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Cittadinanza digitale a scuola: educare alla democrazia onlife



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La digitalizzazione ha trasformato il concetto di cittadinanza, rendendo il digitale centrale. La scuola, però, rischia di non seguire questa evoluzione. Un progetto in Puglia ha coinvolto 250 studenti, sviluppando competenze digitali e migliorando il clima di classe, dimostrando l’importanza di integrare l’educazione civica digitale nei curricoli scolastici

Pubblicato il 18 set 2024

Francesco Pizzolorusso

Assegnista di ricerca in Pedagogia generale e sociale presso l’ Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”



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Per lungo tempo il digitale è stato identificato come semplice sovrastruttura, universo parallelo allo stile di vita e ai comportamenti tradizionalmente espressi dai singoli e dalle comunità in real life, o in alternativa, semplicemente un settore dell’intrattenimento o dell’economia: in poche parole, una parte di un tutto. Tuttavia, attualmente, esso è diventato una componente centrale della società, influenzando la vita civica e politica e contribuendo alla definizione di concetti quali cittadinanza e democrazia. La scuola, focalizzata principalmente sull’uso didattico del digitale, rischia di non partecipare pienamente a questa evoluzione culturale.

Cosa vuol dire essere cittadini digitali

L’essere cittadini digitali implica la comprensione e gestione delle dinamiche delle tecnologie e piattaforme digitali. Pertanto, è cruciale chiedersi se la scuola stia sviluppando competenze comportamentali, abilità cognitive e sensibilità che permettano agli individui di riflettere criticamente, interagire costruttivamente con la società e affrontare il processo di apprendimento continuo[1]. Inoltre, è essenziale collegare questa forma di educazione alla cittadinanza con le relative implicazioni politiche e scolastiche, valutando se essa possa essere integrata sistematicamente nelle pratiche quotidiane degli insegnanti. Il sistema di relazioni, emozioni e affetti nelle aule scolastiche è complesso e richiede un’analisi approfondita per formulare interventi efficaci[2].

L’idea di una rivoluzione pedagogica

L’idea alla base di questa ricerca è richiamare alla possibilità di sperimentare un cambiamento nel modello pedagogico circa la comprensione e la gestione delle relazioni, delle motivazioni e delle emozioni all’interno delle aule scolastiche per poter raggiungere obiettivi di cittadinanza[3]. Davanti alla crisi dei sistemi educativi, l’idea è che la scuola possa dirsi tutt’altro che esanime, ma per farlo è indispensabile porre al centro un’idea educativa democratica, che abbia il coraggio di concentrarsi non solo sulle prove, sui voti e sulle analisi comparative, ma soprattutto sul senso dell’appartenenza, della cooperazione, della solidarietà e della vicinanza tra studenti.

Accrescere le competenze civiche negli adolescenti e migliorare il clima di classe

Da queste suggestioni emerge la necessità di analizzare il contesto digitale e sfruttare lo spazio ancora puro dell’Educazione Civica come opportunità di riflessione e di crescita, oltrepassando le dimensioni disciplinari, tecniche e meramente procedurali – pure importanti – e mettendo al centro l’obiettivo di diventare cittadini competenti e consapevoli, grazie alla ri-scoperta del vivere insieme[4].

Il progetto “Noi, cittadini digitali”

Il progetto, realizzato nel biennio 2021-2023 all’interno di tre istituti di scuola secondaria di primo grado del territorio pugliese, ha coinvolto oltre 250 studentesse e studenti tra gli 11 e i 13 anni e più di 80 tra Dirigenti, insegnanti, collaboratori e professionisti esterni impegni all’interno dei diversi istituti scolastici. Attraverso le fasi di formazione e di co-costruzione, in collaborazione con il corpo docente, di specifici percorsi di lavoro in aula, la volontà è stata quella di dar risalto alla Digital Citizenship Education, spesso offuscata dagli interventi di Media Literacy (ML)e Media Education (ME)[5]

Come ha descritto da Soriani[6], infatti, il concetto di cittadinanza digitale si pone al di sopra degli aspetti strumentali, focalizzando l’attenzione sull’educazione alla dimensione socio-relazionale, base per una partecipazione democratica, a partire dall’ambiente d’aula; recuperando il DigComp[7], un documento europeo che sottolinea il valore civico dell’esperienza digitale, in questo lavoro di ricerca si è scelto di approfondire l’area 2 del DigComp – Comunicazione e collaborazione, analizzando obiettivi quali l’esercizio della cittadinanza attraverso le tecnologie (2.3), le abilità di collaborazione e condivisione attraverso il digitale (2.4), la netiquette (2.5) e la gestione dell’identità (2.6).

