Le competenze digitali sono oggi al centro di un grande dibattito, che riguarda soprattutto la loro definizione, i modi in cui esse sono apprese e in cui dovrebbero essere insegnate. In questo articolo intendo chiarire due distinzioni necessarie a comprendere meglio il tema in questione e, successivamente, mettere a confronto cinque importanti framework concettuali sulle competenze digitali (Van Dijk 2005, Ferrari 2012, Helsper & Eynon 2013, Van Djik & Van Deursen 2014, Van Deursen, Helsper, Eynon 2015) elaborati negli ultimi dieci anni.
L’obiettivo è tentare di individuare qualche tendenza generale nell’evoluzione dell’analisi teorica tali competenze. Per quanto riguarda il concetto di competenze digitali, possiamo prendere come punto di partenza la definizione proposta dal Parlamento Europeo, oggi considerata come punto di riferimento nel dibattito: “Le competenze digitali di base sono le capacità di utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie dell’informazione per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Sono quindi competenze utili a tutti i cittadini per poter partecipare alla società dell’informazione e della conoscenza ed esercitare i diritti di cittadinanza digitale. Le competenze digitali si fondano su “abilità di base nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet”
Un modo per analizzare le competenze digitali è creare un framework concettuale, cioè uno schema teorico, attraverso cui identificare e classificare le competenze in questione. Negli ultimi anni, sono stati elaborati diversi framework, con lo scopo di capire come cambiano le competenze in relazione allo sviluppo tecnologico e al diffondersi degli strumenti digitali tra le diverse fasce di popolazione. In primo luogo, è necessario distinguere due tipi differenti di framework per le competenze digitali, che talvolta rischiano di essere confusi. La prima tipologia si riferisce a quell’insieme di competenze che sono necessarie a tutte le persone per riuscire ad approfittare delle occasioni che il digitale oggi fornisce (riuscendo, di conseguenza, a neutralizzare i suoi rischi). Questa prima accezione di competenze digitali coincide in sostanza con il concetto di competenze di “cittadinanza digitale”.
La seconda tipologia di framework si riferisce invece a tutte quelle competenze che dovrebbero essere possedute dai lavoratori del settore ICT. Detto in altri termini, alcuni framework cercano di catturare le competenze digitali necessarie a tutti i cittadini digitali mentre altri mirano a catalogare le competenze necessarie ai professionisti che lavorano nell’ambito del digitale. Purtroppo, talvolta ci si riferisce ad entrambi come a “framework per le competenze digitali”, nonostante sarebbe più corretto distinguere framework per le competenze digitali e framework per le competenze ICT. Esistono due documenti teorici ufficiali della Comunità Europea che riflettono in modo netto questa differenza tra le due interpretazioni del concetto di competenza digitale, cioè Digcomp (Ferrari 2012) e ECF.
Mi concentrerò ora sulle competenze digitali (e non sulle competenze ICT), perché rappresentano le competenze di maggior interesse, in quanto possedute da tutti i cittadini e non solo da un segmento particolare di professionisti. La letteratura sociologica si è focalizzata principalmente su queste competenze perché interessata a capire le ragioni e le conseguenze della loro sperequazione tra i diversi segmenti sociali.
Per leggere adeguatamente i framework presi in esame, però, è necessario introdurre una seconda distinzione, questa volta all’interno delle competenze digitali. Si tratta della distinzione tra competenze operative e competenze critiche, che risulta essere messa in particolare risalto da Van Djik e Van Deursen (2014) e da Helsper & Eynon (2013). Le prime sono competenze tecniche, mentre le seconde sono competenze di natura più trasversale e per molti versi indipendenti dai mezzi tecnologici (Gui 2009, p. 64). La capacità di scrivere un testo correttamente con un programma di videoscrittura (e quindi di saper modificare il tipo di carattere, di giustificare i margini, di inserire un’immagine nel documento, ecc.) rappresenta una competenza di tipo operazionale. D’altro canto, la capacità di valutare l’affidabilità delle informazioni presenti in una pagina web rappresenta una tipica competenza digitale critica. La ricerca mostra che mentre le competenze operative sono dette anche “competenze d’uso” e possono essere acquisite e consolidate attraverso l’utilizzo frequente degli strumenti, le competenze digitali critiche sembrano essere meno sensibili alla frequenza d’utilizzo in generale e più difficilmente acquisibili (Van Djik e Van Deursen 2014, p. 121). È doveroso notare che non in tutti i casi è possibile distinguere le digitali critiche dalle operative in modo netto, perché talvolta alcune competenze sembrano richiedere una combinazione di capacità di entrambi i tipi. Nonostante ciò, i dati sperimentali sembrano confermare che tale costrutto teorico è empiricamente fondato.
