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Competenze digitali, i paradossi di un allarme ignorato dal Governo

Anche l’Autorità Garante delle Comunicazioni, nella recente relazione annuale, ha sottolineato come le carenze di competenze digitali, strutturali, siano il principale ostacolo per l’Italia per sfruttare i benefici del digitale. E occorre una strategia e un programma globale. Intanto non va perduta l’opportunità di DIGCOMP

Pubblicato il 07 Lug 2016

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Il più recente grido di allarme è stato lanciato nella relazione annuale AGCOM presentata il 5 luglio al Parlamento: “Per catturare pienamente i benefici economici e sociali dell’era digitale è necessario intervenire non solo sui problemi di infrastrutturazione e di accesso ma anche sul fronte della domanda. Sotto questo profilo, il principale ostacolo allo sfruttamento delle potenzialità connesse all’utilizzo di Internet è rappresentato dalla carenza di competenze digitali”. E il presidente Cardani, nella sua presentazione, ha sottolineato: “Esiste in Italia un problema strutturale di competenze digitali, ossia di capacità che consentono di utilizzare con un certo livello di confidenza (familiarità e spirito critico) le tecnologie dell’informazione per lavoro, tempo libero e socializzazione. Infatti, le componenti dell’indice DESI relative agli skill evidenziano come, in Italia, meno della metà di coloro che accedono a Internet regolarmente possiede competenze digitali di base. Il tutto in un sistema con una minore disponibilità di lavoratori specializzati in ICT (2,5% di occupati rispetto ad una media dell’EU del 3,7%, nel 2015) e, a monte, da un ridotto numero di individui con formazione scientifica”.

Principale ostacolo. Carenza strutturale. Significa riconoscere che il tema delle competenze digitali non può essere trattato come tema di contorno, sul quale possono essere significativi interventi indiretti o per il quale ci si può attendere un’evoluzione fisiologica. Insomma, non si può sperare che la carenza si superi grazie al passare del tempo e all’evoluzione delle tecnologie.

Non solo, ma l’enfasi

  • sull’essere “principale ostacolo” alle opportunità della rete implica la necessità di interventi immediati e dai risultati rapidi;
  • sulla dimensione “strutturale” della carenza implica che gli interventi devono consentire cambiamenti profondi, ampi (su tutto il sistema educativo e sull’intera società) ma che proprio per questo è impensabile che possano essere prodotti recuperi magicamente veloci.

E se l’AGCOM non può, per il suo ambito di competenza, che proporre “campagne di comunicazione” per fronteggiare questo tema, è chiaro, proprio per l’analisi fatta, che questi interventi, da soli, non possono incidere sulla carenza di competenze. Che sono strutturali, non di superficie. Non si tratta di mancanza di informazione.

Per una strategia nazionale

Ci sono tutti gli elementi per ritenere, quindi, che il tema delle competenze digitali sia strategico e insieme urgente, pervasivo e complesso, che interessa tutte le generazioni e tutte articolazioni della popolazione italiana (il nostro ritardo è di sistema, strutturale).

Ma non abbiamo una strategia complessiva, con un programma nazionale in grado di affrontare il problema con l’energia, la forza e l’attenzione necessarie.

Lo ha scritto la Commissione Europea nell’ultimo report sulla situazione del digitale nei diversi Paesi: in Italia in particolare il rischio è che lo sviluppo digitale possa rivelarsi non proficuo per parte della popolazione “L’Italia non ha una strategia globale “digitale di default”, ma ha introdotto alcuni servizi basati su tale principio, come l’iscrizione nelle scuole superiori e le dichiarazioni dei redditi. Tuttavia, a causa delle scarse competenze digitali tra la popolazione, senza una strategia di accompagnamento per le competenze digitali queste azioni aumentano il ricorso a intermediari professionisti, incrementando i costi per gli utenti finali”.

E anche Agid ha sottolineato come dal DESI 2016 emerga che “uno degli interventi strategici più urgenti per accelerare il processo di trasformazione digitale del nostro paese è quello di ridurre il gap in termini di competenze digitali”.

Tutti d’accordo: urgente, necessario.

Ci vorrebbero quindi convergenze di sforzi e risorse, valorizzazione e capitalizzazione delle esperienze virtuose (che pur ci sono), una visione dell’Italia del prossimo futuro, una regia, necessariamente articolata e multistakeholder.

Penso che questo tema (delle competenze, non solo digitali) debba essere l’ossessione di questo Paese, perché dal riuscire ad affrontarlo dipende il suo futuro di sostenibilità e autonomia, e che la sua vasta articolazione non renda possibile affrontarlo a compartimenti stagni, e che ciascun ministero, ciascuna agenzia e ciascun ente locale abbia programmi di intervento non comunicanti e non correlati. Un passaggio credo necessario sia la costituzione di una task force governativa, per una strategia unica e organica, e un programma di interventi coordinato e capillare.

DIGCOMP e le competenze digitali di base

Per recuperare rapidamente il divario è necessario partire da framework consolidati.

Per l’ambito delle competenze digitali di base un framework, consolidato, anche a livello europeo, che possa rapidamente essere utilizzato per le iniziative di sviluppo, grazie anche alla possibilità di disporre di esperienze di confronto e materiali di supporto è ormai con chiarezza DIGCOMP, sviluppato nell’ambito di un progetto europeo e considerato nel DESI come il modello su cui basare le rilevazioni sul livello delle competenze digitali.

Di DIGCOMP è da poco stata pubblicata la prima parte della versione 2, con l’evoluzione del quadro delle competenze, mentre in autunno sarà pubblicata la parte relativa alla definizione dei livelli di competenza.

Questa evoluzione recepisce i risultati delle principali esperienze di applicazione e, tra gli altri punti cardine, inserisce in modo esplicito la cultura dei dati come componente essenziale delle competenze digitali. Così, ad esempio, la competenza informativa si amplia alla capacità di lettura e analisi dei dati. In un quadro dove sempre più i dati diventano disponibili, infatti, ai cittadini è richiesta la capacità di comprensione, precondizione per il riuso, in ottica di controllo civico, di partecipazione informata, di esercizio pieno della cittadinanza, di abilitazione delle pratiche di open government.

DIGCOMP è quindi sempre più uno strumento essenziale da utilizzare per colmare il gap. Non a caso, è stato indicato come uno dei framework di riferimento per le competenze digitali di base dalla Coalizione per le competenze digitali promossa da AgID, e anche dal Miur nel Piano Nazionale Scuola Digitale.

Intanto sono sempre di più le esperienze di utilizzo di DIGCOMP nel nostro Paese per la valutazione delle competenze, per la definizione di moduli formativi, in ambito di alfabetizzazione digitale dei cittadini, in ambito scolastico, in ambito lavorativo. Ci sono già traduzioni italiane di buon livello che possono essere riusate e velocizzare la diffusione di DIGCOMP. Ed è infatti in questo senso che è stata lanciata l’iniziativa di AgID, nell’ambito del programma della Coalizione per le Competenze Digitali, per una traduzione nazionale di DIGCOMP 2.0 (partendo dalla prima fase già pubblicata). L’iniziativa, auspicata, è molto rilevante perché consente di unire gli sforzi di traduzione e poter poi più facilmente condividere i prodotti che ne scaturiranno (applicazioni per l’autoassessment, materiali formativi e divulgativi, ecc..) e anche le declinazioni specifiche per contesto-ambito, per iniziare a misurarsi e a indirizzare le azioni di formazione, basandosi su esempi già sperimentati come quello andaluso. Un piccolo passo di un programma nazionale strategico che diventa sempre più urgente, ma che ha bisogno della proattività di tutti.

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