Con il dpcm pubblicato il 12 gennaio sulle regole tecniche per la formazione e la conservazione dei documenti informatici da parte delle PA si è definito un tassello importante per il switch off della carta nella comunicazione all’interno del settore pubblico, e tra questo e le imprese e i cittadini.
L’obiettivo indicato nel decreto, che fissa in 18 mesi i tempi per l’attuazione da parte delle PA, credo possa essere raggiunto solo se ai cambiamenti interni e necessari alla pubblica amministrazione per riorganizzare e digitalizzare i propri processi si affianca un adeguamento delle competenze digitali nelle imprese e nei cittadini. Quest’ultimo punto desta le maggiori preoccupazioni, perché sappiamo che oggi abbiamo un gap di competenze digitali molto elevato, superiore alla media europea, e particolarmente pronunciato nelle regioni meridionali, come evidenzia anche l’ultimo rapporto Censis con Campania, Calabria, Sicilia, Puglia, Basilicata agli ultimi posti con percentuali superiori al 40% di persone in età compresa tra i 16 e i 64 anni che non ha mai usato un pc.
Credo che per combattere questo forte analfabetismo digitale sia necessario uno sforzo significativo e duraturo, per cui diventa fondamentale pensare ad una figura professionale specifica, quella del tutor o facilitatore digitale, già in sperimentazione in alcune regioni, che possa supportare i cittadini nella transizione verso una comunicazione telematica con la PA. Nell’odg che ho preparato e che è stato approvato alla Camera, abbiamo infatti impegnato il governo “a prevedere entro l’anno 2015 l’istituzione della figura di tutor digitale e valutare l’opportunità di promuovere il servizio civile digitale al fine di recuperare il gap di cui in premessa e rafforzare il processo di alfabetizzazione digitale con particolare riferimento al Mezzogiorno”.
Un primo passaggio che credo utile, da realizzare a breve, è di prevedere questa figura in ogni ufficio postale, sapendo che spesso la capillarità degli uffici rappresenta in diversi territori periferici l’unica o la principale presenza pubblica “fisica”. È una proposta che intendo sottoporre all’AD di Poste Francesco Caio e che potrebbe integrare il prossimo Contratto di Servizio prevedendo un servizio innovativo, cruciale per la trasformazione della PA e del Paese e in linea con le strategie di Poste, coinvolgendo i giovani e allo stesso tempo ricostruendo una missione importante per gli uffici postali periferici, di cui oggi circa 500 sono a rischio di chiusura.
Credo che solo con azioni di questo tipo, che tengono conto delle specificità territoriali e del gap digitale che abbiamo soprattutto su alcune fasce della popolazione, possiamo far sì che il switch-off della carta significhi migliori servizi, maggiore efficienza, maggiore competitività, maggiore e qualificata occupazione sui settori innovativi. L’alternativa è un rallentamento nella trasformazione della PA e un incremento del divario digitale e culturale della popolazione. E non possiamo permettercelo.