Parto da tre immagini, in qualche modo simboliche anche sul tema delle competenze digitali:
· il 29 novembre, al convegno sulle “Competenze Digitali motore dell’Innovazione”, il direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale Ragosa riprende la mappa dell’Agenda Digitale come raffigurata dalla Cabina di Regia del governo Monti, riaffermando che le competenze digitali sono state definite come uno dei sei assi strategici;
· allo stesso convegno del 29, il commissario Caio afferma che, di fatto, non si può pensare di recuperare il ritardo accumulato con azioni in continuità, semplicemente accelerando il passo, perché non è che “rischiamo di perdere il treno”, ma “abbiamo perso il treno” ;
· per più di una settimana (e comunque ancora il 6 dicembre) il sito della Cabina di Regia è entrato in manutenzione e i relativi contenuti non sono stati più accessibili. Evidentemente non ritenuti di importanza significativa.
Discontinuità, dunque. Ed è evidente che sul fronte delle competenze digitali, fondamentale, il nostro Paese non solo abbia forti carenze, ma anche manchi di una strategia nazionale che renda merito all’enunciazione iniziale delle competenze digitali come “asse strategico”.
La situazione italiana è stata ben inquadrata nel corso del 2013 da diverse rilevazioni e indagini. Solo per citarne e ricordarne alcune delle più significative a livello internazionale:
· La scoreboard dell’Agenda Digitale Europea vede l’Italia lontana dalla media europea con il 50% di utenti Internet “regolari” e quasi il 40% di popolazione che non ha mai usato Internet, e con Paesi in ritardo (come la Polonia, la Romania, il Portogallo) che si muovono con tassi decisamente più elevati e via via raggiungono livelli migliori di quelli italiani.
· I dati Ocse – Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), che analizzano le competenze matematiche e linguistiche della popolazione, mostrano come su 24 Paesi esaminati siamo il fanalino di coda nelle competenze linguistiche e al penultimo posto in quelle matematiche, con un distacco del 10 per cento dalla media Ocse in entrambi i campi. Con il 70 per cento della popolazione che ha competenze ritenute al di sotto del “minimo indispensabile per vivere e lavorare nel XXI Secolo“.
· I dati Ocse – Pisa , da cui si rileva che le competenze di matematica, lettura e scienze degli studenti quindicenni italiani restano inferiori alla media dei coetanei negli altri Paesi industrializzati, con il Paese che si posiziona al 32esimo posto su 65 Paesi.
Chiaramente si rileva come il tema non sia solo di “ignoranza digitale” (che l’AICA nel 2011 ha stimato provoca un danno quantificabile in 346 euro annui per addetto della pubblica amministrazione locale), ma, insieme, di analfabetismo funzionale, e che l’offerta limitata di infrastrutture e servizi crei certamente un contesto non favorevole allo sviluppo di una cultura digitale nel nostro Paese, ma altrettanto evidentemente non ne costituisce la causa.
Infatti, in assenza di una strategia organica, anche le eccellenze talvolta raggiunte in alcuni campi (vedi qualche area di servizio e-gov) sono rese inefficaci dal circolo vizioso di un contesto negativo legato alle carenze sul sistema digitale di cui sono elementi fondamentali le infrastrutture tecnologiche, le normative, il tessuto economico e le competenze digitali dei cittadini.