Tali obiettivi si legano a quelli posti in luce dalla Legge n. 92 del 20 agosto 2019 «Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica» e dalle successive Linee Guida promosse attraverso il D.M. n. 35 del 22 giugno 2020, strumenti attraverso i quali contribuire a formare cittadini responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità.

La network society e la cittadinanza digitale

La ricerca prende avvio dalla riflessione sulla network society di Castells[8], che identifica la Rete quale costituente della morfologia sociale delle moderne collettività, oltrepassando il semplice concetto di società dell’informazione; non è, dunque, la sola rivoluzione tecnologica a definire le società, ma sono soprattutto i fattori culturali e politici ad essa collegati che agiscono per costruire un nuovo modo di vivere ed essere parte degli ambienti sociali.

A questo si lega la trama antropologica riguardante la definizione e successiva categorizzazione di giovani e adulti quali nativi e immigrati digitali[9]successivamente rivisitata in visitors e residents[10], sottolineando il gap non solo in termini di competenze pratiche, ma anche in ottica di consapevolezza e responsabilità circa le azioni dei singoli e dei gruppi tra analogico e digitale. In virtù di questi elementi, la ricerca pone l’accento sull’upgrade al concetto di cittadinanza in ottica digitale e sul ruolo della scuola nell’educare a questa forma di vivere democratico, di conoscenza prima ed esercizio poi, dell’esperienza civica tanto nella vita reale quanto nell’universo virtuale.

Come sostiene Perfetti[11], permettere uno spazio di incontro tra il locale e globale significa offrire alle nuove generazioni un’idea di cittadinanza adatta alle diverse dinamiche della società complessa; in questo compito, la scuola riveste un ruolo cruciale.

Prospettiva pedagogica: Dewey e Maritain

La prospettiva pedagogica si poggia da un lato sul pensiero di Dewey[12], che intende la scuola quale luogo dell’agire democratico e sottolinea come questo debba portare le giovani generazioni a condividere valori, modalità di comportamento e modi di essere attraverso esperienze concrete; mai come in questo momento, infatti, la scuola ha il compito di riflettere e progettare azioni concrete che sappiano dare corpo ad un concetto mutevole e dai contorni ancora poco definiti come quello della digital citizenship education.

Dall’altro lato, in un mondo abitato sempre più da avatar, alla scuola è chiesto di recuperare l’idea profonda di cittadinanza sottolineandone il valore in relazione ad una rinnovata idea di bene comune; in tal senso appare indispensabile il richiamo al pensiero di Maritain[13], il quale sottolinea la connessione tra formazione dell’uomo e educazione del cittadino, attraverso la realizzazione di una paideia politica che concepisce il collettivo (gruppo classe) come spazio-tempo di apprendimento e di appartenenza.

Lo spazio dell’incontro tra queste due prospettive trova sostanza nella matrice fenomenologica di Piero Bertolini[14] e nel rapporto tra educazione e politica, significante della formazione pienamente umana degli individui nella loro funzione di cittadini. Con l’idea di promuovere un’educazione alla politica e alla cittadinanza che possa mantenere nella sua definizione la caratteristica pienamente umana, il progetto di ricerca “Noi, cittadini digitali” punta a connettere lo sviluppo delle competenze di cittadinanza con il miglioramento delle relazioni in aula all’accrescimento positivo del clima di classe[15].

L’ipotesi al centro dell’intero lavoro presuppone che lo sviluppo e la promozione di un percorso di riflessione per studenti e docenti in aula rispetto alle competenze di cittadinanza digitale possa avere effetti sul classroom climate, attraverso un lavoro che ponga al centro la collaborazione, la partecipazione e la comunicazione assertiva tanto online quanto offline.

