con quali motivazioni e quali idee proporrebbe uno studente per ridurre la povertà o garantire l’energia alle fasce sociali più povere?

L’alternanza scuola-lavoro deve necessariamente valorizzare i talenti e vedere l’impegno di creare competenze future e cittadini orientati a migliorare il proprio futuro.

Una grande scommessa sarebbe quella di arrivare a pensare allo Sviluppo Sostenibile come nuova materia scolastica o esame universitario, basati esclusivamente sulla formazione di competenze determinanti per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità che ci verranno imposti nel tempo dalle Nazioni Unite.

Accanto a questo ambizioso obiettivo non dovrebbero mai mancare le competenze digitali e le capacità di analisi dei dati (Big Data) dalle quali forse ogni argomento introdotto nel sistema di formazione nazionale non potrà mai separarsi.

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