CRISI

Caso Grecia: le riforme digitali come cattedrali nel deserto

Una delle principali cause della crisi economica greca viene individuata nella mancata realizzazione di progetti di innovazione digitale. Eppure la Grecia era stata la prima a modificare la Costituzione in materia di diritto di accesso ad Internet, generando notevoli aspettative. Ma i risultati non ci sono stati. C’è qualcosa da imparare anche per l’Italia

Pubblicato il 03 Lug 2015

Angelo Alù

studioso di processi di innovazione tecnologica e digitale

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Oggi è scontato collegare il grave deficit economico e sociale della Grecia a un’assenza di efficaci progetti di innovazione, anche digitale, ma bisogna ricordare che le aspettative negli anni passati erano ben diverse. Il Paese ha fatto concrete riforme per dare rilevanza alle tecnologie digitali, a dimostrazione del preciso intento del legislatore di realizzare un virtuoso processo di innovazione giuridica valorizzando gli strumenti della Società dell’Informazione.

In particolare, l’articolo 5A della Carta fondamentale, a seguito della revisione del 2001, sancisce espressamente il diritto all’accesso all’informazione digitale, riconoscendo a tutte le persone il diritto di partecipare alla società dell’informazione, per garantire un effettivo accesso alle informazioni elettroniche, ponendo a carico dello Stato l’obbligo di realizzare la concreta attuazione del precetto normativo, nel rispetto dei principi fondamentali della Costituzione.

Si tratta del primo storico intervento realizzato per formalizzare il riconoscimento del diritto di accesso ad Internet nel testo normativo di una Costituzione, con il chiaro obiettivo di adeguare il sistema normativo vigente alle innovazioni prodotte dalla rivoluzione digitale, anticipando (a posteriori forse con eccessiva fretta e senza considerare lo scenario reale), lo straordinario processo di innovazione tecnologico realizzato dalla Società dell’Informazione.

Le aspettative, sebbene notevoli, nel corso degli anni hanno prodotto risultati modesti, almeno secondo gli ultimi studi realizzati a livello europeo.

Il recente Rapporto DESI (pubblicato dalla Commissione europea il 24 febbraio 2015 e costantemente aggiornato) offre un interessante panoramica riguardante lo stato reale della digitalizzazione degli Stati membri sulla base di cinque specifici parametri, che consentono di realizzare una classifica generale sul livello delle prestazioni digitali esistenti in ogni paese.

Il quadro di riferimento, infatti, evidenzia un’Europa a due velocità, in cui primeggiano in posizioni ad oggi irraggiungibili Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Finlandia, seguono con performance intermedie Belgio, Regno Unito, Estonia, Lussemburgo, Irlanda, Germania, Lituania, Spagna, Austria, Francia, Malta, Portogallo e Repubblica Ceca, mentre realizzano risultati tendenzialmente negativi Lettonia, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Cipro, Polonia, Croazia, Italia, Grecia, Bulgaria e Romania, in condizioni di sviluppo particolarmente lente ed arretrate e sempre più in ritardo con il resto dell’Europa.

Nel contesto di una significativa spaccatura digitale tra gli Stati europei destinata ad alimentare rilevanti differenze socio-economiche nel continente europeo, gli ultimi tre posti della classifica (che per un soffio non vede coinvolta anche l’Italia, che si colloca al 25º posto su 28 Stati membri dell’UE, con un punteggio di 0,36) sono occupati da Grecia, Bulgaria e Romania.

La Grecia ha ottenuto dal Report DESI un punteggio complessivo pari a 0,36 (posizionandosi al 26° posto su 28 Stati membri), registrando risultati negativi soprattutto a causa dei bassi livelli di competenze digitali raggiunte nel paese (solo il 59% sono utenti abituali di Internet, mentre il 33% non ha mai utilizzato Internet), i cui effetti inevitabilmente incidono sulle dinamiche dello sviluppo dell’economia digitale del Paese. Anche dal punto di vista della connettività, la Grecia, pur realizzando miglioramenti rispetto all’anno precedente, presenta uno scenario negativo rispetto alla maggior parte degli altri paesi dell’UE, ottenendo un punteggio complessivo di connettività di 0,42 (26° in Europa), che risente della scarsa diffusione di reti di nuova generazione in grado di fornire Internet ad alta velocità (almeno 30 Mbps in download) in condizioni effettive e su tutto il territorio nazionale, disponibile per solo il 34% della popolazione (molto al di sotto della media UE pari al 68%). Inoltre, solo il 63% delle famiglie è abbonato alla banda larga fissa e risultano attivi pochi abbonamenti alla banda larga mobile, che limitano la capacità della Grecia di sfruttare i benefici dell’economia digitale.

