Negli ultimi anni studi internazionali (es. McKinsey, 2014) hanno evidenziato il cosiddetto problema dello skills gap: nonostante l’alto tasso di disoccupazione, le aziende lamentano di non riuscire a coprire tutte le posizioni aperte e di non reperire sul mercato le competenze che farebbero la differenza per il loro business. La preparazione degli studenti al mondo del lavoro viene considerata adeguata da scuola e università, ma non dalle aziende – e nemmeno dai giovani stessi. Si noti però che – almeno nel Regno Unito – questa carenza sia sentita non tanto sulle competenze di dominio, ma su quelle soft. Il titolo di studio non è più né l’unico né il principale driver di un’assunzione: quello che il datore di lavoro cerca sono competenze spesso nuove e interdisciplinari, capacità di fare, attitudini: caratteristiche e soft skills tanto preziose quanto difficili da valutare e individuare.
Come si esce da questa empasse? Una via da più parti indicata è quella di dare il giusto peso all’apprendimento costante, lifelong e lifewide. Si impara sempre, si è sempre un learner. Anche fuori dalle aule, anche dopo aver terminato la fase della vita tradizionalmente votata all’educazione. Si impara a volte senza rendersene conto: pensiamo alle esperienze di volontariato. E come dare valore a tutte queste competenze, che arricchiscono il profilo professionale di ciascuno rendendolo unico, e prezioso per le aziende?
Lo strumento tecnologico attualmente più esplorato a questo scopo dalla community internazionale che si occupa di education technology e lifelong learning è quello degli Open Badge: un sistema di micro-credentials, in grado di testimoniare – in modo sicuro e controllabile – che una data competenza è stata verificata in una data persona, descrivendo con il giusto dettaglio la competenza stessa, la modalità di verifica e l’identità di verificato e verificatore. In questo modo si ottengono dei micro-attestati digitali, per competenze atomiche, che possono essere collezionate per descrivere profili più articolati. La chiave di questo sistema è – online come offline, senza nulla inventare – la fiducia e la reputazione: non si tratta di autodichiarazioni come sul classico CV, nè di conferme fra pari come su Linkedin. Si tratta di una dichiarazione di fiducia da parte dell’ente che assegna il Badge nei confronti della persona che lo riceve, per tramite dell’ente che lo verifica – se diverso – e dei materiali formativi eventualmente messi a disposizione.
Un Open Badge è un oggetto estremamente semplice, standard ed interoperabile: è un’immagine PNG corredata di metadati che seguono il formato Open Source promosso da Mozilla Foundation e sviluppato da una vivace community internazionale. Un Open Badge viene generato da una Open Badge Factory per conto di chi lo assegna (l’ente issuer), ma poi è di proprietà di chi lo riceve (il Badge owner): non è legato a una specifica piattaforma, se non per verificarne la validità. Nella sua innovativa semplicità l’Open Badge può quindi essere l’elemento primario su cui costruire un nuovo modo di valorizzare le competenze – create, acquisite e messe alla prova nei più vari contesti.
Accanto a molte esperienze internazionali ed europee, ciascuna con il suo focus e la sua “filosofia”, in Italia la piattaforma Bestr sta lavorando per costruire un ecosistema basato sugli Open Badge, orientato in particolare al mondo del lavoro ed ai problemi sopra evidenziati, offrendosi come strumento per valorizzare le competenze e renderle visibili laddove sono nascoste. Il progetto, targato Cineca, propone gli Open Badge come un modo con cui coloro che si occupano di formazione (Atenei e centri di formazione, ma anche aziende con le loro academy interne, regioni, pubbliche amministrazioni, associazioni di volontariato…) possono definire le competenze ed il modo di verificarle; le aziende possono dare il proprio endorsement alle competenze che ritengono utili; i learner da un lato attestano le competenze che possiedono ottenendo e mostrando Badge, dall’altro possono trovare sulla piattaforma ispirazione per la propria crescita professionale in termini di Badge da conquistare.
Si tratta insomma di rimettere in moto un meccanismo inceppato, riabilitare una comunicazione interrotta, recuperare tutto il valore che esiste ma è sommerso e dare il giusto stimolo a produrre quel che serve al Paese – e fare tutto ciò con gli strumenti digitali, che rappresentano il più grande driver di innovazione del nostro tempo.