intelligenza artificiale

Tutti pazzi per ChatGpt: ecco l’impatto sulle aziende tech e il lavoro

La montagna di denaro che sta entrando nelle casse delle startup di IA generativa non è finalizzata a creare tool per il piacere degli utenti, ma a trasformare i mercati di riferimento. Ma, a fronte del gran parlare su ChatGpt, si parla ancora troppo poco della trasformazione irreversibile del mondo del lavoro

Pubblicato il 27 Gen 2023

Pierluigi Casolari

founder di Unconventional Road, autore di Startup 3.0, blog su startup, innovazione e web 3.0

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ChatGPT, la chat che simula l’oracolo di Delfi e che è in grado di rispondere ad ogni richiesta non sta trasformando solo i nostri feed sui social, ma promette di essere l’inizio di una rivoluzione nel business model di molte aziende e startup digitali.

Che cos'è chat GPT e come funziona?

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Sale la febbre per l’IA generativa in Silicon Valley e le startup volano

Interrogato qualche mese fa sulle prospettive di Chat GPT, Sam Altman – fondatore dell’organizzazione no profit  Open AI, casa madre del chatbot “dei miracoli” – ha detto che un business model verrà trovato, ma che non è l’obiettivo primario al momento.

Eppure l’approccio naive di Altman non deve trarre in inganno. Nei suoi pochi anni di vita, OpenAI ha raccolto oltre 1 miliardo di dollari. E alla cordata hanno partecipato i super big della Silicon Valley, da Microsoft a Elon Musk. In questi giorni, secondo alcune fonti OpenAI sta ricevendo un’offerta di ingresso nel capitale ad una valutazione della società di 29 miliardi di dollari, con 10 miliardi investiti da Microsoft, e questo è solo il primo segnale della febbre che in Silicon Valley sta salendo a ritmo vertiginoso nel mondo dell’intelligenza artificiale.

A ottobre, Jasper, startup che sviluppa un protocollo di intelligenza artificiale in grado di generare copy pubblicitari e slogan per le campagne marketing, ha raccolto 125 milioni ad una valutazione di 1.5 miliardi di dollari. Stability AI – che invece lavora sulla creazione di immagini a partire da input testuali (come un’altra applicazione sviluppata da OpenAI: DALL-E) ha raccolto 101 milioni ad una valutazione di un miliardo di dollari. Nulla di nuovo si dirà. In Silicon Valley le giga-valutazioni sono all’ordine del giorno.

Se non che – e questo è il punto nuovo – si tratta di aziende e startup nate nel 2022, o al limite nel 2021. Nel 2022, solo nelle aziende di intelligenza artificiale generativa (quella che genera testi, audio, immagini sulla base di input forniti in tempo reale) sono stati investiti 1.5 miliardi di dollari. Stability AI non ha un’applicazione specifica, fondamentalmente è una startup che aggrega il lavoro di migliaia di sviluppatori che ideano e realizzano soluzioni di intelligenza artificiale, con il preciso obiettivo di trasformare la nostra vita.

Replika realizza la distopia del film “Her”

Questo è anche l’obiettivo di Replika, che sta creando un chatbot compagno di vita, in grado di ascoltare, comprendere l’utente e diventare una sorta di amico, confidente, forse compagno di vita. La distopia del film “Her” del 2013 diretto da Spike Jonze che racconta la storia di un uomo che s’innamora della voce di un software, si sta finalmente realizzando. Ma non sono queste le implicazioni più rilevanti. Il problema non è tanto legato al fatto di innamorarsi di una voce o una chat che scrive tutto quello che vorremmo sentire e lo fa nel modo più gradevole possibile.

Allarme rosso in Google

Su un piano business, Google è allarmata e di recente ha annunciato 12mila licenziamenti anche per potersi meglio focalizzare sull’IA, come detto ufficialmente. I due fondatori Page e Brin, che non hanno trascorso molto tempo in Google da quando hanno lasciato i loro ruoli quotidiani nell’azienda nel 2019, hanno esaminato la strategia di prodotto di Google per l’intelligenza artificiale, secondo due persone a conoscenza degli incontri. Hanno approvato piani e proposto idee per inserire più funzioni di chatbot nel motore di ricerca di Google. E hanno offerto consigli ai dirigenti dell’azienda, che hanno messo l’intelligenza artificiale in primo piano nei loro piani.