Veniamo quindi alla comparazione tra i framework. Un primo elemento evidente è la totale assenza delle competenze operative in uno dei framework oggi più diffusi e autorevoli, Ferrari (2012), che rappresenta la base teorica del DIGCOMP (come detto sopra, esso costituisce un documento ufficiale della EU sulle competenze di cittadinanza digitale). Pur essendo stato elaborato nella sua prima versione quattro anni fa, oggi esso è uno dei punti di riferimento più importanti all’interno del dibattito. Come mai in questo schema non troviamo alcun riferimento alle competenze operative? Una possibile risposta a questa domanda può essere fornita focalizzando l’attenzione sull’evoluzione tecnologica degli ultimi vent’anni, che ha portato allo sviluppo di strumenti sempre più user-friendly, cioè facili da usare. Se prima dell’avvento di Windows per riuscire ad utilizzare efficacemente un PC era necessario possedere delle competenze nell’ambito della programmazione, con il passare del tempo l’interfaccia della maggior parte delle applicazioni è stata resa via via più intuitiva e accessibile anche ai non esperti. Le competenze operative sembrano quindi passare in secondo piano, in quanto rese meno necessarie dallo sviluppo di design cognitivi e interfacce più efficaci. Per converso, diverse attività che mettono in gioco in modo sostanziali capacità di tipo critico, come la ricerca di informazioni e la pubblicazione di contenuti, sono diventate sempre più frequenti tra gli utenti.
Altro aspetto interessante che emerge dalla comparazione è la comparsa, in uno dei framework più recenti, di una competenza specifica dedicata al mobile. Ciò sembra riflettere il massiccio aumento di diffusione dello smartphone che è stato registrato negli ultimi cinque anni, avvenuto anche a scapito dell’utilizzo degli apparecchi fissi. In particolare, la differenza tra le competenze digitali richieste dallo smartphone e quelle richieste dai PC si manifesta soprattutto a livello di applicazioni GPS (uso di sistemi di navigazione), di realtà aumentata e di creazione dei contenuti multimediali (attraverso fotocamera).
Appare poi evidente come in tutti i framework più recenti siano state individuate delle competenze social o comunicative, contrariamente al framework più datato tra quelli considerati (Van Dijk 2005), che è stato sviluppato in un periodo in cui la comunicazione e le attività social occupavano ancora uno spazio marginale nel mondo digitale. Anche nel caso delle competenze social o comunicative, la dimensione critica sembra occupare uno spazio notevole. Per riuscire a comunicare in modo efficace, infatti, non solo è necessario conoscere gli strumenti comunicativi (social network, strumenti di i.m., ecc.) e le tecniche comunicative (hashtag,) proprie del mondo digitale, ma è imprescindibile anche saper gestire in modo intelligente la propria o le proprie identità digitali, comunicare rispettando la cosiddetta netiquette e saper sfruttare la natura cooperativa del web.
Come ultima osservazione comparativa, possiamo notare che le competenze relative alla sicurezza sono identificate esplicitamente solo da Ferrari (2012), mentre negli altri casi esse non sono presenti, probabilmente perché considerate incluse in tipologie di competenze diverse e trasversali.
Riassumendo quanto detto, per comprendere in modo corretto il dibattito sulle competenze digitali e per evitare confusioni è necessario distinguere le competenze digitali dalle competenze digitali per i professionisti ICT. All’interno del primo tipo di competenze, a sua volta, devono essere distinte le competenze operative da quelle critiche. Entrambe sono state studiate e catalogate attraverso l’elaborazione di diversi framework concettuali, la cui comparazione ci ha permesso di registrare alcune tendenze che dipendono in buona parte dal modo in cui le tecnologie digitali sono state sviluppate. Uno degli aspetti maggiormente problematici che è emerso è certamente lo squilibrio tra l’importanza assunta dalle competenze digitali critiche – che possiamo inferire anche dall’assenza delle competenze operative in alcuni framework più recenti – e la difficoltà a sviluppare tali competenze in modo autonomo. Questo squilibrio necessita di essere colmato e per questo è necessario, in futuro, che la ricerca fornisca indicazioni più robuste sul modo in cui è possibile favorire lo sviluppo delle competenze digitali cosiddette critiche.