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Come scoprire se l’azienda è pronta per una mobile strategy

Una ricerca degli Osservatori del Politecnico di Milano rivela come le aziende si sentano ancora impreparate alla svolta mobile del business. Ma c’è un modo per valutare correttamente questo passaggio e prepararsi per bene. Ecco come

Pubblicato il 26 Ago 2014

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La Mobility rappresenta, sempre più, una leva a disposizione delle organizzazioni per recuperare efficienza ed efficacia nei propri processi di business, oggi più che mai fondamentale per le imprese e considerata a tutti gli effetti un elemento capace di portare differenziali competitivi nei confronti dei concorrenti.

In questi anni si sta assistendo a un’esplosione di Mobile Business App, sempre più allineate con le esigenze del business e integrate con i diversi servizi usati dalle aziende, come Cloud, Virtualizzazione, Unified Communication & Collaboration, ecc. Questa grande varietà di App deve essere poi declinata per i diversi sistemi operativi attualmente disponibili nei numerosi dispositivi mobili presenti sul mercato, facendo esplodere esponenzialmente la frammentazione di questo “ecosistema”.

In aggiunta, in questo scenario si colloca anche il paradigma del “Bring Your Own”, diretta conseguenza dalla consumerizzazione dell’IT, che consente ai dipendenti di “portare” all’interno del perimetro aziendale le proprie tecnologie. Questo paradigma si è evoluto – molto rapidamente – dal semplice “bring your own device” (BYOD), legato ai dispositivi mobili, al “Bring Your Own Everything” (BYOx), che include non solo i terminali ma anche le Applicazioni, i servizi Cloud (in media ogni dispositivo mobile si collega a 6 “nuvole”), le Licenze applicative, gli strumenti, ecc.

In questo contesto complesso, come possono le aziende ottenere il meglio dalle tecnologie Mobile? Una soluzione sta nel definire una strategia che abbia un approccio architetturale alla Mobility, che consenta alle organizzazioni – e soprattutto all’IT – di essere agile (rispondendo in tempi brevi alle esigenze espresse dal business), nel monitorare le performance dei progetti Mobile e nel creare un centro di Mobility Excellence che coinvolga tutti gli stakeholder aziendali.

Le aziende sono pronte? Nonostante cresca ancora – e in modo significativo – la priorità che i CIO delle imprese più grandi del nostro Paese riservano alla Mobility, una ricerca dell’Osservatorio Mobile Enterprise della School of Management del Politecnico di Milano evidenzia come circa 3 CIO su 5 valutano come bassa o medio bassa la preparazione della propria organizzazione all’introduzione “spinta” di soluzioni Mobile a supporto dei processi di business: sono poche quelle aziende che danno un’autovalutazione medio-alta (37%) o alta (5%). Un segnale dal quale emerge un ancora limitato grado di “maturità Mobile”.

Per valutare del grado di maturità delle strategie Mobile a copertura dei processi di business nelle aziende italiane è possibile utilizzare il Mobility Maturity Model, che considera quattro principali macro-variabili: (i) i processi di business, (ii) le Business Apps, (iii) i dispositivi mobili e (iv) le scelte tecnologiche per supportare le soluzioni Mobile (processi di gestione).

All’interno della prima macro-variabile (i «processi di business») viene considerata “l’ampiezza della copertura sui processi di business”, che identifica il grado di diffusione delle tecnologie Mobile sui processi in una specifica organizzazione, “la profondità del supporto fornito al singolo processo”, che riguarda il grado di re-ingegnerizzazione dei processi supportati, e il “grado di mobilità”, che identifica le modalità di sincronizzazione dei dati.

Nella seconda categoria (le «Business App») viene considerata la “qualità delle App”, che identifica la coerenza dell’applicazione con le esigenze espresse e latenti degli utenti e del processo di business supportato (in termini di funzionalità e usabilità), e il “livello di integrazione”, che analizza quanto le App Mobile sono integrate con i sistemi informativi aziendali.

Per quanto riguarda i «dispositivi mobili» vengono considerate “le caratteristiche del Device”, che inquadrano quanto il dispositivo scelto risponde alle specifiche esigenze degli utenti che lo devono utilizzare e alle caratteristiche del processo che supporta, e la “flessibilità multipiattaforma”, che indentifica la possibilità di gestire in modo indipendente dal Sistema Operativo la soluzione Mobile adottata.

Da ultimo si considerano i «processi di gestione», ovvero le scelte tecnologiche per supportare le soluzioni Mobile: queste includono le logiche con cui viene gestito il deployment, l’aggiornamento e la sostituzione di ogni App sui dispositivi (“gestione delle Apps”), il grado di completezza delle regole di gestione e monitoraggio dello stato di salute e sicurezza del dispositivo (“gestione del Device”), il grado di consapevolezza sulle modalità di gestione della sicurezza dei dati aziendali (“gestione della sicurezza”) e, infine, il livello di ottimizzazione dei volumi di dati scambiati attraverso l’infrastruttura di rete (“gestione della connettività”).

È possibile osservare una dinamica di crescita sugli assi del modello: i principali atti di moto registrati spingono verso una maggiore copertura dei processi aziendali coinvolti (dimensione Processi di Business), migliorando il livello di integrazione tra le diverse App introdotte in azienda (dimensione Business App).

Dalle analisi effettuate emerge come, per raggiungere tutti i benefici che le soluzioni Mobile a supporto dei processi di business possono portare alle aziende, è fondamentale un approccio maturo alla Mobility, che analizzi puntualmente e criticamente ogni asse del Mobility Maturity Model. Solo così sarà possibile ottenere pienamente i benefici di efficienza (completa digitalizzazione dei processi di business, certificazione delle attività svolte sul campo, ecc.) e di efficacia (maggiore soddisfazione dei clienti e degli utenti, aumento della qualità di processi, aumento di qualità, quantità e tempestività dei dati, ecc.) che caratterizzano questi progetti, governando, al contempo, la complessità che “ontologicamente” queste nuove soluzioni introducono.

@_cmon81

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