L’anno in corso ha decretato il successo dei “micrositi”: website costituiti da una sola pagina – tra cui primeggia Carrd – che si sono rivelati leve di “cambiamento sociale”, ovvero il palco amplificatore di denunce contro le ideologie razziali, le elezioni politiche “opache” e, al contempo, un luogo dove lanciare iniziative di raccolta fondi per cause umanitarie.
Uno strumento che ha radicalmente cambiato la sua natura originaria – fino ad oggi era utilizzato da celebrity, influencer e giornalisti per aggirare i collegamenti dei profili dei social media – ed è salito alla ribalta in seguito alle proteste del movimento Black Lives Matter e che ora viene indicato come megafono del cosiddetto “internet di protesta”.
Ma questa forma di protesta è destinata a durare e a portare a un vero cambiamento?
Approfondiamone le diverse sfaccettature.
Carrd & Co: la nuova forma di protesta “via Internet”
Partiamo da Carrd che sembra, in questo senso, aver spodestato GoogleDocs, finora considerato lo strumento più innovativo per chi volesse dar vita a campagne sociali e di protesta via website. Si tratta di una piattaforma SaaS, lanciata nel 2016, per la creazione di siti Web di una pagina, semplici e completamente reattivi.
Sino ad oggi i micrositi Carrd sono stati utilizzati per creare “pagine personali” e home page per pubblicizzare piccole imprese produttrici di articoli artigianali oppure per fornire tutorial. La piattaforma, solo recentemente, è diventata popolare per creare micrositi costituiti da elaborati collage digitali di band rivolti ai fan del K-pop (la musica popolare della Corea del Sud), micrositi di nicchia rivolti ai fan di Harry Potter, del filone Fantasy oppure diventare la vetrina delle comunità LGBTQ e altri gruppi di genere.
Due giorni dopo il ferimento nel Wisconsin di Jacob Blake – avvenuto il 26 agosto scorso – un ragazzo texano di 16 anni ha costruito un microsito dal titolo “Justice for Jacob Blake” offrendo dettagli dell’accaduto, form da utilizzare per contattare funzionari, rimedi per la salute mentale e link per le donazioni. Il sito è stato costruito utilizzando, appunto, la piattaforma online Carrd che consente – a chiunque sia dotato di una e-mail – di creare in pochi minuti un sito di una pagina di qualsiasi tipo e su qualsiasi tematica.
“Justice for Jacob Blake” è solo il più recente dei siti Carrd che “promuovono” la giustizia sociale e che, negli ultimi mesi, sono stati condivisi su Twitter, Instagram e TikTok. Siamo di fronte a un’ennesima mutazione di Internet: il sito web permette alle persone di condividere risorse e informazioni in modo rapido, sicuro e creativo, oltre a dar vita, hic et nunc, ad una nuova accezione dello stesso sito web, all’“internet di protesta”.
La piattaforma Carrd ha letteralmente “spopolato” a partire dal 30 maggio, il giorno dell’uccisione da parte della polizia americana dell’afroamericano George Floyd, registrando un sovraccarico senza precedenti del server.
Un altro esempio di utilizzo della piattaforma è il microsito che elenca le risorse per il movimento “Black Lives Matter” e che è stato re-twittato dalla celebrity/influencer Kim Kardashian West; di fatto i siti Carrd sono incorporati nelle biografie di Instagram, TikTok e Twitter di quegli utenti che intendono utilizzare Internet come leva per promuovere cambiamenti sociali.
Bio.fm, Linktr.ee
Carrd non è l’unico strumento per la creazione di siti ad evolversi in questa direzione. Sul mercato vi è anche Bio.fm che, nella home, si propone come alternativa a Carrd per la sua maggiore semplicità nel costruire siti web. Oppure la piattaforma Linktr.ee che permette agli utenti registrati di crearsi una “paginetta” riassuntiva dove raccogliere tutti i propri link (blog, altri social, e-shops e via dicendo) facilmente collegabile al proprio profilo Instagram. Attraverso pochi click è possibile riunire semplicemente con un link, in un unico luogo, i propri riferimenti online, ovvero una sorta di comoda landing page.
Il sito è passato dai 5 milioni di account a maggio a 7 milioni di questi ultimi mesi e, dopo l’omicidio di George Floyd, si sono registrati ben 80.000 utenti che hanno collegato le loro pagine personali di Linktr.ee al movimento ufficiale “Black Lives Matter”.
È un vero cambio di paradigma?
I social media stanno cambiando la loro natura e si sta passando da una mentalità incentrata sull’influencer/celebrity a una mentalità anti-influencer: l’attenzione ora è rivolta a cause sociali.