La ricerca, suggerendo di analizzare il virtuale come strumento e non come fine ed evidenziando la possibilità di sperimentare la cittadinanza attraverso un nuovo modo di concepire il rapporto tra pari e con i docenti, ha tentato di offrire a studenti e insegnanti un’idea di cittadinanza coniugata perfettamente con le dinamiche ibride della società complessa e digitale, sottolineando la volontà tutta pedagogica di associare, negli spazi scolastici e grazie all’esperienza delle relazioni umane nel gruppo classe, il reale e il virtuale, promuovendo un concetto di digital citizenship education che parli di digitale ma sia esperita e cresca nei termini del dialogo e dell’incontro tra persone,ripensando i modelli e le pratiche educative, slegandole dalla logica nozionistica e direzionandole verso un sistema esperienziale e cooperativo capace di dar vita al gruppo[16].

Metodi e strumenti utilizzati per il progetto

L’idea alla base del progetto è stata quella di pensare una scuola spinta lungo i sentieri della ricerca. In ordine a questa esigenza, il percorso di ricerca ha scelto la metodologia della Ricerca-Azione (R-A) secondo il modello di Pourtois[17] adattato da Baldacci[18]. Nel tentativo di consolidare uno sguardo strabico alla ricerca pedagogica, inoltre, si è scelto di utilizzare una metodologia mixed-method[19]legando al percorso di R-A procedure di controllo delle ipotesi progettuali secondo una prospettiva empirica[20] e una strategia convergente[21].

Si specifica che, dal punto di vista metodologico, tale possibilità appare in linea con il modello di R-A scelto, il quale contempla la possibilità di utilizzare strumenti quantitativi e a carattere più specificatamente sperimentale all’interno della cornice metodologica propria dell’action research[22]. L’integrazione tra gli approcci qualitativi e quelli empirici è valutabile come una questione di apertura intellettuale e buon senso scientifico, e si è riproposta con forza quando si è chiesto alla ricerca di produrre possibili risposte a problemi dell’educazione che riflettono la complessità dell’odierna società.

Strutturazione degli incontri in aula

Il punto di partenza per la costruzione dei percorsi in aula è stato il Manifesto della Comunicazione non Ostile promosso dall’associazione Parole O_Stili. Il Manifesto rappresenta una carta che elenca dieci princìpi di stile utili a migliorare il comportamento degli utenti onlife: è un impegno di responsabilità condivisa, concepisce la Rete come luogo accogliente e sicuro per tutti ma soprattutto punta, attraverso la sua conoscenza e la relativa diffusione sui social, a favorire comportamenti rispettosi e civili tra persone.

La strutturazione degli incontri in aula, che hanno posto al centro tematiche quali identità, comunicazione, stereotipi, pregiudizi e contrato all’odio online, netiquette, è partita dalla volontà di affrontare in modo specifico i punti promossi dal Manifesto, presentandolo nel corso del primo incontro con gli studenti e fornendo una copia da affiggere in ogni aula. 

Accanto a questo, la costruzione delle diverse attività è avvenuta a partire dal portale web #ancheioinsegno fornito dalla stessa associazione in relazione all’insegnamento dell’Educazione Civica per tutti i gradi scolastici. Come base per alcune attività, inoltre, è stato utilizzato il testo dal titolo Penso, Parlo, Posto – Breve guida alla comunicazione non ostile[23]

Il volume, progettato e realizzato in collaborazione con l’associazione Parole O_Stili, si rivolge direttamente ai ragazzi e si struttura in dieci sezioni a partire dai punti del Manifesto. Il volume punta su dieci domande di relazione[24] utili alla rilettura critica delle storie proposte e ciascuno di questi interrogativi chiave si lega ad uno specifico punto del Manifesto[25].

Valutazione del clima di classe

In ragione della volontà di raccogliere il dato quantitativo riferito al clima di classe è stato proposto l’utilizzo del questionario Classroom Social Climate[26], adattato in italiano.

Il questionario originale, realizzato in Spagna e nato dall’analisi della letteratura internazionale sul tema delle relazioni in aula e dallo studio di numerosi strumenti di ricerca già costruiti e validati, è organizzato intorno a specifiche sottodimensioni: interesse e soddisfazione personale, relazione con compagni di classe e docenti, livelli di competitività, comunicazione, cooperazione, sistema di regole, coesione del gruppo, organizzazione fisica dell’aula. Il questionario si compone di 44 items, permettendo un sistema di risposte attraverso una scala Likert a quattro passi con valori che vanno da 1 (Per nulla / Molto in disaccordo) a 4 (Sempre / Molto d’accordo). Il valore complessivo riferito al clima di classe è dato dalla media dei punteggi ottenuti dai questionari dei singoli alunni.

