tecnologie in classe

Coding a scuola, manca ancora qualcosa: approcci e competenze necessari

Coding e sviluppo del pensiero computazionale devono essere considerati come un viatico all’uso del pensiero creativo nella vita di tutti i giorni. I sistemi educativi attuali non supportano ancora questo ingegno, necessario per essere attori di un futuro fatto di internet of things, AI, blockchain

Pubblicato il 15 Apr 2022

Antonio Guadagno

Ingegnere, consulente informatico, docente, formatore

scuola digitale - pagamento contributi scolastici

Il coding, il pensiero computazionale, il pensiero creativo sono entrati nella scuola ma non sono ancora diventati strutturali. Un motivo può essere ricondotto alla tardiva “istituzionalizzazione” all’interno dei processi di apprendimento, un altro può dipendere da un possibile malinteso su cosa si intenda per coding nella prassi didattica.
Di sicuro le generazioni prossime dovranno acquisire competenze e abilità tali da affrontare e risolvere problemi sempre nuovi, partendo dal presupposto che molti lavori di oggi erano inimmaginabili solo pochi anni fa.

A scuola meglio il coding o le tabelline? Ecco il giusto equilibrio

Coding e pensiero creativo, perché servono come leggere e scrivere

Le tecnologie digitali permeano ormai le nostre vite: si utilizzano per comunicare, per lavorare, per socializzare, per informarsi.
Il continuo progresso tecnologico, sempre più accelerato, porta con sé la nascita di situazioni e problematiche nuove e imprevedibili che dovranno essere gestite per non essere lasciati indietro.

A tale proposito, Mitchel Resnick[1], docente del MIT e a capo del gruppo che ha creato Scratch, ha fornito, già qualche anno fa, uno spunto dal quale sono nati diversi progetti.
Egli, partendo dal presupposto che il saper leggere e scrivere fluentemente non implica che tutti diventino automaticamente uno scrittore ma è una necessità, propone un’analogia con la programmazione:
“La maggior parte delle persone non diventerà un esperto di informatica o un programmatore, ma l’abilità di pensare in modo creativo, pensare schematicamente, lavorare collaborando con gli altri – … – sono cose che le persone possono usare, indipendentemente dal lavoro che fanno”[2].

Coding a scuola: favorevoli e contrari

Senza dubbio, negli ultimi anni[3], è stata portata avanti una forte sensibilizzazione verso le tematiche del pensiero computazionale, del coding e della robotica educativa.

Ciò, come spesso accade, ha portato alla nascita di due schieramenti contrapposti: da un lato quelli che hanno accolto la “novità” con un entusiasmo a volte fin troppo acritico; dall’altro coloro per i quali occorre tenere separati il mondo dei “giochi digitali” e il mondo della vera cultura educativa.

È sufficiente fare una ricerca su un qualsiasi motore utilizzando per esempio le parole “coding” e “scuola” e appaiono centinaia di risultati che riportano molto spesso a siti di istituzioni scolastiche, in gran parte con riferimenti alla scuola primaria e alla scuola dell’infanzia. E si ritrova ogni genere di percorso formativo o esperienza sul campo (a volte autocelebrativa): Coding unplagged, Coding in azione, Il coding per tutti, Il coding spiegato ai bambini, L’officina del coding.

Questa “moda” ha altresì messo in azione diversi enti di formazione, molti accreditati presso il Ministero dell’Istruzione, che hanno organizzato proposte formative di durata molto variegata e con relativo attestato di certificazione; si pensi, solo per fare un esempio, ai percorsi EIPASS “coding primaria” e “coding secondaria”.

Aprendosi però a una valutazione a più ampio spettro, si deve riconoscere che ci sono fattori che hanno in qualche modo rallentato l’avvio di un approccio su vasta scala, si direbbe orizzontale, del coding. Uno di essi è sicuramente la tardiva “istituzionalizzazione” all’interno dei processi di apprendimento.

Il coding nel PNSD

Nel Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) si era già parlato di coding e pensiero computazionale (Azione #17 e Azione #29), seppur in termini di progettualità.

Nella legge 233 del 30 dicembre 2021[4], entrata in vigore il 1° gennaio 2022, è presente l’art. 24-bis (Sviluppo delle competenze digitali), nel quale, in relazione all’attuazione della linea progettuale M4-C1 del PNRR, è scritto:
“… per favorire e migliorare l’apprendimento e le competenze digitali, a decorrere dall’anno scolastico 2022/2023 e per un triennio, il Piano nazionale di formazione dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado, . individua, tra le priorità nazionali, l’approccio agli apprendimenti della programmazione informatica (coding) e della didattica digitale.”
Inoltre, “a decorrere dall’anno scolastico 2025/2026, nelle scuole di ogni ordine e grado si persegue lo sviluppo delle competenze digitali, anche favorendo gli apprendimenti della programmazione informatica (coding), nell’ambito degli insegnamenti esistenti.”

