Come affrontare la pervasiva introduzione dell’IA in ogni ambito della vita quotidiana e, in particolare, nel mercato economico e del lavoro? Le sfide all’orizzonte sul fronte delle macchine impongono una celere risposta da parte dell’uomo, il quale, tramite un approccio positivo, è chiamato a rimodulare le proprie competenze rapidamente per evitare la temuta sostituzione con la macchina.
Le maggiori preoccupazioni legate all’introduzione di meccanismi di intelligenza artificiale nei sistemi produttivi risiedono nella possibilità che l’algoritmo rimpiazzi in toto l’uomo nello svolgimento di innumerevoli attività lavorative tramite la sua capacità di emulare le capacità cognitive umane.
Evitare la paventata soccombenza dell’individuo rispetto alla macchina sarà possibile solo tramite un dinamico adattamento, che deve passare per una pervasiva e celere, in parte, rimodulazione e, in parte, rivoluzione delle competenze possedute.
Le azioni per mitigare l’impatto dell’IA sul mercato del lavoro
La paura del facile ed immediato rimpiazzo è una delle prime sensazioni che ha provato la media degli individui da quando l’IA ha cominciato ad essere utilizzata nelle organizzazioni aziendali, così diventando oggetto di regolamentazione europea e nazionale nonché hot topic del momento.
Alcuni sono riusciti a sconfiggere la paura rapidamente, guardando alle potenzialità dell’IA e a come quest’ultima possa, al contrario, rafforzare l’uomo-lavoratore e non sopprimerlo.
Altri permangono ancora con il dubbio circa il futuro della propria professione, interrogandosi, in particolare, se quest’ultima abbia le caratteristiche necessarie per sopravvivere anche a seguito della diffusione degli algoritmi. È bene ricordare, però, che per evitare quanto temuto da molti è necessario un approccio positivo e dinamico, sempre predisposto al rapido adattamento e alla trasformazione.
Comunicare le opportunità dell’IA, il ruolo delle organizzazioni datoriali
In tal senso, un ruolo rilevante è ricoperto proprio dalle organizzazioni datoriali, alle quali spetta, in primis, diffondere la positività tramite una comunicazione pervasiva e diffusa. Comunicazione che deve riguardare le nuove opportunità che l’IA crea, piuttosto che i posti di lavoro che potrebbe sottrarre, enfatizzando il ruolo di mero ausiliario dell’algoritmo rispetto all’uomo-lavoratore e non la sua predominanza nella forza lavoro.
In altri termini, una delle prime azioni che compete alla parte sociale più forte nei rapporti di lavoro è quella di costruire e diffondere l’etica del positivo cambiamento, sia mentale che a livello di bagaglio di skills possedute dalle risorse umane.
Rafforzare la cultura dell’apprendimento
In secondo luogo, in considerazione del fatto che la macchina, in qualità di creazione dell’uomo, possa esprimere al meglio le proprie potenzialità solo tramite l’intervento di quest’ultimo (anche ai sensi dell’art. 14 dell’AI Act che pone la sorveglianza umana quale requisito necessario per la legittima implementazione dell’IA), altra azione da intraprendere consiste nel rafforzamento della cultura dell’apprendimento.
Il lavoratore dovrà essere stimolato e incoraggiato a una formazione continua, che riguardi sia le skills possedute, valorizzandole, che le possibili competenze acquisibili e sfruttabili grazie l’avvento dell’IA. Anche in tale ottica, la valorizzazione e l’apprendimento di competenze possono essere, anzitutto, incentivate dagli stessi datori di lavoro, tramite una fornitura diretta di corsi di formazione per far acquisire al personale già in forza le nuove skills richieste dal mercato improntato sull’ IA ed evitare la conseguente perdita di professionalità.
In sintesi, dunque, sono queste le azioni da intraprendere per “embrace the change and adapt to new technologies” – come sottolineato da Xiaochen Zhang, fondatore e CEO della Società FinTech4Good nonché ideatore del progetto AI2030 –, evitando che la passività nell’affrontare lo sviluppo tecnologico prenda il sopravvento. Appare irrealistico negare che permarrà un numero di professioni che saranno negativamente impattate dall’IA. In tal senso, è cruciale il supporto delle risorse attualmente impiegate, offrendo possibilità di riqualificazione e ricollocazione.
Le nuove competenze richieste dal mercato e le professioni nascenti
Su quali competenze deve focalizzarsi la formazione e l’apprendimento in materia di IA? La corretta risposta a tale quesito risulta di dirimente importanza per comprendere la direzione da intraprendere per il proficuo adattamento, concentrandosi sullo sviluppo delle abilità professionali maggiormente richieste dal mercato del lavoro alla luce dell’utilizzo dell’IA.