Risultati della ricerca

La multilateralità e complessità dell’azione educativa investe la dimensione valutativa, spingendola nella direzione della complessità; ciò significa non ridurla al solo fattore del consenso – evidenziato a più riprese nella fase di valutazione qualitativa realizzata attraverso i focus group al termine della R-A[27] – ma esige una più ricca articolazione che può e deve considerare la possibilità di rifarsi ad un dato oggettivo.

Nelle ricerche mixed methods gli aspetti qualitativi e quelli quantitativi vengono combinati in un quadro interpretativo unico, allo scopo di assegnare ad essi un senso congiunto e trasformando un insieme slegato di comportamenti e riflessioni in un sapere unico riferito alla realtà indagata.

Le analisi dei dati di seguito brevemente descritte hanno preso come base le risposte al questionario sul clima di classe proposto agli studenti; tali analisi hanno permesso di verificare il sistema di ipotesi strutturato in fase di progettazione che, come descritto, supponeva il miglioramento del clima di classe nei gruppi attivamente coinvolti nel progetto.

Al fine di rispondere ad un principio di validità esterna e con l’obiettivo di contrastare il rischio legato ai processi di maturazione (che avvengono naturalmente con il passare del tempo e che possono avere degli effetti sulla variabile dipendente) la ricerca è stata organizzata predisponendo un gruppo di controllo equiparabile per caratteristiche a quelli attivamente coinvolti.

È opportuno precisare, inoltre, che il disegno di ricerca è categorizzabile come disegno quasi sperimentale, in virtù del fatto che non è stato possibile disporre della facoltà di creare i gruppi secondo un piano di campionamento casuale ma l’assegnazione dei partecipanti è avvenuta in modo preordinato. I dati raccolti e le analisi effettuate hanno mostrato al tempo T1 (inizio del progetto di R-A) un valore medio riferito al clima di classe pari a 101,12 per le classi sperimentali e pari a 99,31 per le classi di controllo; al termine del progetto (T2) l’analisi delle risposte ha mostrato un valore medio riferito al clima pari a 108,47 per le classi sperimentali e pari a 96,89 per le classi di controllo; in termini assoluti, dunque, i risultati mostrano un incremento del valore medio del clima registrato nelle classi sperimentali rispetto a quelle di controllo che, al contrario, sembrano avere un decremento (Grafico 1).

L’analisi della varianza condotta ha messo in evidenza come non emerga un effetto significativo del solo fattore within tempo (Tab. 1), mentre si evidenzi un effetto significativo del fattore between classe (condizione sperimentale e condizione di controllo) (Tab. 2). Inoltre, si segnala la presenza di un effetto di interazione significativo tra il fattore within e il fattore between – tempo e condizione (Tab. 3).

Effetto Tempo
F (1, 204) = 2, 837; n.s.

Tab. 1 – Analisi di significatività: fattore within tempo

Effetto Classe/Condizione
F (1, 204) = 14, 573; p < .001

Tab. 2 – Analisi di significatività: fattore between classe/condizione

Effetto interazione – Tempo x Condizione
F (1, 204) = 11, 171; p < .001

Tab. 3 – Analisi di significatività: effetto interazione tempo x condizione

Il T test per campioni indipendenti fa emergere, quindi, un livello di significatività (p value < 0.001) sia rispetto all’effetto classe che all’effetto interazione classe-condizione. In ragione di queste analisi, è possibile accettare l’ipotesi secondo cui la partecipazione al progetto di R-A ha comportato un incremento significativo dei valori medi riferiti al clima di classe nell’intervallo di tempo T1 – T2 per i gruppi sperimentali. Rispetto alle classi di controllo, il decremento registrato nel clima sottende un interesse di ricerca tutt’altro che trascurabile: il pensiero comune legato al fatto che il clima di classe può definirsi stabile, infatti, si scontra con il dato statistico raccolto, il quale evidenzia come, senza l’adeguata attenzione alle dinamiche che lo compongono, questo rischia di diminuire con il passare del tempo.

