l'analisi

“Caso TikTok”, tra i due litiganti Facebook gode: i punti chiave della querelle

Zuckerberg aveva plaudito al ban di Trump, preoccupato non tanto per la sicurezza degli utenti, ma per il successo di TikTok nella fascia 16-24 anni. Certo è che, in generale, il comportamento del presidente nella vicenda è fortemente distorsivo del mercato

Pubblicato il 28 Set 2020

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione

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Il braccio di ferro scatenato da Donald Trump intorno a TikTok può prestarsi a molte chiavi di lettura.

Quello che sembra evidente è che più che la collezione dei dati, che fanno tutti i social network, è l’applicazione dell’intelligenza artificiale e la possibilità che, volente o nolente l’azienda, il governo cinese possa imporre l’accesso ai dati raccolti, che spaventa il governo americano e altri governi occidentali.

In generale, tuttavia, si nota un comportamento quantomeno anomalo del presidente Usa: un’invasione di campo difficile da giustificare soltanto con la questione della sicurezza dei cittadini americani. Tanto più che, a quanto pare, l’algoritmo rimarrà di proprietà cinese, e l’app potrà continuare a diffondere la propaganda cinese o censurare messaggi ritenuti non opportuni.

A guadagnarci, in ogni caso, da questa querelle, potrebbe essere Facebook. Vediamo perché e facciamo il punto sugli ultimi sviluppi.

TikTok, il social network che fa spaventa

TikTok, il social network più innovativo degli ultimi anni, nasce in Cina con il nome Douyin nel 2016 e si diffonde nel mondo, prima con il lancio fuori dalla Cina su iOS e Android (2017) e poi con la fusione con Musical.ly, azienda americana acquistata per 800 milioni di dollari. Ad agosto 2020, TikTok supera un miliardo di utenti nel mondo, con download valutati due miliardi. Durante il lockdown TikTok diviene il social network più popolare e innovativo, sollevando non poche perplessità da parte di coloro che si preoccupano dei contenuti diffusi e prodotti dai minorenni. Preoccupano i rischi di assuefazione, violazione della proprietà intellettuale, pedopornografia e mobilitazione intorno a fake news, parole d’ordine o sfide pericolose. Paesi con impronta musulmana (Bangladesh, Egitto, India, Indonesia e Pakistan) hanno agito contro TikTok o i suoi utenti con accuse di oscenità.

Tutte le questioni di sicurezza

A gennaio 2020, Check Point Research ha scoperto una falla nella sicurezza di TikTok in grado di consentire ad un hacker di impossessarsi degli account degli utenti che inviavano o ricevevano SMS. A maggio, l’Autorità olandese per la Protezione dei Dati ha avviato una inchiesta su TikTok con riferimento alla protezione della privacy dei minori. A giugno 2020, il Consiglio Europeo per la Protezione dei Dati ha creato una task force per esaminare i protocolli di sicurezza e privacy di TikTok. A luglio 2020, la banca Wells Fargo ha richiesto ai propri dipendenti di rimuovere la app per motivi di sicurezza.

Infine, il 31 luglio il Presidente Usa Donald Trump ha annunciato di aver intenzione di bandire TikTok dal Paese per ragioni di sicurezza. Due ordini esecutivi vengono emessi contro le compagnie cinesi Tencent, proprietaria di WeChat, e Byte Dance, proprietaria di TikTok, con scadenza il 20 settembre. L’accusa è di fornire al governo cinese dati e informazioni personali di cittadini americani, “consentendo alla Cina di tracciare dipendenti del governo federale e contractors, di costruire dossier di informazioni personali per azioni di black mailing o di spionaggio”.

All’epoca, il Segretario al tesoro americano Steve Mnuchin affermò: “Oggi il Presidente ha emesso un ordine che vieta la transazione che ha portato all’acquisizione di Musical.ly, ora noto come TikTok, da parte della società cinese ByteDance. L’ordine impone a ByteDance di cedere tutti gli interessi e i diritti su qualsiasi bene o proprietà utilizzata per abilitare o supportare il funzionamento di TikTok negli Stati Uniti e qualsiasi dato ottenuto o derivato dagli utenti di TikTok o Musical.ly negli Stati Uniti.”

Alcuni osservatori maliziosi hanno sottolineato che il presidente non aveva notato l’esistenza della querelle su TikTok prima del giorno fatale, il 20 giugno 2020, quando a Tulsa in Oklahoma l’avvio della campagna elettorale aveva trovato la piazza semideserta, nonostante un overbooking eccezionale. Quell’overbooking era stato organizzato da utenti di TikTok per boicottare la partecipazione al comizio, rendendo indisponibili i posti. È probabile che il Presidente si sia accorto dell’esistenza di TikTok solo dopo quell’episodio e che, con il consueto opportunismo, abbia trovato utile sanzionare il social network e al contempo la Cina, divenuta il grande nemico di America First[1].

