la sentenza

Burioni vince su Mediaset, la Cassazione apre a sequestri di siti giornalistici

Una sentenza della Corte di Cassazione conferma il sequestro di un intero servizio giornalistico e non solo le parti diffamatorie. Ecco le implicazioni e i rischi per la libertà di espressione sul web

Pubblicato il 25 Mag 2021

Fulvio Sarzana di S.Ippolito

avvocato, Studio legale Sarzana e Associati, Roma

informatica forense e nanotecnologie

La Corte di Cassazione interviene nuovamente sulla responsabilità di una testata giornalistica per le diffamazioni compiute da terzi, esprimendo alcuni concetti innovativi in materia di proporzionalità del sequestro preventivo di un sito internet e libertà di espressione.

Il caso Burioni vs Mediaset

La vicenda riguarda la controversia tra il  virologo, immunologo, accademico e divulgatore scientifico Roberto Burioni e l’emittente televisiva Mediaset , in virtù  di un servizio giornalistico radio-televisivo  della trasmissione “Le iene”, ripreso dal sito internet della testata stessa.

La notizia diffamatoria va rimossa dagli archivi online del giornale: ordinanza della Cassazione

Nello specifico il 24 maggio del 2021 sono state depositate le motivazioni con le quali la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di Mediaset che intendeva far annullare il sequestro del sito internet della trasmissione le Iene per un servizio in cui si sarebbe lesa, con diffamazione aggravata, la reputazione del divulgatore scientifico Burioni.

La questione prendeva le mosse da una ordinanza del  il 22/01/2021, nella quale il Tribunale del riesame di Milano ha confermato il decreto del 19/12/2020 con il quale il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Milano ha disposto il sequestro preventivo del sito internet www.iene.mediaset.it limitatamente alle pagine in cui sono presenti i servizi televisivi andati in onda il 9 e il 23 giugno 2020 riguardanti Roberto Burioni.

Il sequesto del sito delle Iene

Il sequestro era stato disposto nel procedimento penale che vedeva un soggetto, presente all’interno del servizio, sottoposto a indagini preliminari per il reato di diffamazione aggravata, per aver offeso la reputazione di Burioni indicando falsamente, nei servizi citati, la presenza di un suo interesse economico collegato alle opinioni scientifiche espresse in contesti divulgativi a favore dell’efficacia di anticorpi monoclonali nelle terapie contro il Covid-19 e all’attività di ricerca o di consulenza svolta sugli anticorpi monoclonali relativamente a virus diversi, così veicolando il falso messaggio secondo cui le opinioni scientifiche della persona offesa in tema di Covid-19 erano orientate da occulti interessi economici.

Avverso l’indicata ordinanza del Tribunale del riesame di Milano aveva proposto ricorso per cassazione R.T.I. – Reti Televisive Italiane s.p.a., in qualità di terzo interessato all’esecuzione della misura, sostenendo l’illegittimità del sequestro.

Perché è rilevante la sentenza

La sentenza è importante per due motivi: il primo è rappresentato dal fatto che, secondo la Cassazione, pur trattandosi di una vicenda riguardante la trasmissione informativa televisiva trasmessa anche sul web, la presenza di un  “delegato” al controllo sulle trasmissioni non può giovarsi dell’esenzione alla sequestrabilità delle pubblicazioni a stampa.

L’emittente aveva infatti sostenuto, precedenti alla mano, che l’equiparazione tra testate tradizionali e web, avrebbe dovuto comportare la non sequestrabilità del sito della testata giornalistica “le iene”, tanto più che vi era un delegato al controllo dei contenuti che avrebbe potuto essere equiparato ad un direttore responsabile.

Il punto però più interessante del provvedimento della Suprema Corte ( e controverso) è però quello secondo il quale in base al principio di proporzionalità sono sequestrabili non solo le frasi diffamatorie ma anche le parti del servizio, che pur ricostruivano, senza avere efficacia diffamatoria in sé, un contesto caratterizzato da forte polemica in ambito scientifico.

Ha ritenuto la Cassazione che la  pluralità di passaggi delle trasmissioni in questione che pur non afferivano direttamente al nucleo essenziale della comunicazione diffamatoria, potesse risultare rafforzativa ed amplificare la diffamazione.

I giudici  hanno osservato che «anche le altre critiche mosse nel corpo delle due trasmissioni al prof. Burioni appaiono finalizzate a sostenere il corpo centrale delle tesi (diffamatorie) esposte nei suoi confronti dando spesso dati falsi […] o distorcendone il senso»; in altra parte della motivazione dell’ordinanza impugnata, sono riportati alcuni sottotitoli che “scorrevano” nella trasmissione e recanti la frase «Burioni quando parla di scienza ha un conflitto di interessi», nonché il rilievo circa il “montaggio” strumentale di contributi di altre persone valutato dall’ordinanza impugnata come idoneo a «moltiplicare l’effetto diffamatorio» della trasmissione.

I pericoli per la libertà di espressione

Senza entrare nel merito della diffamatorietà o meno dei messaggi e delle ragioni del Prof. Burioni va però detto che, l’ampiezza del sequestro del sito internet ( lle parti non direttamente diffamatorie) sembra aprire la strada a sequestri integrali sul web di servizi giornalistici radio-televisivi molto ampi che sembrano cozzare con il principio di libertà d’espressione previsto dalla Costituzione, interpretando in maniera molto estesa il concetto di proporzionalità, soprattutto se si esclude di converso  la non sequestrabilità del prodotto editoriale per le ragioni menzionate dalla Cassazione.

Da questo punto di vista  la sentenza della quinta sezione della Cassazione potrebbe avere riflessi molto delicati sui servizi di trasmissioni televisive di denuncia, trasmessi anche sul web.

www.lidis.it

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