Prospettive future

La rivoluzione digitale in atto acquista senso in rapporto alla radicale trasformazione dei luoghi e dei processi dell’educazione, a cui si lega tanto la costruzione dei saperi quanto quella dell’identità dei soggetti[28], da educare in relazione al loro ruolo politico nella società.

In primo luogo, dunque, i risultati dello studio – qui brevemente presentato – rimarcano la necessità di sviluppare una sempre maggiore consapevolezza circa l’importanza dell’educazione alla cittadinanza digitale come obiettivo primario della scuola e non, come spesso accade, semplice appendice nei percorsi disciplinari; i risultati raggiunti con questa esperienza supportano il quadro generale promosso dalle indicazioni ministeriali rispetto a come potrebbe essere intesa la digital citizenship education e approfondiscono le modalità attraverso cui gli insegnanti sono chiamati ad educare i loro studenti a sentirsi e a comportarsi in qualità di cittadini responsabili, informati e attivamente impegnati.

Alla scuola è chiesto di educare alla politica utilizzando – e non negando – le tecnologie digitali; il modello di cittadinanza studiato e successivamente indagato in aula, in particolare, invita Dirigenti e docenti ad esaminare questo concetto in combinazione con le diverse concezioni di cittadinanza esistenti, sottolineando come oggi educare alla politica non possa dirsi un’operazione pedagogica guidata da singole dimensioni ed esperienze del cittadino scisse e separate tra loro.

Per educare realmente il cittadino prima ancora dello studente è indispensabile costruire un linguaggio condiviso tra giovani e adulti, che superi itecnicismi e si leghi a tematiche quali consapevolezza, responsabilità e partecipazione, solidi elementi su cui basare le nuove proposte in termini di educazione civica. Come il progetto ha dimostrato, infatti, grazie allo sviluppo di attività collaborative tra reale e digitale, gli studenti hanno avuto la possibilità di accrescere le loro conoscenze rispetto alla realtà online, acquisendo uno stile di condotta da esercitare a partire dall’ambiente aula, al fine di sentirsi parte attiva della società che, ormai, non può non dirsi digitale.

Grazie agli interventi di riflessione comune e agli spazi di formazione per i docenti è stato possibile, inoltre, far comprendere al mondo degli adulti quanto l’universo dei social, che attrae le giovani generazioni facendo leva sulla potenza dell’emotivo, appaia strettamente connesso all’esperienza scolastica che, purtroppo, ha dato spazio ad una logica fredda e impersonale applicata all’insegnamento e all’apprendimento con il digitale. La scoperta delle virtù e del loro esercizio in relazione al compito politico può permettere alle comunità, a partire da quella scolastica, di governare il potere della tecnologia, senza rinunciare al suo indispensabile utilizzo.

Con questo progetto si è tentato di esplicitare in aula quanto i comportamenti dei singoli contribuiscano ad una nuova idea dell’arte di partecipare alla vita della comunità, accendendo una scintilla indispensabile per rendere il futuro della tecnologia profondamente umano e, in parallelo, per sviluppare quella responsabilità capace di guidare il destino della società nel suo complesso. Nel mondo dominato dalla tecnica una delle prerogative morali dell’uomo consiste nel saper scorgere la persona nascosta in ciò che apparentemente sembra atrofizzato[29]. Il percorso di ricerca ha invitato la scuola a promuovere questa visione dell’umano, presente anche dietro gli scambi digitali, portando a concepire gli studenti, in qualità di membri di un gruppo, come ingranaggi all’interno di un grande meccanismo in grado di produrre un bene condiviso attraverso il contributo di tutti; i prodotti realizzati al termine di ogni attività, infatti, hanno concretizzato l’obiettivo di costruire un bene e una ricchezza – in termini di competenze e di artefatti – a disposizione di tutti.

La logica comunitaria ha accompagnato l’intero lavoro ad approfondire il dibattito su cosa si intenda oggi con il termine relazione e su come questo incontro si stia trasformando nell’era digitale, divenendo carico di insidie e possibili ambiguità; il riferimento alle dinamiche relazionali e al clima di classe ha posto in luce il rischio di costruire, attraverso un uso inconsapevole del digitale, un contesto relazionale spersonalizzante, capace di ridurre il soggetto persona a semplice individuo anonimo. L’intero lavoro ha approfondito la riflessione pedagogica sul bisogno di relazione, suggerendo in primis di evitare discorsi nostalgici sulle relazioni del passato, invitando gli insegnanti a restare concentrati sui processi dell’oggi e a considerare i diversi punti di vista, per cogliere le potenzialità date dalla mutua conoscenza di linguaggi, comportamenti e azioni.