Secondo Amelia Gibson – assistente professore presso la School of Information and Library Science dell’Università del North Carolina di Chapel Hill – stiamo assistendo ad una vera e propria metamorfosi nel modo in cui la Generazione Z (la generazione nata tra il 1995 e 2010) si sta approcciando a Internet, ovvero, nella modalità di utilizzo delle notizie e dei social media. Le notizie raggiungono la generazione Z soprattutto attraverso i social media e le reti a loro associati, quindi attraverso chi conoscono e secondo quello che essi apprezzano. Queste comunicazioni/notizie/siti web, in molti casi, si convertono in strumenti per sostenere le varie lotte sociali. Ne sono un esempio i siti Carrd per la difesa dei diritti dei gruppi LGBTQ in Polonia, per la raccolta fondi per i soccorsi di emergenza a Beirut dopo l’esplosione dello scorso 4 agosto, per protestare contro i risultati elettorali in Bielorussia, oppure contro la revoca di autonomia del Kashmir da parte dell’India.
Come afferma Paolo Gerbaudo – direttore del Centro per la cultura digitale al King’s College di Londra – Carrd diventa un archivio di informazioni che risultano non essere vincolate dal fattore tempo e possono essere collegate in tweet e post diventando un contenitore unico di elenchi di informazioni. Pertanto, i micrositi offrono un’alternativa alle conversazioni istantanee sui social media ed un luogo in cui le persone possono creare profili utente senza utilizzare Facebook.
Il successo di Carrd, come piattaforma di eccellenza per la protesta sociale, si deve soprattutto al fatto che è in grado di garantire la privacy, essendo richiesto solo un indirizzo e-mail per la registrazione, senza dettagli identificativi.
Secondo Amelia Gibson, il “potenziale” offerto dall’anonimato è importante per i creatori di questi micrositi in quanto: la privacy può facilitare il percorso d’istruzione e favorire l’attivismo riferito ad argomenti delicati come l’identità di genere; i collegamenti sono molto più diretti e non utilizzano l’astrusa stringa di lettere e numeri che compongono un indirizzo di GoogleDoc; il formato del website è di dimensioni ridotte, “mobile friendly” e adatto ai social media; l’interazione diretta è garantita e permette agli attivisti/creatori dei micrositi di concentrarsi maggiormente su questioni specifiche ed in modalità maggiormente sicura, incisiva, autentica, concreta e rivolta all’azione.
Conclusioni
La serie di accadimenti che hanno caratterizzato questi mesi di pandemia, unitamente alle situazioni di escalation di crisi geopolitiche e in continua mutazione, fa sì che le persone ricerchino strumenti altrettanto “immediati” per esternare le proprie reazioni/proteste e comunicare più rapidamente.
La rete e la propria socialità è destinata a diventare, sempre più, il centro nevralgico dell’attività politica/sociale; un luogo dove le distanze si accorciano. Internet diventa il mezzo essenziale di comunicazione e di gruppi/organizzazioni in tutti i campi di attività; uno strumento privilegiato per arginare, informare, reclutare, organizzare, dominare ed opporsi, un territorio conteso e al tempo stesso un’arma tecnologica di protesta.
La politica/protesta sociale, al tempo di Internet, rivela varie sfumature e, al contempo evidenzia i limiti della Rete come vero e proprio inveramento dell’agorà nella società di massa. Siamo davanti a una continua ristrutturazione e redistribuzione del potere, nuovi soggetti si manifestano in uno spazio pubblico – la Rete – che viene continuamente ridefinita come nuovo campo di battaglia effimero. Non esiste il consolidamento del “movimento” come di protesta o denuncia – che prende forma con i soggetti che se ne fanno portavoce – bensì è come ci trovassimo dinanzi a tanti contenitori, o meglio vasi comunicanti che prima o poi sono destinanti ad esaurirsi non avendo un substrato consolidato.
Ci troviamo, di fatto, in una fase di “stato nascente” – così come definito dal sociologo Francesco Alberoni: in un periodo entro il quale un gruppo di persone, accomunate da “speranze” o posizioni comuni, si unisce (via website) per creare una forza nuova (il movimento/la protesta) che si contrapponga all’Istituzione o ad altre manifestazioni di discriminazione e fa di Internet il proprio strumento di lotta. Tuttavia, è necessario andare oltre la comunicazione “aggregante” della rete e prendere consapevolezza che in realtà viviamo in un’epoca dominata dalle “passioni tristi”, come diceva il filosofo Spinoza, ovvero dall’impotenza e dall’incertezza.
Solo attraverso una rigenerata consapevolezza del sé e dell’altro, unitamente ad un recupero della ragion critica, riusciremo a fruire meglio delle potenzialità della Rete e dare vita ad “aggregazioni” più coscienti e capaci di gestire la vita nella “polis” digitale.