Sembra però di intravedere degli elementi che possono autorizzare ad un certo “ottimismo della volontà” (per cui si può essere ottimisti su uno scenario se allo stesso tempo si opera per costruire le condizioni perché si realizzi: in qualche modo, la visione positiva della profezia che si auto-avvera). Eccone alcuni:
· Le Regioni stanno procedendo (anche se ancora non in modo omogeneo sul territorio) con la definizione e l’attivazione delle agende digitali regionali. L’ultimo esempio in ordine di tempo è quello della Regione Umbria , che è tra l’altro il risultato anche di un processo partecipativo che ha visto coinvolta una parte significativa della popolazione e che si basa su una governance in cui il tavolo multistakeholder “dell’Alleanza” ricopre un ruolo centrale;
· L’Agenzia per l’Italia Digitale, a dispetto della perdurante assenza dello Statuto costitutivo, del vuoto strategico del governo su alcuni temi dell’agenda digitale e del ritardo su diverse iniziative, ha scelto di muoversi quasi in funzione di sussidiarietà, lì dove possibile. Il Tavolo di coordinamento per il Piano Nazionale della cultura, della formazione e delle competenze digitali è un esempio positivo e significativo in tal senso. Con una gestione aperta, indirizzata al perseguimento dell’obiettivo e alla necessità di mettere in rete esperienze, competenze ed energie, questa iniziativa può riuscire nel “miracolo” della proposta di una strategia e di un piano di azione realmente prodotti in una logica multistakeholder e a partire da esperienze concrete;
· Il Miur ha iniziato a rivedere il Piano Nazionale Scuola Digitale (che ha avuto non poche critiche e osservazioni da parte dell’OCSE) ponendo il tema delle competenze digitali come centrale e, tra l’altro, avviando il passaggio da una logica di pianificazione top-down ad una di valorizzazione delle reti di scuole, anche attraverso l’abrogazione dell’obbligo di adozione dei libri di testo e mostrando una consapevolezza sul tema del digitale forse mai presente in questo modo;
· Diverse iniziative (open data, comunità intelligenti, Open Government Partnership) iniziano a uscire dalla nicchia di settore in cui sono state collocate e mostrano di poter contaminare il tessuto socio-economico, e le stesse pubbliche amministrazioni. Certamente anche grazie al contesto internazionale, che ci rende evidente la nostra generale inadeguatezza. Il grande successo del Maker-Faire di Roma e dell’attenzione crescente per l’esperienza dei FabLab testimoniano anch’essi che la “spinta dal basso” diventa via via sempre più forte e non potrà essere elusa ancora per molto.
Naturalmente, questi elementi da soli non bastano per la ricostruzione attesa, per la trasformazione di cui abbiamo bisogno. L’inerzia di questi anni conduce a evidenziare i forti rischi di una sostanziale e suicida stagnazione. Però questi piccoli segnali positivi possono essere fondamentali per avviarci su un nuovo percorso, soprattutto se si realizzano nei prossimi mesi alcune condizioni specifiche di sviluppo:
· Il Tavolo dell’Agid sulla cultura e sulle competenze digitali sia posto nelle condizioni di poter realmente incidere sia dal punto di vista dell’orientamento strategico sia dal punto di vista del coordinamento delle azioni sulle competenze digitali svolte dai diversi attori istituzionali e sociali. In altri termini, non manchi mai il committment governativo (anzi, la Cabina di Regia lo ribadisca in modo forte) e ci sia una presa in carico, da parte delle istituzioni, degli interventi da attuare;
· Le comunità che stanno spingendo sui temi correlati dell’agenda digitale (Open Data, Open Innovation) acquistino sempre maggiore consapevolezza della propria possibilità di incidere attraverso un consolidamento delle reti di collaborazione e interscambio;
· Le Regioni che già hanno una strategia locale sul tema delle competenze digitali mostrino nei fatti l’efficacia di una visione e di un’azione organica sulla trasformazione digitale, facendosi punto di riferimento ed esempio per il Paese;
· Nelle forze politiche nazionali, anche sulla spinta della necessità di rinnovamento e dell’avvento del semestre europeo di guida italiana e delle elezioni europee, prevalgano nuove energie e nuove competenze, più attente e consapevoli dei temi del digitale. Con adeguate competenze digitali.
L’auspicio, o il desiderio, è che questo possa essere l’anno in cui si avvia il superamento dei modelli attuali (a partire da quello del lavoro) e si innesta la consapevolezza della necessità di un’operazione in discontinuità.
Il 2014, per l’Italia, sia l’anno delle competenze digitali.