Gli ambienti educativi come palestre di incontro e di esperienza della cittadinanza

Il progetto di ricerca, dunque, ha spinto gli ambienti educativi a pensarsi come palestre di incontro e di esperienza della cittadinanza e nel suo valore più autentico; i docenti coinvolti hanno avuto la possibilità di toccare con mano i risvolti positivi per il gruppo classe dati dall’aver dedicato tempo e attenzione all’obiettivo relazionale. In aggiunta a questo, gli stessi docenti hanno potuto sviluppare le loro capacità di ascolto, di espressione delle emozioni e dei sentimenti nei confronti dei ragazzi e dei colleghi, utili per fornire strumenti di consapevolezza e superare il rischio di un analfabetismo relazionale dettato dall’attenzione ai soli programmi e contenuti disciplinari.

Se l’essere umano si sostanzia e si plasma grazie al processo di umanizzazione, costantemente in fieri, allora l’impegno delle agenzie educative in ottica politica è senza dubbio quello di permettere a tutti, in un universo digitale, di divenire e restare umani. Agire in termini educativi e politici oggi equivale proprio a sostanziare questo reciproco riconoscimento umano, un impegno verso un’umanizzazione di tutti e per ciascuno.

Come evidenziava mirabilmente Maria Zambrano «se dovessimo dare una definizione di democrazia, potremmo dire che è la società in cui non solo è permesso, ma è addirittura richiesto essere persona»[30], e oggi crescere all’altezza del proprio essere persona non si sostanzia esclusivamente come un diritto, ma come un preciso dovere.

Conclusioni

L’incontro tra educazione e politica deve rendere gli educandi liberi e responsabili nei confronti di sé e degli altri, all’interno di quella relazione e di quel mutuo scambio che lega, accomuna e crea una comunità. Questo è possibile solo e soltanto attraverso un educarsi e un educare all’esercizio critico del sentire, del pensare e del prendere posizione in virtù dell’appartenenza alla kommunitas scolastica[31], sapendo che questi elementi quantificano lo spessore del cives,in grado di vivere l’ambiente sociale secondo una modalità che lo interessi e che lo renda protagonista.

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Cfr. A. Fuggetta (2018). Cittadini ai tempi di internet. Per una cittadinanza consapevole nell’era digitale. Milano: FrancoAngeli, pp. 59-63. 

Cfr. E. Colicchi Lapresa (2011). Dell’intenzione in educazione. Materiale per una teoria dell’agire educativo. Napoli: Loffredo. 

Sul tema di veda L. Mortari (2003). Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione. Roma: Carocci; V. Iori (2006). Nei sentieri dell’esistere. Spazio, tempo, corpo nei processi formativi. Trento: Erickson. 

Cfr. M.G. Riva (2015). La scuola come sistema di relazioni, emozioni e affetti.. In ascolto della vita emotiva. Pedagogia Oggi, 2, 21-39. 

Sul tema si invia al lavoro di M. Giacomazzi (2023). Alfabetismo, competenze, partecipazione: elementi per una democrazia digitale. I quaderni di AgendaDigitale, XIV, maggio-agosto 2023, 68-78. 

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Cfr. S. Perfetti (2015). Nuovi Media e Cittadinanza Digitale. La scuola del ventunesimo secolo come luogo per la democrazia. Ricerche di Pedagogia e Didattica, 10, 2, 131-143. 

Si rimanda a J. Dewey (2018). Democrazia e educazione. trad. it. T. Pezzano. Roma: Anicia. 

Si veda J. Maritain (2009). La persona e il bene comune. trad. it. M. Mazzolani. Brescia: Morcelliana. 

Si rinvia all’opera di P. Bertolini (2003). Educazione e politica. Milano: Raffaello Cortina. 

La definizione di clima di classe sottolinea come questo non possa intendersi quale semplice somma delle persone che lo compongono, ma costituisce una struttura ampia, che si ripercuote tanto sui singoli quanto sul collettivo; in particolare, il clima di classe è creato dalla rete di relazioni affettive, dalle molteplici motivazione a stare insieme, dalla collaborazione in vista di obiettivi comuni, dai rapporti reciproci, dalle norme e dalle modalità di funzionamento del gruppo. Si rimanda a M. Polito (2000). Attivare le risorse del gruppo classe. Nuove strategie per l’apprendimento reciproco e la crescita personale. Trento: Erickson. 

