L’articolo 8 del GDPR riconosce ai minori la possibilità di esprimere autonomamente il consenso al trattamento dei propri dati a partire dall’età di 16 anni, limite che gli Stati membri possono abbassare purché non inferiore ai 13 anni, come previsto in Italia.
Quest’ultimo passaggio del decreto prevede che il minore di età compresa fra i 13 e i 16 anni possieda sufficiente autonomia per esprimere il consenso sul trattamento dei propri dati personali; pertanto, si presuppone un’adeguata consapevolezza fruitiva alla base della accountability già in età preadolescenziale.
La carenza di ricerche sul tema negli anni passati e di evidenze empiriche in grado di sostenere tali scelte politico-governative riguardo i minori, ha indotto l’Osservatorio Mediamonitor Minori della Sapienza Università di Roma nel 2019 a esplorare la digital safety degli adolescenti italiani, al fine di indagare empiricamente il grado di consapevolezza digitale diffuso. “GDPR e Digital Safety” è il progetto di ricerca della Sapienza Università di Roma, condotta su un campione di 2807 studenti di 37 scuole italiane secondarie di secondo grado di 16 regioni italiane.
Verso l’inquadramento teorico della digital safety
Per digital safety intendiamo una competenza digitale trasversale, che sottende lo sviluppo di consapevolezza e responsabilità analitica e produttiva con i media, quindi la capacità di ricontestualizzare e utilizzare in modo flessibile i media e sviluppare nuovi comportamenti fruitivi all’insegna dell’autonomia.
Nel 2013, con la pubblicazione da parte della Commissione europea dell’European Framework for Developing and Understanding Digital Competence in Europe (DIGCOMP) (Kluzer, Rissola, 2015), la digital safety rappresenta una specifica area di competenza digitale.
Essa fa riferimento alla fiducia e alla capacità di tutelare la privacy e la reputazione online, alla capacità di usare Internet per proteggersi da vari rischi della Rete: quelli legati al device, quelli che minacciano il benessere fisico, psicologico, sociale ed emotivo individuale, nonché quelli che minacciano l’ambiente.
I principali descrittori di competenza individuati dalla commissione europea sono: la protezione dei devices, dei dati personali e della privacy, del benessere o della salute e dell’ambiente (DIGCOMP 2.0, 2015; DIGCOMP 2.1, 2017) (Vuorikari et al., 2016; Redecker, 2017).
Dal punto di vista del capitale sociale, l’analisi della competenza digitale focalizza l’attenzione sui due principali contesti di mediazione culturale che influenzano il processo di socializzazione digitale dei ragazzi: la famiglia e la scuola (Cortoni, Lo Presti, 2018).
Per questo motivo la ricerca ha focalizzato l’attenzione su due aspetti:
- le strategie di socializzazione familiari con particolare riferimento alla rete di legami forti e deboli che il giovane costruisce quotidianamente nei processi di socializzazione.
- Lo stile d’uso, la percezione dei media e il rapporto emotivo che genitori e insegnanti possono riflettersi nei comportamenti dei giovani (Morcellini, 1997), condizionando così il loro rapporto con i media in termini di conoscenza e di atteggiamenti (Cortoni, Lo Presti, 2018).
Un’ultima considerazione sociologica riguarda infine l’influenza del capitale digitale scolastico (Cortoni, 2020) sullo sviluppo della safety. La dotazione tecnologica della scuola e l’investimento sulla digital literacy in termini di implementazione di competenze digitali del personale scolastico, soprattutto rispetto agli aspetti trasversali, rappresentano una forma di capitale digitale scolastico, secondo una prospettiva macrosociale, in grado di incidere sulla diffusione della safety negli studenti. Analogamente il processo di integrazione delle tecnologie nella didattica, all’interno dei processi di insegnamento e apprendimento, può certamente contribuire allo sviluppo skills digitali nei giovani (Cortoni, lo Presti, 2018).
GDPR e digital safety: il disegno della ricerca
Per raggiungere gli obiettivi precedentemente introdotti, il disegno della ricerca (di durata triennale) ha previsto tre principali azioni, strettamente correlate fra loro:
- l’indagine esplorativa sul grado di diffusione della consapevolezza digitale su un campione nazionale di adolescenti attraverso la somministrazione on line di un questionario.
