Di competenze digitali si è discusso a lungo in questi anni, attribuendo al termine “competenze digitali” valenze e significati diversi.
Molti dei limiti dimostrati dalle PA italiane nel processo di digitalizzazione sono stati imputati alle scarse competenze digitali di cui soffrono i dipendenti pubblici, soprattutto quelli più anziani.
Il concetto di competenze digitali, tuttavia, è stato spesso inteso o come il “sapere” e la “competenza” informatica, “le abilità tecniche” o, viceversa – assumendo un approccio minimalista – l’abilità nell’utilizzare, da parte dei lavoratori, in modo elementare, gli strumenti informatici e i software.
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Le competenze nel PNRR
Entrambi questi approcci mi sembrano, soprattutto oggi, alla luce dei contenuti del PNRR fortemente limitativi.
Chi ha letto il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sa che molti degli obiettivi che il Piano pone al nostro Paese riguardano l’accelerazione del processo di digitalizzazione della PA, e l’acquisizione di competenze digitali (alfabetizzazione digitale) sia da parte dei lavoratori, che da parte dei cittadini.
Il raggiungimento di questi obiettivi, poiché essi attengono a profondi cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e nell’erogazione dei servizi, presuppone una visione non centralistica ed impositiva.
Il processo di digitalizzazione dipanerà tutti i suoi benefici solo attraverso un profondo e consapevole coinvolgimento dei lavoratori e dei cittadini.
Il Decreto Legislativo n. 80/2021 (convertito in legge e pubblicato in G.U. il 7 agosto 2021) all’articolo 6, laddove si propone di accorpare i diversi strumenti di programmazione oggi utilizzati dalle PA -e dai Comuni in particolare- in un unico “Piano Integrato di attività ed organizzazione”, pone una forte attenzione al processo di programmazione delle attività rivolte ad incrementare le competenze digitali.
Testualmente si afferma che vanno definite nel Piano politiche finalizzate alla pianificazione del “raggiungimento della completa alfabetizzazione digitale” dei lavoratori. Tutto ciò accompagnato “dallo sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali”. (v. comma b).
Competenze digitali, c’è la strategia dell’Italia: perché è passo importante
Il termine “competenze digitali” viene perciò associato a quello, concettualmente molto più completo, di alfabetizzazione digitale.
Il processo di alfabetizzazione digitale interessa, naturalmente, sia i dipendenti che i cittadini. La digitalizzazione della PA, infatti avrà successo anche attraverso una estensione dei meccanismi di domanda e di offerta dei servizi in modalità digitale. Insomma, nessun processo di digitalizzazione della PA potrà essere autoreferenziale.
Per fare un esempio, l’estensione di SPID come sistema unico di identificazione avrà pieno successo (e già lo sta avendo) se, assieme alla estensione dei servizi offerti dalla PA, corrisponderà una capacità/consapevole dei cittadini nell’utilizzare questi servizi. Insomma, il successo del meccanismo di domanda e offerta.
Come si capirà, nel processo di pianificazione che le PA dovranno obbligatoriamente sviluppare entro il 31 gennaio 2022 l’alfabetizzazione digitale (competenze) dovrà assumere un ruolo centrale, non ancillare, come spesso è avvenuto in questi anni.
Il Syllabus delle competenze digitali della PA
Naturalmente non si parte dall’anno zero. Da qualche anno, ad esempio, con un ottimo lavoro, -purtroppo non più aggiornato dopo il luglio del 2020- il Dipartimento per la Funzione Pubblica (supportato da un gruppo di esperti) ha redatto il “Syllabus delle competenze”.
“Il Syllabus “Competenze digitali per la PA” è il documento che descrive l’insieme minimo delle conoscenze e abilità che ogni dipendente pubblico, non specialista IT, dovrebbe possedere per partecipare attivamente alla trasformazione digitale della pubblica amministrazione.”
Syllabus “Competenze digitali per la PA”: cos’è cambiato nella versione 1.1
Il Syllabus rappresenta una ottima base per coloro che dovranno pianificare i contenuti formativi da rivolgere ai dipendenti per attuare le politiche richieste dalla nuova normativa e dal PNRR.
Tuttavia, ritengo sbagliata l’idea che il processo formativo possa iniziare con attività di autovalutazione e di espressione dei “desiderata” individuali.
È l’eccezionalità della situazione ciò che ci deve indurre ad una pianificazione top down dei bisogni formativi. Ovviamente tutto ciò sul piano più generale, lasciando ad attività più puntuali il soddisfacimento dei bisogni individuali formativi che non andranno né esclusi, né mortificati. Ma, ripeto, in questo momento le PA hanno bisogno di una rigorosa pianificazione delle attività di formazione finalizzate a consolidare l’alfabetizzazione digitale dei dipendenti.
In primis, l’acquisizione di competenze digitali andrà “attualizzata”.
Non solo Office, gli input culturali e abilitativi per affrontare questa nuova fase
Senza esagerare, è finita la fase, anche nei piccoli comuni, in cui le competenze digitali si sposavano con la capacità di spedire una mail, una pec, o di utilizzare la video scrittura. Garantisco che ci sono ancora amministrazioni dove si identificano le competenze digitali di base con l’abilità nel saper utilizzare un pacchetto office o utilizzare un software gestionale.
“Attualizzare” è il saper leggere strategicamente ciò -gli obiettivi- che è richiesto dal PNRR e da tutta la normativa rappresentata dal CAD e dalle linee guida AGID.