Le preoccupazioni di Facebook

Zuckerberg aveva plaudito all’ordine di Trump, seriamente preoccupato non per la sicurezza degli utenti, ma per il successo di TikTok nella fascia 16-24 anni, la generazione Z, e si è furiosamente impegnato nel tentativo di imitare TikTok con Instagram-Reels. Secondo alcuni osservatori critici della sua “paranoia per il competitor”: “Per Facebook….l’algoritmo è il punto dove iniziano i mal di testa. Non c’è niente di magico: è che il reverse engineering di un algoritmo è molto più complicato dell’ingegnerizzazione dell’interfaccia utente e del codice di un’app. Ecco perché la chiamano la “salsa segreta” di TikTok. È ciò che rende l’app diversa”[2].

Ingenuamente, alcuni colossi americani si sono “fatti sotto”, da Microsoft a Twitter e Oracle hanno manifestato interesse ad acquisire TikTok; Microsoft per entrare ancor più nel social network, dopo la sua acquisizione della app professionale LinkedIn. Le motivazioni di Oracle sono meno chiare, a parte la simpatia per Trump del fondatore e presidente di Oracle Larry Ellison, e infatti la mossa ha lasciato perplessi gli analisti: “La mancanza di esperienza dei consumatori di Oracle renderebbe l’acquisizione un regalo per i rivali di TikTok. Il DNA di Oracle è l’impresa. L’unico che spera che Oracle ottenga TikTok è Facebook”[3].

Il Firewall di Xi Jinping continuerà a funzionare in modo asimmetrico: riduce la libertà di accesso alla rete e alle informazioni da parte dei cittadini cinesi, ma non impedisce alla aziende cinesi di essere competitive sul mercato internazionale.

Un bel puzzle.

Anche Trump corre i suoi rischi

Il 13 settembre Microsoft vede respingere da ByteDance la propria offerta e si ritira con una dichiarazione esplicita: “Avremmo apportato modifiche significative per garantire che il servizio soddisfacesse i più elevati standard di sicurezza, privacy e lotta alla disinformazione “. È come dire: ByteDance preferisce chi darà meno filo da torcere proprio sui temi della sicurezza.

Stessa cosa accade per Twitter: rimane Oracle, partner tecnologico, associato a Walmart, partner commerciale.

Trump benedice subito l’operazione e sposta la scadenza di una settimana, al 27 settembre, per la messa al bando del download di TikTok. Nel frattempo, però, la giudice Laurel Beeler si è espressa contro l’amministrazione per l’analoga messa al bando di WeChat. La Beeler considera il provvedimento un atto che viola il primo emendamento della Costituzione americana, quello sulla libertà di espressione, poiché impedisce le comunicazioni delle persone che hanno scelto WeChat come piattaforma di comunicazione, in grado di consentire ai cittadini di lingua cinese residenti negli Stati Uniti di esprimersi.

In generale, il comportamento del presidente nella vicenda TikTok è totalmente anomalo e fortemente distorsivo del mercato:

  • la legalità della messa al bando di Tik Tok, motivata da ragioni di sicurezza, è in valutazione da parte della magistratura;
  • Trump non si è mosso secondo le linee tradizionali di tutela del consumatore, ma anzi ha violato la libertà di scelta e forzato la mano della azienda proprietaria alla cessione del suo servizio;
  • Trump ha chiesto che chi si aggiudicherà TikTok versi una donazione al Tesoro “per riconoscenza”.

Ma gli effetti dei due bandi contro TikTok e WeChat – assolutamente in contrasto con gli obiettivi dichiarati dall’amministrazione – sono stati di accelerare il download delle due app, favorendo in questo modo le società cinesi, e rendendone più oneroso l’acquisto. Venerdì 18 settembre, ossia poco prima della scadenza della messa al bando originaria, 247.000 persone hanno scaricato TikTok negli Stati Uniti con un incremento del 12% rispetto al giorno precedente.

Nell’annuncio dell’accordo con Oracle, mancano i dati economici fondamentali, mentre è chiaro soltanto chi potrebbe vincere, essendo gradito all’amministrazione americana. Sembra anche che l’algoritmo rimarrà di proprietà cinese, in questo modo rendendo assai complesso il presidio tecnologico e di sicurezza per il quale sarebbe preferita Oracle.