- L’indagine sul capitale digitale e socioculturale dei genitori degli adolescenti coinvolti, attraverso la somministrazione di un questionario strutturato online.
- L’indagine sul capitale digitale delle 37 scuole coinvolte nella ricerca (il 53,7% licei, il 34,7 istituti tecnici e l’11,6% istituti professionali), attraverso la compilazione di una scheda informativa sulla dotazione infrastrutturale e sull’investimento formativo mediale.
In questo articolo, l’attenzione si focalizza soprattutto sulla prima azione della ricerca che ha coinvolto un campione di 2807 studenti compresi fra i 14 e i 19 anni (51% maschi e 49% femmine), distribuiti equamente dalla prima alla quinta classe scolastica.
Cosa ci dicono i risultati dell’indagine
Dall’analisi descrittiva dei dati sulla consapevolezza digitale, gli strumenti maggiormente utilizzati per proteggere il proprio device da parte degli adolescenti intervistati sono pin e password (88,2% dei casi) e l’impronta digitale (70,8%); tuttavia il campione indagato non sembra avere l’abitudine di cambiare il codice di accesso ai diversi dispositivi, come previsto dalla normativa. Il 41,5% del nostro campione non modifica mai la propria password nei diversi account, mentre il 25,5% lo fa “almeno una volta all’anno” e la stessa password è spesso utilizzata su più device.
Spostando il focus di attenzione sui dati e la privacy, gli adolescenti inseriscono online poche informazioni personali ma accessibili a tutti, quali il genere, le storie, la città di origine e i post condivisi; invece, gli archivi di storie rimangono visibili solo privatamente.
Generalmente i ragazzi non aggiornano mai le impostazioni dei propri profili, soprattutto social, e non personalizzano il grado e il tipo di condivisione delle informazioni, solo poco più del 30% del campione dichiara di aver limitato l’accesso a informazioni personali e contenuti precedentemente accessibili a tutti. I ragazzi dichiarano di non inserire mai i propri dati per partecipare a concorsi a premio o offerte (81%), di non aprire mai le email di provenienza ignota (68,7%), di non condividere la propria geolocalizzazione con altri (50,3%), di non condividere foto/video di amici sui social (44,8%) e di non usare contenuti on line dopo aver verificato il copyright (43,3%). Le attività più consuete invece riguardano la condivisione di foto e video personali sul web e molto spesso quella dei propri dati quando si scarica un’applicazione (23,4%). Il 75,6% degli adolescenti, infine, non acconsente al trattamento dei dati per ragioni di marketing e il 56,6% per motivazioni pubblicitarie.
Sul benessere individuale, il 30,8% del campione dichiara di avere spesso perso ore di sonno per stare davanti a Internet e qualche volta ha sofferto di mal di testa dopo l’uso del device (29,2%) oppure di aver perso la concentrazione per svolgere i compiti (26%), mentre non emergono altre conseguenze emotive e cognitive a seguito dell’uso del device. Permangono tuttavia comportamenti poco corretti ai fini della salvaguardia della salute personale: lo smartphone si tiene spesso vicino al letto durante la notte (44,1%), sempre in modalità silenziosa (50,6%) e comunque acceso (45,5%).
Per quanto riguarda la protezione dell’ambiente, il nostro campione è pienamente consapevole delle radiazioni dannose prodotte dai devices per la propria salute e per l’ambiente (43,6%) ed è molto sensibile al riciclo dei dispositivi inutilizzati (49,9%) mentre mostra meno consapevolezza sulle modalità di smaltimento delle tecnologie, sui comportamenti virtuosi per il risparmio energetico con il device e sulla questione dello sfruttamento della manodopera per la produzione tecnologica.
Quattro indici di safety
Per sintetizzare i dati precedentemente illustrati, sono stati costruiti ed elaborati quattro indici di safety corrispondenti ai quattro principali descrittori del DIGCOMP:
1. l’indice di protezione del device.
2. l’indice di protezione dei dati e della privacy.
3. l’indice di protezione della salute e del benessere individuale.
4. l’indice di protezione dell’ambiente.
