Nel mercato italiano, quando una casa editrice vende 3 mila copie di un libro, che sia un saggio o un romanzo, si può parlare di “buon risultato”. Questa è una conseguenza di diverse concause, di cui la prima è sicuramente la bassa percentuale dei lettori, seppur in crescita: secondo i dati Istat, nel 2020 la quota di chi ha letto almeno un libro nell’anno è pari al 41,4% della popolazione di 6 anni e più (era il 40,0% nel 2019). Tra questi, il 44,6% legge fino a 3 libri l’anno, mentre i “lettori forti” (12 o più libri letti in un anno) sono il 15,2%. La lettura di libri è soprattutto prerogativa dei giovani (nella fascia d’età 11-19 anni) e delle donne.
A un evento per divulgatori scientifici in Piemonte lo scorso luglio, il responsabile editoriale della saggistica di Mondadori, Igor Pagani, ha affermato che «a trainare le vendite dei libri sono la televisione e i giornali di carta», quindi – sintetizzando – chi spende per il loro acquisto sono i cinquantenni. Un’affermazione che potrebbe sembrare in contrasto con i dati sopra enunciati, i quali evidenziano la propensione alla lettura dei giovanissimi. Questi utilizzano molto di più i social network, mentre gli adulti preferiscono ancora la TV e i giornali, e la promozione online dei libri latita parecchio: perché?
Puntare sulla qualità, oltre che sulla quantità
Le grandi case editrici pubblicano centinaia di libri l’anno. Contattando delle agenzie di distribuzione, come Messaggerie in Italia, oppure Ingram negli Stati Uniti, per il collocamento di prodotti editoriali nelle librerie, queste pongono le stesse domande: «Quanti titoli state pubblicando?» e «Quanti titoli avete intenzione di pubblicare il prossimo anno?». Si ragiona sulle quantità – quindi più titoli, più possibilità di vendita – anziché sulla qualità, dove si darebbe a ogni libro la dignità di prodotto che merita, così come avviene in contesti merceologici differenti.
Prendiamo l’esempio dei podcast: quante volte vi è capitato di vedere un video pubblicitario su YouTube, oppure immagini sponsorizzate su Facebook e Instagram? E quante volte invece avete visto inserzioni simili per i libri? Il reparto marketing delle grandi case editrici difficilmente pubblicizza i propri prodotti online, preferendo i media tradizionali. Quelle indipendenti, invece, stanno provando altre strade, per acquisire nuovi clienti e quindi incrementare il proprio fatturato.
Ogni prodotto editoriale ha un suo target specifico, una sua comunicazione, e un sito web dedicato dove la user experience pone al centro il potenziale lettore. La pubblicità su Facebook (compresi Instagram e Messenger) e Google (quindi anche YouTube) è focalizzata sul prodotto, e porta gli utenti su landing page ottimizzate per permettere l’acquisto in soli 3 passaggi, come un qualsiasi altro prodotto merceologico. Ma c’è di più: sfruttando le basi del marketing, si possono proporre agli acquirenti prodotti aggiuntivi da inserire nel carrello – come altri libri, oppure merchandising connesso al prodotto scelto – proprio come avviene ad esempio nel processo di check out per l’acquisto di un biglietto aereo, o, senza andare troppo lontano dal tema, come avviene su Amazon. Per innovare è necessario pensare fuori dagli schemi, e attingere buone pratiche altrove.
Il pubblico di lettori forti, come abbiamo visto, è molto giovane, e si trova su YouTube, Instagram e TikTok: bisogna dunque raggiungerlo lì. Certo, loro non hanno capacità di spesa, ma la potenza dei social media sta proprio nel creare una tendenza che la massa vuole seguire, influenzando chi può spendere (ossia i genitori).
Il sistema prodotto indipendente
Per vendere è necessario creare una struttura solida, aziendale, e questo vale per ogni tipo di attività imprenditoriale, compresa l’editoria. Una nuova casa editrice indipendente che vuole vendere online i propri prodotti letterari ha bisogno di un sistema prodotto efficiente, ossia: stampa, pubblicità, gestione delle spedizioni e customer care. Affidarsi a strutture esterne di distribuzione, offline come abbiamo visto, oppure online attraverso aggregatori, come Amazon, toglie del lavoro da fare, ma toglie anche una grossa fetta di guadagno (nel caso di Amazon parliamo in media del 35%).
Naturalmente, più grossi saranno i numeri di stampa e distribuzione, più basso sarà il costo per copia. Per quanto riguarda la pubblicità online, l’obiettivo è quello di raggiungere un risultato di ritorno sull’investimento in ads (ROAS) tra le 3 e le 4 volte la spesa sostenuta per essa. Una grande casa editrice stabilisce un budget a priori per ogni libro prodotto: l’investimento è commisurato alla popolarità dell’autore, perciò un esordiente o naviga in favore del vento della fortuna, oppure il suo libro, seppur di qualità, non avrà il ritorno che merita. Per uscire da questo cerchio è necessario rompere il paradigma, e riflettere su nuove strategie, come quelle proposte dai nuovi player indipendenti.