Il concetto di e-learning non nasce con la pandemia e non è questa a decretarne il successo. Basti pensare, ad esempio, che il termine MOOC – Massive Open Online Courses è stato coniato nel 2008 e già alla fine del 2012 erano attive piattaforme come Udemy, Coursera e edX. Le restrizioni legate al Covid-19 hanno reso però la formazione online non più un’alternativa per pochi ma una necessità per molti, a partire dal mondo della scuola per arrivare alla pubblica amministrazione e alle aziende. Questo ha determinato una proliferazione di piattaforme e di strumenti, volti a rendere la formazione online il più possibile piacevole, partecipata e interattiva.
Ma se è normale cercare nuove soluzioni, a volte l’innovazione viene da un nuovo utilizzo di ciò che è già disponibile. E cosa c’è di più immediatamente disponibile dei social?
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Le pillole formative e le operazioni di personal branding
Le statistiche ci dicono che delle sei ore che passiamo al giorno su internet, due ne passiamo proprio sui social network. Non a caso, Facebook è il secondo sito più visitato in Italia dopo Google e Instagram si trova al decimo posto.[1] Sui social facciamo tante cose: ci teniamo in contatto con parenti ed amici, leggiamo storie, cerchiamo cose da fare e da comprare o semplicemente sfuggiamo alla noia. Quindi perché non dovremmo usarli anche per formarci?
Le nuove tendenze in ambito formativo assegnano un ruolo di primo piano alle cosiddette pillole formative: video molto brevi, fruibili in un paio di minuti, pensati per trasmettere un solo concetto, perfetti per essere guardati sullo smartphone mentre si aspetta l’autobus o ci si concede una pausa caffè. Un format perfetto per i social.
Riuscire a usare i post per fare formazione non è però così semplice. Non solo perché un post equivale a pochi secondi di attenzione (un minuto su Instagram è tantissimo), ma perché lo vedremo mentre stiamo scrollando altri contenuti, per cui la nostra attenzione sarà facilmente attratta da ciò che viene dopo o potrà improvvisamente tornare a ciò che c’è stato prima.
Per questo è più facile usare i social network per fare operazioni di personal branding, piuttosto che per fare formazione vera e propria.
Nel primo caso, infatti, il contenuto formativo, seppur presente, è pensato in funzione di un obiettivo di promozione personale: si vogliono mostrare le proprie competenze, ottenere visibilità o promuovere l’iscrizione a un corso vero e proprio che si terrà su un’altra piattaforma. Ci sono ottimi esempi di post di questo tipo, realizzati con cura e professionalità: incuriosiscono, offrono stimoli e suscitano desiderio di approfondimento, ma siamo lontani da una progettualità che consideri i social come principale canale di apprendimento.
Nonostante nell’ambito formativo i social network siano utilizzati in larga misura per promuovere percorsi formativi che verranno erogati altrove, non mancano tentativi di utilizzare i social per erogare attività formative vere e proprie: infatti, ci sono ormai diverse sperimentazioni in questo senso ed alcune hanno avuto un grande successo.
Formazione sui social: il caso Norma’s teaching
Una case history particolarmente interessante sull’uso dei social per erogare formazione è quella del profilo Instagram @normasteaching di Norma Cerletti.
L’ambito è quello dell’insegnamento della lingua inglese. Quello dei corsi di inglese può essere considerato un mercato saturo, nel quale troviamo leader di mercato consolidati come Oxford School of English, British Institute, British School, Wallstreet English, EF con un’infinita varietà di proposte per studenti, aziende, gruppi, singoli e il rilascio di certificazioni riconosciute a livello internazionale. Ai percorsi formativi proposti da questi enti si sono affiancate negli ultimi anni un numero piuttosto elevato di app[2], che sfruttando le potenzialità offerte dal mobile, danno l’opportunità di esercitarsi e di fare pratica in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, dedicando allo studio anche piccoli ritagli di tempo.