Competenze di tipo specialistico nel campo dell’informatica
Innanzitutto, è facile immaginare che tra le prime competenze da migliorare e sulla cui formazione è necessario investire vi siano quelle di tipo specialistico nel campo dell’informatica.
Infatti, pronosticando una crescente domanda di sistemi di intelligenza artificiale da parte delle aziende, si può prevedere – o, anzi, si può osservare già oggi – che vi sarà una crescente richiesta di risorse dotate delle competenze specializzate tecnologico-informatiche per creare, sviluppare e programmare la macchina.
In altri termini, tutti i ruoli che sono connessi al processo di progettazione, produzione, sviluppo, programmazione e installazione dei sistemi di IA saranno fortemente richiesti dal mercato e, dunque, lo sviluppo di competenze informatiche, quali capacità di creazione dei modelli, gestione e analisi dei dati etc., rappresenterà un ottimo investimento per promuovere l’adattamento.
Il possesso di analitiche capacità di problem solving e di eliminazione di virus e malware
Non solo. Anche il possesso di analitiche capacità di problem solving e di eliminazione di virus e malware che possono insidiarsi nei sistemi di IA sarà prevedibilmente di dirimente importanza per un facile accesso al mercato del lavoro.
Si ritiene, infatti, che, oltre alle figure in grado di progettare ed implementare il sistema, vi sarà una conseguente pervasiva richiesta di risorse dotate delle competenze necessarie a mitigare i rischi connessi al sistema di IA e tutelare i diritti fondamentali dell’individuo, quali la salute e la sicurezza nonché la privacy. In tal senso, si apprezzeranno e si incentiverà l’inserimento nel mercato di tutti coloro in grado di garantire la continua funzionalità del sistema, tramite una supervisione costante, richiesta ai sensi dell’AI Act e necessaria sia dal punto di vista tecnico-informatico (a titolo esemplificativo, gestione dei database e dei software di IA) che dal punto di vista meccanico (quale l’inauspicabile perdita di controllo “fisico” sulla macchina da parte dell’uomo).
Competenze per la messa in commercio e ladistribuzione dell’IA
In un’ottica ancor più generale, tutte le figure professionali che prendono parte alla catena di messa in commercio e di distribuzione dell’IA acquisiranno grande rilevanza nel mercato del lavoro, con una richiesta rivolta ai comuni distributori di prodotti di dotarsi di competenze specialistiche per essere in grado di commercializzare tale nuovo prodotto artificiale ma intrinsecamente intelligente. Discostandosi dalle professioni che ruoteranno strettamente attorno alla produzione, implementazione, commercializzazione e sorveglianza specifica dell’IA, non di così immediata risposta è il quesito relativo alle tipologie di competenze che saranno, invece, necessarie per le risorse chiamate a svolgere le tradizionali attività lavorative con l’ausilio dell’algoritmo.
Maturate skills nel prompting, capacità di analisi critica e di problem solving, spiccata padronanza dei dispositivi digitali, capacità di comprensione e di rapido apprendimento saranno sicuramente le competenze più richieste alle risorse umane dell’era dell’IA, a qualsiasi settore appartenenti.
Saper interrogare l’algoritmo e saperne mettere in discussione il prodotto
In tal senso, si premieranno le abilità nella generazione di precisi input in grado di produrre i richiesti output, i migliori che è in grado di produrre la determinata tipologia di intelligenza artificiale utilizzata dall’organizzazione presso cui è inserito il lavoratore.
Bisogna saper interrogare l’algoritmo e, a tal fine, fondamentale sarà la conoscenza della sintassi e del wording consono a sbloccare e valorizzare le potenzialità generative di contenuti, risposte e prodotti che lo specifico sistema di IA dispone. Tuttavia, anche generando il miglior output, il complessivo risultato prodotto dal lavoratore tramite l’ausilio dell’IA non sarà soddisfacente se la risorsa umana non è dotata della capacità di interpretazione e comprensione dell’output nonché conseguente capacità critica dello stesso, competenze il cui possesso sarà ritenuto indispensabile alla luce dell’utilizzo dell’AI.
In altri termini, l’uomo dovrà essere capace di mettere in discussione il prodotto o la risposta generati dalla macchina, senza alcuna accettazione indiscussa dell’output e con trasversale abilità di revisionare quest’ultimo comprendendone i margini di affidabilità. Inoltre, il – seppur, ad oggi, ancora minimo – utilizzo dell’IA nel mondo economico-produttivo e lavorativo ha dimostrato che le categorie di attività più facilmente eseguibili direttamente dall’algoritmo sono, in primis, quelle ripetitive, standardizzate e a basso valore aggiunto.
