Parità di genere

Cocco: “La leadership femminile nel digitale fa bene a economia e società. Ecco perché”

Economy, empowerment, ecosystem. Sono le tre E che sintetizzano l’importanza del digitale al femminile: non solo per fornire alle donne un mezzo per migliorare la propria condizione personale e professionale ma per un vantaggio competitivo anche sulla comunità. Il ruolo di istituzioni e aziende

Pubblicato il 08 Set 2022

Roberta Cocco

Esperta di Trasformazione Digitale ed Empowerment femminile – Docente universitaria

Women_in_STEM_(Wikipedia_Year_of_Science)

Il digitale è un alleato straordinario delle donne non solo perché permea la nostra vita personale, l’educazione, i servizi ma perché rappresenta una vera opportunità di crescita economica e professionale.
La mia recente partecipazione come relatrice al G20 Empower Indonesia (cui spetta il semestre di presidenza) mi ha consentito di condividere il valore di interventi a favore delle donne attraverso partnership pubblico-private.

Il G20 Empower – l’alleanza internazionale che riunisce i rappresentanti del settore privato e le controparti istituzionali con l’obiettivo di promuovere la leadership femminile – è un tavolo di lavoro permanente che si affianca al G20 e nasce con l’obiettivo di tenere aperto il dibattito di genere e condividere tra i Paesi membri i progressi o le criticità.

È stato avvilente ascoltare il World Economic Forum riaffermare che bisognerebbe spostare in avanti le lancette dell’orologio di ben 36 anni per colmare il ritardo di genere. Come fare per ridurre questo tempo? Nessuno ha la bacchetta magica ma, nella mia esperienza, maturata in anni di lavoro in prima linea per contribuire ad un’innovazione pratica e concreta, ritengo che un’accelerazione significativa possa essere conferita dal digitale.

Digitale, il problema della rappresentatività femminile

Se si guardano i dati europei il gap di competenze digitali di base e sull’uso di Internet è relativamente basso: l’85% delle donne ha utilizzato Internet regolarmente nel 2020 rispetto all’87% degli uomini, il 54% delle donne ha competenze digitali di base (58% degli uomini, il 29% competenze digitali al di sopra di quelle di base (33% degli uomini) e il 56% competenze software di base (60% degli uomini) – fonte Digital Economy and Society Index (DESI) 2021.

I numeri cambiano quando si passa ad osservare le competenze digitali specialistiche e la presenza femminile nel mondo del lavoro. Pur rappresentando oltre il 50% della popolazione europea, solo il 19% degli specialisti nei settori ICT sono donne e solo un terzo del totale le laureate nelle materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica). Questo divario è inaccettabile e preoccupante se si considera che l’84% delle aziende europee (The future of Jobs; World Economic Forum) ha iniziato un percorso di trasformazione digitale, per il quale servono e serviranno sempre più figure con competenze tecniche.
Si tratta innanzitutto di un tema di rappresentatività femminile, rilevante non solo da un punto di vista dell’inclusion&diversity quanto piuttosto per lo sviluppo stesso della tecnologia.

Un PNRR che ignora le donne fa male al Paese: le nostre proposte

Se è ormai un dato di fatto che team diversificati garantiscono maggiore produttività, un più alto livello di innovazione e migliori performance aziendali, di recente l’attenzione degli esperti è rivolta anche ai bias di genere riscontrati nei software di intelligenza artificiale con casi anche eclatanti. Esemplare quello di Linkedin che ha scoperto come gli algoritmi usati per abbinare i candidati alle opportunità di lavoro privilegiassero candidati uomini rispetto alle donne. Avere team di sviluppatori con una maggiore presenza femminile potrebbe contribuire a ridurre il fenomeno e ad allargare il paniere di esperienze e vedute che poi si rifletterebbero nel software che loro stessi creano.

Digitale al femminile: il paradigma delle 3E

Durante il mio intervento ho condiviso quella che ritengo essere una proposta concreta: l’impatto del digitale @lfemminile come elemento di stimolo e di sviluppo della società. Perché è così importante avere più donne nel digitale? La risposta è sintetizzata dal paradigma delle 3E dalle iniziali delle parole inglesi che lo caratterizzano economy, empowerment, ecosystem.

Dal punto di vista della crescita economica, il digitale può fornire alle donne un mezzo per migliorare la propria condizione personale e professionale, aprire nuovi sbocchi occupazionali anche in virtù del fatto che permette e favorisce il lavoro da remoto. Sul fronte della leadership, la digitalizzazione offre una varietà di opportunità di empowerment che vanno dal trovare e condividere informazioni, accedere all’assistenza sanitaria e ai servizi educativi, generare reddito, collaborare e far sentire la propria voce. Infine, il valore della presenza femminile nell’ambito digitale si riverbera anche sulla comunità perché le abilità sociali delle donne rappresentano un vantaggio competitivo e questo è particolarmente vero quando le competenze sociali sono integrate con l’istruzione superiore e l’alfabetizzazione digitale avanzata.

Perché è necessario sostenere le donne nell’acquisizione di nuove competenze

È quindi necessario sostenere le donne nell’acquisizione di nuove competenze perché diversamente vengono private di importanti strumenti per cambiare (finalmente!) le regole del gioco. Anche in questo caso, diventa fondamentale porsi la domanda sul come farlo bene. Un aiuto ci arriva dalla disciplina del marketing che da tempo utilizza le “personas” – cioè dei veri e propri identikit – per identificare i bisogni, gli interessi e le aspirazioni dei propri pubblici di riferimento. Ecco, quindi, che bisognerà essere sempre più chirurgici nella proposta educativa STEM per le bambine, le ragazze e le donne giovani e meno giovani. Per le prime è fondamentale sviluppare l’approccio ludico e dello sperimentare, introdurre concetti neutrali rispetto al genere nel materiale didattico, evitare un approccio differenziato per genere alle politiche educative e formare in parallelo una nuova generazione di maestri ed educatori; per le seconde è necessario il role modeling per ispirare e incanalare verso percorsi di studi a matrice scientifica, hackathon per avvicinare allo sviluppo software o di applicazioni, campagne informative sugli sbocchi occupazionali e opportunità economiche offerte dal digitale, incontri di sensibilizzazione anche per i genitori; per le donne nel mondo del lavoro formazione specialistica e manageriale, percorsi di mentorship con donne che hanno raggiunto posizioni rilevanti e sono disponibili a condividere il loro percorso, corsi specifici di upskilling e reskilling a seconda delle diverse sfere professionali.

Conclusioni

L’elemento chiave deve essere l’impegno condiviso da parte del mondo pubblico e privato. Dalle semplici collaborazioni su progetti locali ai più complessi partenariati pubblico-privato (PPP) che l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) identifica come gli strumenti su cui l’UE può fare leva nello sviluppo delle competenze. L’obiettivo è comune e urgente: il superamento del gender gap digitale. Da una parte le istituzioni hanno il compito di perseguire politiche di parità in ambito sociale, economico e culturale, dall’altra le imprese devono lavorare sull’occupazione, sul pay gap (divario retributivo), sull’organizzazione del lavoro e sul supporto nei percorsi di crescita per accedere a ruoli apicali. Un impegno programmatico che molte aziende hanno formalizzato aderendo al Manifesto di ValoreD, la prima associazione italiana di imprese che promuove la diversità, il talento e la leadership femminile.

Se pubblico e privato agiscono fianco a fianco utilizzando l’innovazione e la tecnologia per favorire l’uguaglianza delle donne allora potremo davvero fare un balzo nel futuro, senza aspettare il 2157.

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