Il reinserimento dei fondatori di Google, su invito dell’attuale amministratore delegato dell’azienda, Sundar Pichai, ha sottolineato l’urgenza che molti dirigenti di Google sentono riguardo all’intelligenza artificiale e a quel chatbot, che Microsoft intende inserire in Bing.

Il timore è chiaramente quello che Bing diventerà un motore di ricerca più efficace di Google potendo rispondere in modo diretto e mirato alle ricerche degli utenti, che ad esempio gli chiedano di dare – tramite ricerca web – tutti gli annunci di lavoro o di case che rispondano a certi requisiti. Ad oggi ChatGpt non può farlo (non opera con ricerche in tempo reale sul web ma sfrutta un database fermo al 2021); in futuro potrebbe.

La trasformazione irreversibile del mondo del lavoro

Il problema di cui troppo poco si parla è la trasformazione irreversibile del mondo del lavoro.

Abbiamo sempre pensato che le professioni sostituibili dall’automazione fossero quelle monotone, ripetitive e meccaniche. Invece sembra che l’esplosione dell’intelligenza artificiale riguardi invece l’ambito delle attività creative: copywriter, autori, scrittori, grafici, designer sono queste le professioni che oggi sono nella bufera. Il motivo è semplice, questi software sostituiscono gran parte del lavoro che veniva svolto da queste figure creative e lasciano all’essere umano il – molto più semplice – compito – e solo per il momento – di creare prompt testuali.

I sostenitori di questa innovazione hanno gioco facile nel dire che le professioni non verranno sostituite ma solo trasformate e che da operatori tecnici ci stiamo trasformando in prompters testuali. Ma è evidente che questo è solo l’inizio.

Anche perché la montagna di denaro che sta entrando nelle casse di queste società da parte degli investitori non è finalizzata a creare tool per il piacere degli utenti, ma a trasformare i mercati di riferimento aumentando efficienza produttiva, aiutando le aziende a risparmiare e a scalare in mercati competitivi globali. L’efficienza produttiva e la scalabilità sono legate all’aumento della produzione con un numero minore di persone. Occorre dunque aprire il dibattito a queste tematiche e integrare le riflessioni sulle implicazioni psicologiche dell’IA con quelle sociologiche legate al mondo del lavoro.

Finanziamenti all’innovazione: l’IA è la tecnologia giusta al momento giusto?

Ci sono almeno 450 startup che stanno lavorando sull’IA generativa. Michael Dempsey, investitore del fondo di Venture Capital Compound ha dichiarato che l’intelligenza artificiale è esattamente quello che ci voleva per uscire dalla recessione pandemica e post pandemica del 2022. L’IA è la tecnologia giusta al momento giusto per rilanciare il meccanismo finanziario dell’innovazione – che non si può fermare, perché se la crescita infinita si interrompe, l’effetto bolla e la recessione si amplificano con effetti devastanti.

Ha ancora senso parlare di autori e diritto d’autore?

Mentre alcuni – pochi per la verità – sociologi si interrogano sul tema del lavoro e del reddito universale che potrebbe rappresentare una soluzione per tamponare la contrazione dell’occupazione, la preoccupazione di queste società e dei fondi di VC riguarda temi più pragmatici ma non meno importanti, come il diritto d’autore. La maggior parte dei tool di IA partono da contenuti testuali e visivi altrui e li elaborano adattandoli al contesto. Ma questo implica una trasformazione nel diritto d’autore, come potrà essere protetto? Ma soprattutto ha ancora senso parlare di autori? Quando inizieranno ad uscire articoli, libri, opere d’arte, testi, grafiche, copy, slogan prodotti dalle AI sarà lo stesso concetto di produzione e mondo editoriale a trasformarsi irrimediabilmente.

Conclusioni

La trasformazione è evidentemente molto grande, radicale, non del tutto comprensibile. Il mantra della Silicon Valley è comunque quello di andare veloce, essere dirompenti e scardinare i mercati esistenti. Le toppe verranno messe in seguito.

Ma da chi? Se pensiamo che l’UE sta arrivando solo ora alla regolamentazione delle piattaforme social, dopo esattamente 20 anni dalla nascita del web 2, è lecito chiedersi se le toppe ai problemi all’AI arriveranno mai.

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