Cfr. F. Pizzolorusso (2024). Reti reali. Cittadinanza digitale e relazioni in aula. Milano: FrancoAngeli. 

J.P. Pourtois (1985). La ricerca-azione in pedagogia. In E. Becchi, B. Vertecchi (Eds.). Manuale critico della sperimentazione e della ricerca educativa (pp. 134-155). Milano: FrancoAngeli. 

Si rimanda a M. Baldacci (2001). Metodologia della ricerca pedagogica. Milano: Mondadori. 

Il termine mixed methods indica un insieme di strategie di ricerca che combinano in modo strutturato approcci tradizionalmente ascrivibili ai filoni di ricerca quantitativa e qualitativa; tale combinazione può avvenire in punti differenti del processo di ricerca: dalla formulazione di obiettivi e problemi di ricerca alla costruzione delle ipotesi e degli strumenti di rilevazione dei dati, all’analisi dei dati stessi, all’interpretazione dei risultati e alla loro presentazione. L’uso di metodi misti consente sia di perseguire obiettivi legati non solo all’enunciazione e alla spiegazione di fattori sulla base di altri, ma soprattutto alla comprensione profonda delle dinamiche, individuali e collettive, che portano a tali spiegazioni. L’idea alla base dei mixed methods è proprio quella di trovare un’integrazione tra gli studi di superficie (tipici del paradigma quantitativo) e gli studi in profondità (tipici del paradigma qualitativo). 

Cfr. R.B. Johnson, A.J. Onwuegburie, L.A. Turner (2007). Toward a definition of Mixed Methods Research. Journal of Mixed Methods Research, 1, 112-133. 

Cfr. R. Trinchero, D. Robasto (2019). I mixed methods nella ricerca educativa. Milano: Mondadori, pp. 6-15. 

A titolo esemplificativo si rimanda ai lavori di D.R. McNamara (1979). Paradigm Lost: Thomas Kuhn and educational research. British Educational Research Association, 5, 2, 167-173; A. Bryman (1988). Quantity and quality in Social Research: Theories and Applications. London: Sage; K. Howe (1988). Against the quantitative-qualitative incompatible thesis. Educational Researcher, 77, 8, 10-16; K. Niglas (2007). Introducing the quantitative-qualitative continuum: An alternative view on teaching research methods courses. In M. Murtonen, J. Rautopuro, P. Väisänen (Eds). Learning and teaching of research methods at University (pp. 185-203). Turku: Finnish Educational Research Association. 

C. Cubeddu, F. Taddia (2019). Penso, Parlo, Posto. Breve guida alla comunicazione non ostile. Milano: il Castoro.

Ibidem, p. 8. 

Per uno schema delle attività realizzate in aula si rinvia al volume F. Pizzolorusso (2024). Reti reali. Cittadinanza digitale e relazioni in aula. Milano: FrancoAngeli; il testo presenta, nella parte finale, una specifica sezione dedicata alle schede progettuali e ai materiali utilizzati per i singoli incontri. 

A. Pérez, G. Ramos, E. López (2010). Clima social aula: percepción diferenciada de los alumnos de educación secundaria obligatoria. Cultura y Educación, 22, 3, 259-281. 

Per una descrizione completa della R-A realizzata e delle fasi di valutazione qualitativa della ricerca si rimanda a F. Pizzolorusso (2023). “Noi, cittadini digitali”. Un progetto di R-A partecipata per educare alla digital citizenship nella scuola secondaria di I grado. In L. Dozza, P. Ellerani, A. Parola (a cura di). Ricerca partecipativa e formazione sistemica (pp. 521-531). Lecce: Pensa MultiMedia. 

Cfr. G. Bonetta (2017). L’invisibile educativo. pedagogia, inconscio e fisica quantistica. Roma: Armando, pp. 186-208. 

Cfr. R. Guardini (1977). L’esistenza del cristiano. Milano: Vita e Pensiero, pp. 412-413. 

M. Zambrano (2000). Persona e democrazia. La storia sacrificale. Milano: Mondadori, p. 157. 

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