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AI, il prompt engineering non è tutto: ecco l’abilità che conta davvero



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Il prompt engineering si concentra sulla creazione dell’input testuale ottimale. Resta, ad oggi, un’abilità indispensabile nella capacità di addestramento ed automazione di un modello linguistico, ma l’abilità da acquisire e che permetterà di sfruttare il potenziale dell’IA generativa è un’altra

Pubblicato il 22 set 2023

Alessio Pecoraro

coordinatore PAsocial Emilia-Romagna, marketing & communication manager



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Se il prompt engineering richiede una solida conoscenza di uno specifico strumento di intelligenza artificiale e competenze informatico-linguistiche, la capacità di formulazione dei problemi richiede una comprensione più ampia e la capacità di inserire i problemi all’interno di un ecosistema più ampio.

Senza un problema ben formulato, anche i prompt ben realizzati e più sofisticati non saranno all’altezza. Tuttavia, una volta che un problema è chiaramente definito, le sfumature linguistiche di un prompt diventano secondarie rispetto alla soluzione.

Come vedremo, il prompt engineering e la capacità di formulazione dei problemi differiscono per focus, compiti principali e abilità sottostanti.

Prompt engineering, una tendenza destinata ad esaurirsi?

Il World Economic Forum ha definito, senza mezzi termini, il prompt engineering il “lavoro del futuro” perché permette di massimizzare le funzionalità rivoluzionarie dei modelli di IA Generativa, migliorando in modo significativo la qualità delle risposte generate e apportando un significativo valore aggiunto.

LinkedIn ha pubblicato dati che rilevano che il numero di post che si riferiscono all’intelligenza artificiale generativa è aumentato di 36 volte rispetto al 2022 e il numero di annunci di lavoro contenenti il termine “GPT” è aumentato del 51% tra il 2021 e il 2022.

Ma quello del prompt engineering, e delle competenze ad esso connesse, potrebbe essere una tendenza destinata ad esaurirsi nel breve periodo.

Il motivo? Prima di tutto le future generazioni di sistemi di intelligenza artificiale diventeranno sempre più intuitive e abili nella comprensione del linguaggio naturale, riducendo, in maniera significativa, la necessità di istruzioni molto dettagliate. In secondo luogo, i nuovi modelli di linguaggio AI come GPT4 mostrano già grandi passi avanti nella creazione di prompt. Inoltre, l’efficacia dei prompt dipende dall’algoritmo specifico, limitandone l’utilità su diversi modelli e versioni di intelligenza artificiale.

È lo stesso, naturale, processo evolutivo dell’intelligenza artificiale che può rendere obsoleto il prompt engineering nel medio periodo.

L’abilità da acquisire è la capacità di formulazione del problema

Per Oguz A. Acar, titolare di una cattedra di Marketing presso la King’s Business School del King’s College di Londra, l’abilità da acquisire e che permetterà di sfruttare il potenziale dell’IA generativa è la capacità di formulazione del problema: la capacità di identificare, analizzare e delineare i problemi.

Un approccio nei confronti dell’IA generativa – quello suggerito da Oguz A. Acar – simile a quello utilizzato già da qualche tempo in molti uffici marketing dove il primo passo di ogni nuova sfida è quello di identificare e definire i problemi giusti da risolvere.

L’incapacità delle aziende di diagnosticare i problemi

La prestigiosa rivista Harvard Business Review ha pubblicato un sondaggio nel quale sono stati intervistati 106 top manager, i cosiddetti C-suite, i dirigenti di livello esecutivo all’interno di un’azienda come l’amministratore delegato (CEO), il direttore finanziario (CFO), il direttore operativo (COO) e il direttore della comunicazione (CCO), rappresentanti di 91 aziende del settore pubblico e privato in 17 paesi.

Nella ricerca si legge che l’85% degli intervistati è fortemente d’accordo o concorda sul fatto che le loro organizzazioni sono incapaci di diagnosticare i problemi e l’87% è fortemente d’accordo o concorda sul fatto che questo difetto comporti costi significativi. Meno di uno su 10 ha dichiarato di non essere interessato al problema.

