La padronanza di una lingua straniera è oggi un requisito essenziale per entrare nel mondo del lavoro e per progredire professionalmente. La maggioranza delle imprese richiede ai candidati una conoscenza dell’inglese pari o superiore al livello B1, che richiede comprensione dei punti salienti dei testi, capacità di dialogo, produzione di testi semplici e coerenti e capacità di descrizione di esperienze, eventi, desideri e aspirazioni, nonché di opinioni o progetti.
Secondo il Power Language Index (PLI), misuratore che valuta il potere di ogni singola lingua, sulla base di 20 diversi indicatori, tra i quali il numero di parlanti, l’uso in ambito diplomatico e nei media, la facilitazione dei viaggi e l’impatto economico, l’inglese rimane la prima lingua richiesta nel mondo del lavoro.
A seguire, il cinese mandarino emerge come una lingua fondamentale nel contesto del commercio internazionale e al terzo posto il francese assume un’importanza rilevante sia per le relazioni commerciali tra Italia e Francia, soprattutto nei settori della moda, del design e delle telecomunicazioni, sia perché è la terza lingua più parlata in Europa[1].
Nel 2024 questo scenario potrebbe cambiare a causa dell’uscita dell’Italia dalla Belt and Road Initiative più conosciuta come la Nuova Via della Seta, ovvero il progetto promosso dalla Cina che prevede investimenti in tutto il mondo a livello di infrastrutture.
La tecnologia alla guida dell’apprendimento
Le ragioni che spingono le aziende a elevare il livello di conoscenza dell’inglese tra i propri dipendenti sono molteplici e nel corso degli ultimi anni la principale motivazione è stata rappresentata dall’esigenza di internazionalizzazione dovuta anche a una crescita dell’export verso gli Stati Uniti, i paesi dell’Opec e la Svizzera.
Diventa così necessario creare ambienti di lavoro multiculturali e dare ai dipendenti le risorse necessarie per essere in grado di integrarsi culturalmente in questo sistema che sempre di più mira a sviluppare ambienti più inclusivi che guardino realmente al singolo, all’interno della collettività.
Di conseguenza, con l’obiettivo di implementare il livello di competenza linguistica, cavalcando l’onda del cambiamento messa in atto dalla pandemia, molte imprese hanno adottato una modalità di formazione blended, che combina l’utilizzo di piattaforme eLearning e applicazioni dedicate, con lezioni tenute da docenti madrelingua, offrendo così un’esperienza di apprendimento completa e flessibile.
Gli effetti della pandemia sull’apprendimento linguistico in azienda
La pandemia, infatti, ha svolto un ruolo significativo: le persone ora sempre di più ricercano una flessibilità che passi attraverso l’approccio metodologico, la fruizione e l’organizzazione dei contenuti, permettendo loro di seguire i percorsi in autonomia e negli orari più favorevoli alle loro esigenze. I corsi in aula sono così stati sostituiti quasi interamente dalla formazione a distanza grazie al supporto della tecnologia accelerata nell’ultimo periodo dall’intelligenza artificiale.
La tecnologia ha, quindi, rivoluzionato il settore dell’apprendimento in azienda portando a una completa digitalizzazione nella fornitura della formazione e nella valutazione delle competenze dei dipendenti: in molte aziende, infatti, per fare uno screening completo delle competenze linguistiche dei propri dipendenti, vengono adottati test e verifiche in varie fasi, dalla selezione iniziale dei dipendenti alla valutazione continua dei livelli di competenza.
Non solo, il processo di sviluppo tecnologico ha anche reso accessibile la formazione, non solo a figure che fanno capo a settori o ruoli internazionali, ma anche a coloro che non si trovano direttamente a contatto con il sistema internazionale, a prescindere dal ruolo ricoperto o dal settore di riferimento in quanto l’apprendimento linguistico non ha soltanto valenza strumentale, bensì rientra in un sistema di crescita culturale e di conseguenza professionale all’interno dell’azienda.
Il contesto socio-economico e le scelte linguistiche delle aziende
Dai dati export in Italia, viene messo in evidenza come i principali partner commerciali in Italia sono Germania al primo posto, seguita da Francia e Usa[2]. Queste variabili, unite ai settori che maggiormente contribuiscono alla crescita dell’export come trasporti, food e farmaceutico[3], vanno a incidere in particolar modo sulla scelta delle aziende di prediligere l’apprendimento di una lingua rispetto a un’altra, privilegiando la lingua del paese con cui si attuano i maggiori scambi commerciali. Non si tratta più di un’esigenza che riguarda solo le aziende multinazionali, che spesso scelgono l’inglese come lingua madre da parlare in azienda, ma anche le PMI pian piano si stanno uniformando e iniziano a richiedere come requisito base la conoscenza della lingua inglese, sviluppando così in azienda una cultura multilingue.
Conclusioni
In conclusione, queste piattaforme hanno reso l’apprendimento dell’inglese accessibile a tutti i livelli aziendali, riflettendo una priorità che coinvolge ormai tutti i settori, anche quelli in cui la comunicazione con l’estero non è un aspetto centrale delle mansioni svolte.
La digitalizzazione dell’apprendimento linguistico si è rivelata un elemento cruciale nell’adattamento delle aziende a un ambiente lavorativo sempre più globalizzato, offrendo uno strumento formativo flessibile, progettato per consentire a chi lavora, di ritagliarsi momenti di crescita che si riverberano nella costruzione di un mindset aziendale aperto all’interculturalità. Non solo, si tratta di uno strumento di attraction e retention dei talenti, soprattutto per quelli che si affacciano al mercato del lavoro e che, nei programmi di crescita delle risorse umane, trovano un sistema che amplia le loro future opportunità di carriera attraverso l’acquisizione o il consolidamento delle competenze linguistiche.
Note
[1] Fonte: Just on Business
[2] Fonte: Italia in dati
[3] Fonte: dati Istat 2023