Più spazio all’uomo per lo sviluppo del pensiero critico e della creatività
L’eliminazione di tali attività “semplici” e automatizzate dall’alveo dei compiti eseguiti dall’uomo lascerà a quest’ultimo più spazio per lo sviluppo del proprio pensiero critico e della propria creatività nonché porterà lo stesso a occuparsi di attività sempre più complesse, che la macchina non è in grado di svolgere. Motivo per cui capacità creative e di critica esegesi sempre più spiccate saranno le key words dei futuri – o, meglio, ormai attuali – annunci di lavoro.
Dall’analisi condotta risulta evidente, dunque, che è necessario concentrarsi non tanto sulle infinite – e indiscusse – potenzialità della macchina quanto più su cosa non è in grado di svolgere, affinché l’uomo-lavoratore possa focalizzare la formazione nello sviluppo delle abilità e delle competenze che un algoritmo non possiede.
Si pensi alle capacità empatiche e di relazione interpersonale. Ad oggi, la macchina non ne dispone e il singolo sarà sempre più chiamato ad avere insigni capacità comunicative e relazionali, skills in grado di distinguerlo dall’algoritmo e di fornire il quid pluris richiesto sia dal datore di lavoro che dai clienti e consumatori.
Sviluppo senza disoccupazione e un’IA che potenzierà l’uomo dotato di nuove e consolidate competenze
L’apprezzabile approccio attualmente adottato dalla società sembrerebbe quello di affrontare in maniera preventiva la massiccia diffusione dell’IA nel mercato economico e del lavoro immaginabile nell’imminente futuro.Modus operandi da ritenersi pregevole e adatto a l’impatto che sicuramente l’IA avrà sulla società, per rendere lo stesso prevalentemente positivo.
Ciò anche in considerazione del fatto che, sulla base delle indagini condotte dall’OECD (Organization for Economic Co-operation and Development), ad oggi, l’impatto che l’IA ha avuto sui livelli occupazionali è ancora limitato, lasciando, pertanto, all’uomo un – seppur ridotto, considerando il rapido sviluppo tecnologico – margine per riformare le competenze possedute e acquisirne delle nuove, così da mantenere saldamente la piena competitività rispetto alla macchina sul mercato del lavoro.
Skills fondamentali per mantenere una posizione predominante rispetto all’algoritmo
La “revisione” del bagaglio professionale posseduto dal singolo deve passare per lo sviluppo di nuove competenze – quelle più strettamente connesse alle funzionalità dell’algoritmo – e, al contempo, per la valorizzazione e potenziamento delle abilità già possedute, tipicamente proprie dell’essere umano in quanto tale e in grado di distinguerlo rispetto alla macchina.
In conclusione, la proattività, la creatività, la capacità critica ed empatica nonché la predisposizione al costante apprendimento si pongono come skills fondamentali per mantenere una posizione predominante rispetto all’algoritmo.
È necessario rimanere consapevoli del fatto che l’IA è stata creata dall’uomo con lo scopo di migliorare e facilitare lo svolgimento delle quotidiane attività, inclusa quella lavorativa, e, con tale consapevolezza e il giusto approccio realisticamente ottimista, l’individuo sarà in grado di utilizzare la macchina per il potenziamento delle sue capacità e non per la sua distruzione in qualità di lavoratore.
La chiave di volta per fronteggiare la convivenza con l’intelligenza artificiale
Guardare a ciò che noi essere umani siamo in grado di fare e alle innumerevoli competenze che siamo in grado di sviluppare è la chiave di volta per fronteggiare con propositività e dinamismo la convivenza con l’intelligenza artificiale. In altri termini, non bisogna lasciare che la paura per quello che la macchina è in grado di fare allo stesso modo o, addirittura, in maniera più celere e veloce offuschi l’entusiasmo per le possibilità di potenziamento, miglioramento e perfezionamento delle capacità umane.
L’uomo potrà essere rafforzato e non sostituito dall’intelligenza artificiale, che, al contrario, gli consentirà di sviluppare competenze inesplorate e valorizzare abilità assopite, così creando un mondo lavorativo dove la macchina svolgerà le mansioni più noiose e iterative e l’essere umano avrà ampio spazio per la propria evoluzione professionale nonché miglioramento e potenziamento delle proprie ritrovate e innovate competenze.