Ne emerge uno schema abbastanza chiaro: spinti da un debole per l’azione, i manager tendono a passare rapidamente alla modalità soluzione senza verificare se comprendono davvero il problema.

Il prompt engineering si concentra sulla creazione dell’input testuale ottimale selezionando le parole (key), costruendo le strutture delle frasi e inserendo la punteggiatura appropriata.

La capacità di formulazione del problema, invece, analizza la definizione del problema delineandone l’obiettivo, all’interno dell’ambito e marcandone i confini.

Nel mondo aziendale, in particolar modo nel tessuto economico-produttivo italiano caratterizzato dal predominio delle piccole e piccolissime imprese, sfortunatamente la formulazione dei problemi è un’abilità ampiamente trascurata e poco sviluppata. Uno dei motivi è l’enfasi sproporzionata data alla risoluzione dei problemi a scapito della formulazione.

Serve un cambio di mentalità aziendale

Oguz A. Acar ha pochi dubbi “Sebbene il prompt engineering possa essere sotto i riflettori a breve termine, la sua mancanza di sostenibilità, versatilità e trasferibilità limita la sua rilevanza a lungo termine. Enfatizzare eccessivamente la creazione della perfetta combinazione di parole può anche essere controproducente, in quanto può sminuire l’esplorazione del problema stesso e diminuire il senso di controllo sul processo creativo. Invece, padroneggiare la formulazione dei problemi potrebbe essere la chiave per navigare nel futuro incerto insieme a sofisticati sistemi di intelligenza artificiale. Potrebbe rivelarsi fondamentale come lo era l’apprendimento dei linguaggi di programmazione durante i primi giorni dell’informatica”.

Una visione, a mio avviso, giusta ma troppo futurista. Come abbiamo detto più volte gli strumenti di IA generativa non sostituiranno gli uffici marketing ma diventeranno strumenti indispensabili per i marketer.

Molti brand manager stanno già utilizzando diversi strumenti di intelligenza artificiale per produrre contenuti sui social media. Per garantire che questi contenuti siano allineati con i diversi media e con l’immagine del brand stabiliscono vincoli precisi sulla lunghezza, il formato, il tone of voice o il pubblico di destinazione.

Si tratta di un lavoro che richiede l’utilizzo di diversi strumenti di intelligenza artificiale generativa e una buona conoscenza dei prompt giusti per automatizzare il processo creativa. Tuttavia, quando cercano maggiore originalità gli esperti di marketing, assieme ai brand manager, possono eliminare i vincoli di formattazione o limitare l’output a un formato non convenzionale.

La strada indicata da Oguz A. Acar richiede prima di tutto un cambio di mentalità aziendale, si tratta di un processo lungo e complesso che non può essere implementato immediatamente nei processi aziendali e/o degli uffici marketing.

Conclusioni

Per questo il prompt engineering resta, ad oggi, un’abilità indispensabile nella capacità di addestramento ed automazione di un modello linguistico ad eseguire più attività. Progettando prompt personalizzati e specifici per le attività, i data scientist e gli ingegneri possono, assieme ai marketer, guidare il modello per produrre output pertinenti e accurati per diversi casi d’uso. La capacità di eseguire più attività in modo efficiente è una caratteristica desiderabile in qualsiasi modello linguistico e il prompt engineering è una componente chiave per raggiungere questo obiettivo.

Durerà nel tempo? È difficile dirlo adesso e soprattutto con certezza, ma quello che è certo è che le aziende che iniziano ad implementare strumenti di IA generativa nelle proprie organizzazioni necessitano di prompt sempre più precisi e funzionali. Proprio lo sviluppo di prompt sempre più accurati potrà col passare del tempo addestrare i sistemi di IA generativa a non avere più bisogno di prompt ma sarà fondamentale, come spiegato da Oguz A. Acar iniziare a lavorare sulla formulazione efficace del problema in quattro step: diagnosi del problema, scomposizione, riformulazione e progettazione dei vincoli.

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