Anche per quanto riguarda l’indicatore relativo al Capitale Umano, ancora una volta la Grecia, con un punteggio di 0,36, si colloca al 26° posto tra i paesi dell’Unione Europea (mostrando solo un lieve miglioramento rispetto all’anno precedente, pari al punteggio di 0,33), confermando un trend negativo direttamente collegato alla grave crisi economica, influenzata da una radicata diffusione del digital divide, poiché la Grecia ha uno dei più bassi livelli di utenti regolari di Internet nell’UE (59%), e il 33% della popolazione greca non ha mai utilizzato Internet (la media UE è del 18%), a conferma del mancato sfruttamento generalizzato dei benefici offerti dalle tecnologie digitali, poiché solo il 45% dei greci risulta in possesso dei livelli base di competenze digitali, con gravi ricadute negative che incidono sullo sviluppo economico del Paese, a causa di un diffusa carenza di competenze digitali, che impedisce di utilizzare il potenziale dell’economia digitale per la crescita e l’occupazione. Un preoccupante livello di digital divide reale di tipo culturale è confermato dal fatto che i greci, sebbene dediti allo svolgimento di numerose attività online di tipo “generalista” (news online – 85%, musica, film e giochi online – 52%, chat vocali o video – 45%, social network -64%), non risultano particolarmente attivi in altri settori che implicano un maggiore livello di conoscenza degli strumenti digitali (ad esempio, banking online – 21%, e-commerce – 40%), registrando percentuali più basse rispetto alla media UE (rispettivamente pari a 57% e 63%).

Per quanto riguarda l’indicatore che misura l’integrazione della tecnologia digitale da parte delle imprese, la Grecia si colloca al 23º posto tra i paesi dell’Unione europea, con un punteggio di 0,26, facendo emergere un quadro generale che richiede urgenti miglioramenti indispensabili per consentire alle imprese di sfruttare tutte le potenzialità offerte dalle tecnologie digitali.

Anche nel settore dei servizi pubblici, la Grecia, con un punteggio di 0,35 (al 21º posto), evidenzia la necessità di rilevanti miglioramenti per migliorare l’efficienza dei servizi da erogare nei confronti della collettività, in modo da realizzare indispensabili processi di contenimento della spesa pubblica.

Per comprendere il concreto impatto dei dati menzionati, è interessante esaminare i risultati della Danimarca, che secondo il Report DESI, con un punteggio complessivo di 0,68, si classifica al primo posto in Europa, registrando l’uso più avanzato di servizi pubblici digitali ed un numero sempre crescente di aziende che sfruttano tecnologie, con percentuali tra le più alte in Europa. Il punteggio sulla connettività è pari allo 0,71, raggiungendo il terzo posto tra i paesi dell’UE.

Alla fine del 2014, la banda larga fissa era disponibile per il 99% della popolazione in Danimarca (97% nell’UE), mentre nelle zone rurali, la banda larga fissa era disponibile per il 97% delle case. Le reti di nuova generazione hanno raggiunto uno stato di diffusione pari al 92% (68% nell’UE).

Gli utenti di Internet regolari danesi sono il 92% della popolazione (2° posto in Europa). La quota di utenti con competenze informatiche di base è del 76%. Non a caso, la Danimarca ha raggiunto il 4° posto per numero di specialisti nel settore ICT. La Danimarca ha ottenuto un punteggio pari a 0,63 e si classifica 2° posto tra i paesi dell’UE per quanto riguarda l’uso di Internet, nonché dello 0,51 (1° posto tra i paesi dell’UE), per quanto riguarda le aziende che sfruttano le possibilità offerte dalle tecnologie digitali.

Con un punteggio di 0,84, la Danimarca si colloca 1° posto tra i paesi dell’Unione europea, per quanto riguarda i servizi pubblici online, costituenti uno strumento fondamentale per migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione, che inevitabilmente consente di realizzare sempre più efficaci processi di e-Gov finalizzati ad incrementare gli standard di qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese.

I dati indicati dimostrano chiaramente la concreta incidenza di azioni efficaci sullo sviluppo economico e sociale di un Paese che realizza un graduale processo di innovazione digitale sulla base di tappe intermedie di sviluppo indispensabili per il raggiungimento di performance elevate, anche a prescindere da qualsivoglia intervento normativo che, ove sia diretto a formalizzare fattispecie normative non configurabili nella concreta realtà sociale, anticipandone gli effetti, potrebbe creare un apparente sistema regolatorio avente effetti meramente illusori o comunque fortemente compromessi nella concreta portata applicativa della norma.

Il caso “Grecia” lascia sullo sfondo una questione aperta: stabilire l’effettiva utilità di formalizzare nelle Carte Costituzionali interventi normativi in tema di tecnologie digitali. Il rischio è di realizzare un processo di riforma anacronistico, se non giustificato da esigenze già maturate nella società. Un’Agenda digitale di carta. E’ un rischio che corriamo anche noi?

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