“Oracle non riscriverà l’algoritmo di TikTok né gestirà la moderazione, quindi sarà altrettanto facile per ByteDance spingere la propaganda cinese o censurare messaggi imbarazzanti. Oracle sarà un fornitore piuttosto che una sussidiaria, ma non è garantito che renderà meno vulnerabili gli utenti a pressioni o sotterfugi. Se prima eri preoccupato per Tik Tok, non c’è motivo ovvio per cui dovresti essere meno preoccupato ora”[4].

La risposta di Pechino e ByteDance

Era già stato annunciato a inizio agosto dal governo cinese e ribadito dai media con toni furiosi, che l’ordine esecutivo di Trump non poteva significare la spogliazione violenta di una azienda cinese. Ora alle parole seguono i fatti: il governo cinese ha stabilito che, senza la sua autorizzazione, non possono essere venduti sistemi che contengano tecnologie rilevanti per la sicurezza, e quindi anche l’algoritmo di intelligenza artificiale che ha dato la spinta fondamentale alla diffusione di TikTok durante la pandemia. Anche secondo il Wall Street Journal, questa mossa ha messo i freni alla vendita di TikTok e posto in mora l’ordine esecutivo.

Ora ai possibili acquirenti si presentano diverse opzioni:

  • acquisire la app senza l’algoritmo che offre la selezione dei contenuti;
  • chiedere l’approvazione del governo cinese per includere l’algoritmo nell’acquisto;
  • usare l’algoritmo su licenza di ByteDance.

Tutte comportano nuove incognite e tempi assai più lunghi del previsto: in ogni caso tempi che vanno ben oltre l’orizzonte delle elezioni americane.

Così il ban di Trump condurrebbe alla chiusura di TikTok, scaricato da milioni di americani, con effetti imprevedibili sull’elettorato.

Di nuovo, chi potrebbe avvantaggiarsi è Facebook, nonostante sia sotto scrutinio, non da sola, sotto il profilo della concorrenza.

Ma c’è dell’altro: Byte Dance e TikTok non sono rimaste ad aspettare. Hanno denunciato il governo americano presso la Corte Distrettuale Centrale della California di diversi addebiti, il più grave dei quali è di aver negato accesso al giusto processo, affermato nel quinto emendamento della Costituzione. Hanno aggiunto che l’amministrazione non ha dato evidenza di avere prove dell’accusa che la app ponga a rischio la sicurezza del Paese, affermando che l’azienda ha preso misure straordinarie per la protezione della privacy e della sicurezza dei cittadini americani.

Prima della scadenza della messa al bando originaria, posta il 20 settembre, ByteDance ha intentato un’altra causa contro l’amministrazione Trump, sostenendo che ha agito oltre i propri poteri e violando il primo emendamento, proprio quello su cui WeChat ha già ottenuto la condanna del provvedimento di messa al bando che la riguardava.

Conclusioni

L’esito delle azioni legali, fondate su diversi punti di attacco, è dubbio, ma un risultato potrebbe essere a favore delle aziende: le Corti in ogni caso dovranno analizzare i diversi punti e chiedere e ottenere dilazioni che possono dare respiro alla trattativa in corso, oppure spingere a una soluzione favorevole a ByteDance, come potrebbe risultare quella di Oracle fornitrice di servizi di hosting.

Ma se dovesse aver ragione Deutsche Bank, la guerra in corso tra Stati Uniti e Cina, con le sanzioni, le cortine di ferro della sicurezza e della privacy porterà alla distruzione degli standard mondiali su cui si basa la crescita della domanda globale, con una perdita di ricchezza pari a 3.500 miliardi di dollari in 5 anni.

Se anche la battaglia TikTok dovesse chiudersi con la “soluzione” Oracle, la guerra in corso sul primato nelle nuove tecnologie non sarebbe affatto conclusa.

__________________________________________________________________________

  1. Abram Brown, Is This The Real Reason Why Trump Wants To Ban TikTok? Forbes, 1 August 2020,
  2. Jason Aten, Instagram Reels Copies TikTok, and Is an Example of Everything Wrong With Facebook The social network giant rolled out a new feature that reveals–again–that the company doesn’t get it. 6 August 2020, Inc.
  3. Richard Waters, Kiran Stacey, Oracle’s Ellison steps out of character with approach for TikTok Business and politics converge in pursuit of Chinese-owned video app’s US operations, Financial Times 19 August 2020.
  4. Russell Brandom, Oracle’s Tik Tok deal accomplishes nothing. Adding a ‘trusted tech partner’ only addresses a sliver of the national security concerns, TheVerge, Sep 14, 2020, 9:25am EDT.

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