Si conta infine la presenza di numerose persone che si offrono per incontri di conversazione o per percorsi individuali come freelance. Ci troviamo quindi di fronte a quello che W. Chan Kim e Renée Mauborgne, in “Strategia Oceano Blu. Vincere senza competere”, definivano un oceano rosso, ovvero un mercato altamente competitivo dove vi è una lotta continua tra competitor per aggiudicarsi una parte maggiore della domanda.
Come raccontato da lei stessa in un’intervista rilasciata a Repubblica, Norma Cerletti ha iniziato l’attività da libera professionista pochi mesi prima dello scoppio della pandemia, trovandosi costretta a cercare nuove strade per raggiungere i suoi potenziali clienti. Dopo una prima sperimentazione su TikTok, dove lancia l’hashtag #imparacontiktok, Norma apre il suo account Instagram e qui inizia a proporre un format originale.
Inizialmente il suo focus è la pronuncia: attraverso post e stories affronta i più comuni problemi che incontra un italiano che studia inglese. Le storie che pubblica hanno un comun denominatore: sono divertenti, fatte su misura per un canale come Instagram, dove le persone amano passare il tempo dello svago e cercano momenti di distrazione dalle loro attività quotidiane.
Ogni settimana viene affrontato un nuovo argomento, con appuntamenti fissi come il giorno del ripasso e quello dei quiz per testare il proprio livello di apprendimento. I follower di @normasteaching crescono rapidamente arrivando a superare i 740.000 utenti, con indici di engagement rate e view rate[3] molto positivi. Norma ha trovato la chiave per uscire dall’oceano rosso dei corsi di inglese differenziandosi dai concorrenti grazie all’utilizzo innovativo di Instagram, che le ha consentito di sviluppare un proprio specifico modello di business.
Gli ingredienti del successo di Norma’s Teaching
Quali sono le ragioni del successo di @normasteaching? La prima, a mio avviso, è il coraggio di mettersi in gioco in prima persona. Sui social, infatti, non vogliamo entrare in relazione con brand, servizi clienti o entità astratte, ma con persone. Non solo persone reali, ma persone che siano in grado di trasmetterci la loro verità, il loro essere vere.
Norma è la ragazza della porta accanto, incredibilmente naturale, spontanea e divertente, ma anche così umana quando si commuove per il lancio della sua piattaforma di corsi online. Norma suscita empatia. Le sue stories non solo ci divertono, ma ci spingono a tifare per lei.
La seconda è il coraggio dell’imperfezione. I post e le stories di @normasteaching non hanno un’apparenza perfetta, non sembrano realizzati da uno studio di grafica, ma si contraddistinguono per una matrice decisamente artigianale.
Naturalmente nel tempo l’immagine si è evoluta diventando più professionale, ma permane la sensazione che Norma abbia realizzato i post in prima persona e che sia più interessata ai contenuti che alla forma. Questa naturalezza rafforza quella sensazione di autenticità che genera una reazione di simpatia.
La terza ragione di successo risiede, a mio avviso, nel coraggio di utilizzare la piattaforma social senza snaturarla, ma sfruttando al meglio le sue caratteristiche per valorizzare le sue potenzialità, sfruttandone al meglio le caratteristiche. Contenuti brevi, divertenti, che fanno giocosamente leva sulle debolezze degli italiani alle prese con l’inglese e invitano a una partecipazione attiva utilizzando i commenti.
Conclusioni
Le sperimentazioni in corso sull’uso dei social network per fare formazione sono numerose, con alcuni tentativi decisamente riusciti e altri meno. Non solo il ventaglio di tematiche esplorato è ampio, ma la scelta della piattaforma social influisce inevitabilmente sulle scelte comunicative e di linguaggio e consente di arrivare a tipologie diverse di pubblico.
Un fenomeno da osservare con curiosità e attenzione per capire se quello tra formazione e social network sarà un’infatuazione destinata velocemente a finire o un rapporto di lunga durata.
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Note
- Fonte: Report Digital 2022 – Italy, redatto da We Are Social in partnership Hootsuite ↑
- Per citarne qualcuna delle più note: Babbel, Duolingo, Skyeng ↑
- Questi indici misurano il livello di interazione degli utenti e di visualizzazione dei contenuti pubblicati. ↑