In primis, mi riferisco a tutto ciò che definisco l’utilizzo delle “piattaforme di interoperabilità” e le “piattaforme abilitanti”.
Nei prossimi mesi sempre di più sarà necessario, da parte delle PA, rendere disponibili ai cittadini servizi on line utilizzando SPID, gestire i processi di riconciliazione contabile indotti dall’estensione dell’utilizzo di pagoPA, aumentare il numero dei servizi presenti sull’app IO, monitorare l’evoluzione dei servizi offerti da ANPR, gestire gli SPID per delega e il flusso in entrata di PEC conseguente all’introduzione del domicilio digitale del cittadino, gestire, aggiornare, rendere accessibili i contenuti dei siti web istituzionali.
I Comuni (l’articolazione prevalente della PA) saranno fortemente, ancora di più, interessati da una domanda di implementazione ma, soprattutto, di sostegno, e di assistenza ai cittadini nell’erogazione dei servizi on line.
Il Piano di acquisizione di competenze digitali dovrà concentrarsi nel dare ai lavoratori gli input culturali e abilitativi necessari ad affrontare questa nuova fase. Nel passato ciò non è avvenuto e i risultati sono sotto gli occhi di tutti noi.
Va messo fine alla fase in cui la risoluzione dei problemi era affidata ai fornitori di software e alla disperata speranza di proroghe. L’acquisizione di adeguate competenze e di alfabetizzazione digitale deve avere anche come obiettivo il raggiungimento della piena autonomia culturale nei confronti dei fornitori e, conseguentemente, per decidere in piena autonomia -come peraltro prevede la legislazione- quali modelli organizzativi adottare.
La riorganizzazione “digitale” del back office
Definita una capacità di indirizzare il flusso digitale in entrata (istanze, fatture, ricevute, PEC ecc.), va affrontato il problema maggiore delle PA e dei Comuni, ovvero la riorganizzazione “digitale” del back office.
Per semplificare e attualizzare le necessarie competenze digitali da acquisire rilevo che ci si sta dimenticando che il 1 gennaio 2022 assumeranno la “piena applicabilità” le linee guida di AGID sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici.
Nonostante sia già previsto dalla normativa, la stragrande maggioranza dei Comuni -ma, presumo delle PA – non fascicola digitalmente i propri procedimenti. Questa mancanza non attiene solo il rispetto delle norme archivistiche. La mancata riorganizzazione della gestione dei procedimenti in modalità totalmente digitale attiene l’efficienza e la reingegnerizzazione del ciclo lavorativo delle PA.
Culturalmente, la grande maggioranza dei livelli apicali non è in grado di guidare tale processo. Non si tratta banalmente di “aprire un fascicolo” attraverso il corretto utilizzo di un gestionale. Si tratta, invece, di rileggere e di ridisegnare con “occhi digitali”, da un punto vista organizzativo e gestionale, il back office.
Per i livelli apicali non si tratta di acquisire le “competenze archivistiche”, quanto piuttosto di fare proprie le competenze organizzative digitali.
I gruppi dirigenti e apicali delle PA nel corso del 2022 dovranno acquisire le basi per sviluppare un processo di ridisegno del back office organizzativo digitale in uno scenario che sarà contrassegnato da una profonda digitalizzazione della domanda e dell’offerta dei servizi digitali nelle PA.
E, tale processo, sarà contrassegnato da costanti switch off dettati dal PNRR e dal CAD. Per fare un esempio, la proibizione, a partire dal 30 settembre 2021, dell’utilizzo di identità digitali che non siano SPID/CIE/CNS, ha trovato molte amministrazioni ancora impreparate convinte, spesso dai fornitori, che ci sarebbe stata l’ennesima proroga.
Le competenze per la gestione dei datacenter pubblici
Evidentemente, non voglio trascurare, a titolo esemplificativo, le attività formative da rivolgere a coloro che gestiscono o si occupano dei data center.
Pare che, finalmente, dopo infiniti rinvii, si procederà alla individuazione dei Poli Strategici Nazionali e si procederà alla migrazione dei data center di tipo B e al pieno dispiegarsi della strategia cloud.
Nel leggere il recente documento “Strategia Cloud Italia”, pubblicato dal Dipartimento per la trasformazione digitale e dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, viene definita una metodologia per classificare, prima dei piani di migrazione, le diverse tipologie dei dati. Nel corso del 2022 chi si occupa dei data center dovrà, sulla base di questa metodologia, redigere i propri piani di migrazione.
Ho la convinzione che, soprattutto nei più piccoli enti, tale attività sarà demandata, per assenza di competenze adeguate, alle società esterne “amministratori di sistema”. Tali società, ne sono profondamente convinto, hanno scarso interesse a supportare le Amministrazioni nell’attività di migrazione dal momento che così verrà messa in discussione la loro area di business.
Conclusioni
Considerazione finale. L’acquisizione di competenze digitali sarà finalizzata a supportare il processo di pianificazione della transizione al digitale dell’ente e dei cittadini “attualizzandolo”.
Fino ad ora le PA, hanno subito i processi di digitalizzazione imposti, attendendo proroghe e resistendo, anche per motivi oggettivi, al cambiamento, sviluppando, anche per responsabilità dei fornitori, attività di “digitalizzazione dell’esistente” piuttosto che affrontare la complessità organizzativa e culturale del processo di digitalizzazione.
Il nuovo scenario di competenze digitali dovrà, come evidente, aiutare i dipendenti, nel tempo, in modo processuale, a partire dai livelli apicali, ad affrontare in modo consapevole tale nuovo scenario.