Rispetto alla protezione dei dati e della privacy, poco più di un terzo degli intervistati ha un elevato livello di consapevolezza digitale (38,9%), quest’ultimo è direttamente proporzionale al capitale culturale della famiglia, ovvero aumenta all’aumentare del grado di istruzione dei genitori, è diffuso prevalentemente fra gli adolescenti maschi compresi fra i 14 e i 16 anni (che frequentano prevalentemente la classe prima della scuola secondaria di secondo grado) ed è più alto nei licei rispetto agli istituti professionali. Infine, la lettura dei libri, più degli altri media, sembra influenzare l’incremento di questo tipo di indice.
Infine, la consapevolezza sia in termini di benessere individuale (35,6%) che ambientale (34,6%) è diffusa prevalentemente fra le ragazze comprese fra i 17 e 18 anni; in questo caso l’incremento non sembra dipendere dal capitale culturale famigliare, mentre è particolarmente legato al consumo culturale multimediale del campione considerato ed è diffuso prevalentemente nei licei.
In tal senso, le variabili socioculturali incidenti sullo sviluppo e l’incremento dei diversi indici di consapevolezza digitali non sono uniformi ma variano tenendo conto del tipo di safety analizzato.
Conclusioni
Concludendo, è possibile sostenere che il grado di consapevolezza digitale, nei suoi diversi descrittori, si attesta ad un valore elevato solo fra il 30 e 40% degli adolescenti intervistati, suggerendo un’implementazione dell’educazione digitale da rafforzare sui giovani. Il capitale culturale famigliare sembra maggiormente condizionante i primi due indicatori così come un comportamento culturale orientato all’approfondimento informativo e alla lettura dei quotidiani e dei libri; nel secondo caso invece sono soprattutto le esperienze quotidiane delle adolescenti a far maturare la consapevolezza legata al benessere individuale e sociale, spesso coadiuvata dal consumo multimediale frequente dei diversi devices. Un ulteriore aspetto interessante in questo quadro concerne l’età, poiché sembrano soprattutto gli adolescenti più piccoli (14 anni), e quindi frequentanti il primo anno di scuola secondaria di secondo grado nel 2020, a manifestare interesse e a comportarsi in modo più responsabile con i media, soprattutto per quanto concerne il trattamento dei dati e la privacy.
Dalla ricerca si evince come il rapporto fra media e giovani anche rispetto all’implementazione delle competenze digitali non è può e non deve essere isolato, ma sempre condizionato dalla stimolazione culturale e sociale delle diverse agenzie di socializzazione, restituendo un ruolo primario alla scuola e alla famiglia per l’implementazione di un atteggiamento di analisi critica e responsabilità fruitiva dei più giovani nell’uso dei devices.
Il GDPR
Il 25 maggio 2018 in tutti paesi dell’Unione Europea è entrato in vigore il Regolamento UE 2016/679 del 27 aprile 2016 in materia di protezione dei dati personali (il General Data Protection Regulation o GDPR), emanato dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea. Quest’ultimo rappresenta una aggiornata risposta dell’Unione Europea alla tutela del diritto alla privacy dei cittadini. I rischi che motivano l’azione del legislatore europeo sono riconducibili prevalentemente ai processi di datificazione, personalizzazione, commercializzazione e profilazione dei dati nell’utilizzo di piattaforme digitali come nuovi ambienti di socializzazione, commercializzazione, vendita di beni e servizi, nonché di relazioni e condivisione di contenuti per obiettivi ludici, formativi, politici o lavorativi (Lupton, 2015, van Dijck et alii, 2018).
Il nuovo regolamento attribuisce un ruolo centrale alla responsabilizzazione (c.d. accountability) del cittadino, quale soggetto proprietario dei dati personali, e dei soggetti preposti al loro trattamento quali il titolare e il responsabile del trattamento, introducendo nuove figure professionali, deputate alla progettazione e alla gestione del sistema di sicurezza dei dati.
Proprio l’accountability del cittadino nell’esercitare i diritti di tutela dei propri dati ha introdotto nel contemporaneo dibattito pubblico, politico e scientifico la questione della digital safety, ossia di quella competenza digitale in termini di consapevolezza fruitiva, che il cittadino dovrebbe possedere per comprendere i processi di datificazione, personalizzazione e mercificazione delle informazioni condivise delle imprese o istituzioni e dai cittadini on line (Van Dijck et alii, 2019). La situazione diventa ulteriormente delicata nell’attuazione