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Blackout dei servizi digitali: le vulnerabilità del mondo iperconnesso



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Dalle interruzioni dei servizi di comunicazione ai blackout elettrici, il malfunzionamento è un fenomeno che, sebbene transitorio, ha profonde implicazioni per il nostro modo di vivere e interagire con il mondo. La nostra dipendenza dalle tecnologie e la loro vulnerabilità nell’estratto da “La comunicazione imperfetta. Ostacoli, equivoci, adattamenti”, Giulio Einaudi editore

Pubblicato il 7 nov 2023

Gabriele Balbi

USI Università della Svizzera italiana

Peppino Ortoleva

già professore di storia e teoria della comunicazione, curatore di musei e mostre sulla società



corte costituzionale corrispondenza whatsapp

Il malfunzionamento rimanda a un problema, a un’imperfezione, che ostacola un processo o un flusso comunicativo, in questo caso per motivi prima di tutto tecnologici. Un oggetto mal-funzionante non ha smesso definitivamente di funzionare, ma ha qualche deficienza rispetto a quello che si suppone sia il suo modo regolare, normale, «perfetto» di operare e, per questa ragione, non svolge appieno il compito per cui è stato progettato e commercializzato.

Il malfunzionamento viene in genere percepito come un problema a cui porre rimedio il prima possibile: deve essere riparato con la massima velocità, e il canale o il medium devono tornare a esercitare la propria attività «regolare» e «normale» (in inglese non a caso si dice out of order, fuori dell’ordine naturale e quindi indisciplinato). L’orizzonte  temporale del malfunzionamento sembra sempre limitato, il malfunzionamento tende a essere considerato temporaneo, passeggero perché si tratta di una deviazione rispetto allo standard e pertanto deve concludersi nel più breve tempo possibile.

Il tempo a-normale della disconnessione

Viviamo infatti come a-normale il tempo in cui non possiamo cercare informazioni sul web o fare una telefonata perché la rete o la piattaforma «sono giù», secondo un’altra espressione anglosassone che oppone up/funzionante e down/ non funzionante, oggi sempre più di moda anche a causa dei frequenti casi in cui WhatsApp, Facebook, Google o Twitter sono appunto «down». È a-normale non riuscire a vedere un programma radiofonico o un canale televisivo perché l’antenna o l’apparecchio di casa non funziona propriamente, o perché la connessione non è sufficientemente a banda larga per sostenere lo streaming di un canale audiovisivo. È anche a-normale non poter accedere alla rete internet a casa perché il router non funziona oppure non poter connettersi al bar o in hotel perché «il wi-fi non va». Tutto talmente fuori del- la norma (e insieme così frequente) che sono previste figure professionali specifiche che hanno il compito di risolvere questi problemi e ripristinare la situazione ordinaria: antennisti, operatori dei servizi telefonici, addetti alle linee, manutentori si occupano di ristabilire la normalità.

Il blackout

Uno degli esempi più significativi e comuni di malfunzionamento involontario, che coinvolge le reti elettriche e, a cascata, quelle di comunicazione, è il blackout. […] Ci sono, poi, delle specie di blackout che coinvolgono sempre più di frequente piattaforme e servizi di comunicazione digitale. Accade quando WhatsApp, Google, Twitter, Instagram, TikTok o altre piattaforme risultano inaccessibili o molto lente e non permettono agli utenti di svolgere le attività che, talvolta anche compulsivamente, contraddistinguono le giornate di miliardi di persone: postare o scorrere immagini e video, cliccare su like o cuoricini, scambiare testi, audio e fotografie con la propria rete di contatti, e molto altro.

Ci sono anche conseguenze più gravi dei down: quando ad esempio hanno luogo interruzioni nell’erogazione dei servizi, milioni di persone non riescono a lavorare perché non accedono ai loro account di mail o alle piattaforme per fare riunioni, si perdono perché non possono servirsi dei sistemi di navigazione GPS, addirittura non riescono più ad accendere la luce di casa, il forno o il televisore perché tutti gli oggetti domestici sono attivati dagli assistenti vocali. Così come i blackout elettrici, anche i down dei diversi servizi, che certo sono in genere limitati nel tempo ma più frequenti, colpiscono l’immaginazione collettiva e occupano le prime pagine di giornali e siti web, sono oggetto di ricerca spasmodica di informazioni quando avvengono, e generano valanghe di messaggi sui social (molto frequente, ad esempio, è l’ironia che su Twitter viene fatta sui down di WhatsApp).

I malfunzionamenti e la comunicazione

Gli esempi di malfunzionamenti involontari sono ovviamente infiniti. Ai fini di questo scritto non è tanto interessante avere una tipologia completa quanto porsi una semplice domanda: i malfunzionamenti involontari ci aiutano a comprendere meglio la comunicazione nel suo insieme?

Questi fenomeni sono oggetto di grande attenzione e di dibattito da parte dello stesso mondo della comunicazione: film, canzoni, prime pagine dei giornali, serie tv, hashtag stanno tutti a dimostrare che il malfunzionamento è in sé un tema o, meglio, un contenuto di richiamo per i media contemporanei. Una delle ragioni di questo interesse mediatico risiede nel fatto che il malfunzionamento fa per così dire «emergere» la tecnologia: viviamo e interagiamo continuamente con le tecnologie, spesso però senza prestarvi attenzione, quasi fossero parte dello sfondo del nostro ambiente che diamo per scontato. In altri termini, non ci accorgiamo davvero dell’importanza degli strumenti di comunicazione fino al momento in cui questi smettono di funzionare.

È quando non riceviamo la mail che aspettavamo, la telefonata non parte, il messaggio vocale su WhatsApp non viene inviato o ricevuto, quando in sostanza non riusciamo a compiere azioni banali, che la nostra dipendenza dalle reti si fa visibile e, si potrebbe dire, tangibile. Sono proprio i malfunzionamenti, infatti, a far emergere quella dimensione materiale e tecnologica della comunicazione che è spesso sottovalutata. Per  esempio, nel marzo 2021, un incendio ha distrutto un data center di Strasburgo e «mandato offline» decine di migliaia di pagine e servizi web in cloud, rivelando il fatto che la cosiddetta nuvola non ha di certo quella dimensione eterea e immateriale cui il termine stesso parrebbe alludere.

Le nostre interazioni comunicative sono veicolate da cavi in rame o in fibra, da chip in silicio, da server che ronzano e si scaldano, da antenne alte decine di metri che attivano i ponti radio, da dispositivi che invecchiano in fretta. In sostanza, le tecnologie, soprattutto quelle di comunicazione, diventano visibili anche grazie ai malfunzionamenti: è questa una seconda ragione per cui uno sguardo che si incentra sul malfunzionamento aiuta a comprendere meglio alcuni aspetti spesso dimenticati della comunicazione contemporanea.

Conclusioni

Se una tecnologia di comunicazione funziona in modo improprio o parziale o smette di funzionare del tutto ci fa interrogare sulla dipendenza dell’essere umano dai sistemi tecnologici. La nostra intera vita è legata a doppio filo con le tecnologie di comunicazione, non solo quelle digitali, ma anche altre che da decenni o centinaia di anni sono parte della realtà quotidiana; il malfunzionamento rende subito evidente questo legame simbiotico, portando con sé una sorta di disagio tipico delle dipendenze quando emergono in maniera lampante, ma al tempo stesso un riconoscimento della vulnerabilità, tutta umana, delle forme di comunicazione.

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