Visto che il coding (e il pensiero computazionale) a scuola non è una scoperta recente, era doveroso che il legislatore definisse una road map per ufficializzare l’ingresso di quella che viene considerata la quarta[5] abilità di base oltre a leggere, scrivere e calcolare.

Il dilemma è sul concetto di coding?

Un altro fattore che ne potrebbe aver frenato l’ascesa riguarda proprio il concetto di coding.

Dal punto di vista formale il termine coding, dal verbo to code, è sinonimo di programmazione; essa “comprende diverse attività e fasi di progettazione, come l’ideazione, la codifica (cioè la trascrizione delle istruzioni in un linguaggio comprensibile dal computer), la prova, la correzione, la preparazione della documentazione, ecc.”.

In ambito didattico il significato si evolve.
Per Alessandro Bogliolo, docente universitario e coordinatore di Europe Code Week, il coding ingloba l’insieme delle attività didattiche e ludiche ispirate alla programmazione[6]; uno strumento per introdurre il pensiero computazionale in classe, usando solo attività intuitive e divertenti.

Roberta Russo, business manager in Hewlett Packard Enterprise, si riferisce alle attività per avviare i bambini alla programmazione, attraverso ambienti online di programmazione visuale, a partire dalla Scuola Primaria[7].

Forse il dilemma sta nel taglio che si vuole dare? Altrimenti risulterà poco agevole far comprendere non tanto il significato quanto la validità del coding ai “non addetti ai lavori”, come è, anche giustamente, una parte dei docenti.

Aldilà dell’approccio più o meno semplificato, in ogni descrizione precedente è chiaro il rapporto esistente tra coding e pensiero computazionale.
Il passo decisivo per fugare ogni perplessità è allora comprendere che il pensiero computazionale va ben oltre l’informatica ed è una forma di pensiero insito nella nostra vita. Ogni nostra azione, anche di routine; segue sempre un percorso procedurale: si inquadra la problematica, si individua una possibile soluzione (possibilmente la più consona), si mettono in atto tutti i passaggi per arrivare a essa.

Non a caso si parla di “commonsense computing”, ovvero la capacità di esprimere ragionamenti computazionali senza possedere i rudimenti delle tecniche di coding.

Il vero ruolo del coding a scuola

Le attività di coding (con lo sviluppo del pensiero computazionale) devono essere considerate come un viatico all’utilizzo del pensiero creativo nella vita di tutti i giorni.
Il pensiero creativo consiste nella capacità di ragionare e trovare soluzioni alternative in maniera efficiente, originale e, appunto creativa.

I sistemi educativi attuali non supportano ancora adeguatamente questo ingegno che, secondo molti studi, risulta indispensabile per imparare a essere attori di un futuro molto prossimo fatto di internet of things, artificial intelligence, blockchain.

A tale proposito, secondo Mitchel Resnick, la scuola dovrebbe ispirarsi alle metodologie tipiche della scuola dell’infanzia, nella quale i bambini sviluppano il loro pensiero creativo. Si pensi al gioco delle costruzioni: si parte da una idea, si definisce un progetto e si crea un prototipo, dal quale si ricavano alternative, anche grazie alla condivisione di esperienze con i compagni.
Ed è proprio il motivo per cui il team di Resnick ha creato il linguaggio Scratch[8]: aiutare i bambini di ogni età di sviluppare il loro pensiero creativo.

Note

  1. https://web.media.mit.edu/~mres/
  2. https://www.ted.com/talks/mitch_resnick_let_s_teach_kids_to_code/transcript?language=it
  3. https://www.agendadigitale.eu/scuola-digitale/a-scuola-meglio-il-coding-o-le-tabelline-ecco-il-giusto-equilibrio/
  4. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2021/12/31/310/so/48/sg/pdf
  5. https://www.cs.columbia.edu/~wing/ct-italian.pdf
  6. https://www.agendadigitale.eu/scuola-digitale/charles-ada-alan-pensiero-computazionale-classe/
  7. https://redooc.com/it/docenti/curiosita-docenti/didattica-materie-stem/coding-per-tutti-intervista-a-roberta-russo
  8. http://scratch.mit.edu/

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