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Competenze digitali al palo in Italia: azioni mirate per colmare il gap



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L’Italia deve colmare il divario nelle competenze digitali per competere a livello europeo. L’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale propone formazione multidisciplinare e attrazione di talenti per sostenere la crescita economica e l’innovazione tecnologica

Pubblicato il 31 gen 2025

Luca Celotto

Consultant di The European House – Ambrosetti e Coordinatore dell’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia

Lorenzo Tavazzi

Senior Partner e Responsabile Area Scenari e Intelligence di TEHA Group



italia digitale (1)

Nel percorso verso la trasformazione digitale, l’Italia deve focalizzare l’attenzione su alcuni elementi strutturali che rappresentano gli abilitatori per la piena realizzazione del suo potenziale di innovazione e crescita.

Tra questi, le competenze digitali sono una priorità. L’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia nel suo ciclo di lavoro 2024 ha analizzato le modalità di formazione e aggiornamento delle competenze nel contesto dell’accelerazione tecnologica, ulteriormente spinta dall’Intelligenza Artificiale.

Competenze digitali: un gap che limita il progresso

Tra i principali temi di attenzione per il nostro Paese emergono il basso livello di competenze digitali e il persistente divario nell’inclusione digitale.

Secondo i dati forniti da Eurostat, l’Italia occupa il quartultimo posto nell’Unione Europea (UE) per skills matching, con un punteggio di 31 su 100, nettamente inferiore rispetto alla media europea di 55. Questo dato evidenzia la difficoltà di allineare le competenze del mercato del lavoro alle esigenze delle imprese, alimentata da una ridotta capacità di formare competenze specialistiche in ambito ICT.

Italia indietro per numero di laureati ICT

Come evidenziato dal Tableau de Bord 2024 dell’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia solo l’1,5% degli studenti italiani completa percorsi di laurea in tecnologie dell’informazione e della comunicazione, un valore che è un terzo della media europea (4,5%), collocando l’Italia all’ultimo posto nell’UE. Anche sul fronte delle competenze digitali di base il quadro mostra dei ritardi significativi: solo il 46% della popolazione adulta italiana possiede competenze digitali minime, posizionando il Paese al 24° posto in UE. Questo divario non solo penalizza l’economia, ma limita la partecipazione dei cittadini al contesto della società digitale, amplificando le disuguaglianze.

Le difficoltà di reclutamento delle imprese

Queste carenze si traducono anche in importanti difficoltà di reclutamento per le imprese, soprattutto per ruoli ad alta specializzazione: il 52% delle aziende segnala infatti difficoltà nel trovare personale con competenze informatiche avanzate e il 48% per ruoli che richiedono competenze digitali di alto livello. Tali elementi risultano particolarmente rilevanti se letti nel quadro del crescente dispiegamento dell’Intelligenza Artificiale (IA) nelle organizzazioni e nel Paese: secondo una survey di IBM, infatti, la mancanza di competenze è segnalata come la principale barriera all’adozione dell’Intelligenza Artificiale da oltre 1 impresa su 3.

Al tempo stesso, secondo un’indagine dell’OECD, esiste una correlazione diretta tra il livello di formazione e l’impatto positivo percepito dell’IA in termini di, per esempio, performance, apprezzamento per il lavoro, salute fisica e mentale. Tuttavia, analizzando il contributo del sistema delle imprese nella formazione, in Italia solo il 19,3% delle aziende eroga corsi di formazione ICT ai propri dipendenti, contro una media europea del 22,4%.

Inclusione digitale: il divario di genere e territoriale

Un altro aspetto da attenzionare è l’alto gender gap nel settore ICT. In Italia, solo il 16% dei lavoratori nel campo delle tecnologie informatiche è donna, una percentuale inferiore di quasi il 20% rispetto alla media europea. Questo divario di genere rappresenta un ostacolo rilevante per una transizione digitale inclusiva e richiede interventi mirati.

Le disuguaglianze emergono anche tra tipologie di imprese e tra territori. Le grandi aziende mostrano una maggiore propensione a investire nella formazione digitale rispetto alle PMI: secondo recenti rilevazioni, il 65% delle grandi imprese ha fornito formazione ICT ai propri dipendenti, contro il 18% delle piccole e medie imprese, che rappresentano un asse fondamentale per l’economia del Paese.

Nella Pubblica Amministrazione, invece, si registra un forte divario tra livelli amministrativi e territoriali. Nel 2022, la differenza nella quota di dipendenti che hanno ricevuto formazione tra Nord e Sud è stata pari a oltre 30 punti percentuali nelle Regioni e Province Autonome. Confrontando diversi livelli amministrativi, i dipendenti delle Regioni e Province Autonome hanno avuto accesso alla formazione ICT con una frequenza superiore di 20 punti percentuali rispetto ai Comuni. Le criticità legate al capitale umano nella PA sono ulteriormente acuite da un contesto di invecchiamento demografico che vede i lavoratori nella Pubblica Amministrazione in Italia essere i più anziani tra i Paesi europei (il 48,5% è over-55).

Investimenti e politiche per accelerare la transizione

Per affrontare queste sfide, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta un’opportunità unica. Con oltre 48 miliardi di euro destinati alla digitalizzazione, l’Italia supera i principali Paesi europei in termini di risorse stanziate, dimostrando un impegno strategico verso la modernizzazione tecnologica. A oggi, la Missione Digitalizzazione è la prima per spesa sostenuta, con il 44% degli importi assegnati già utilizzati entro giugno 2024.

Formazione e competenze: le azioni necessarie

Per massimizzare l’impatto di questi investimenti, è necessario un approccio sistemico che includa azioni mirate nel campo della formazione e delle competenze digitali. Tra le principali raccomandazioni avanzate dall’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia, rientrano due grandi “cantieri di lavoro”:

  • La promozione di un approccio multidisciplinare alla formazione digitale che può essere dispiegato agendo su tre livelli tra loro interconnessi:
    • Il Vocational Education and Training (VET), con l’obiettivo di rafforzare l’istruzione tecnica e professionale in ambito digitale, integrando corsi specifici sull’Intelligenza Artificiale (IA) e sulla trasformazione digitale.
    • Il sistema delle Università e i curricula scolastici, introducendo almeno un corso obbligatorio in tutti i programmi universitari ICT relativo a digitalizzazione, governance ed etica e nei curricula non digitali, aggiungendo un modulo dedicato all’IA e alle sue implicazioni etiche e sociali.
    • Il Lifelong learning, creando strumenti di finanziamento come gli Individual Learning Accounts, per incentivare la formazione continua nel settore digitale, garantendo accesso a programmi certificati e inclusivi.
  • L’attrazione e la valorizzazione dei talenti digitali lavorando a due livelli sistemici:
    • Le strategie di attrazione internazionale, introducendo una significativa semplificazione delle procedure amministrative per attrarre talenti dall’estero e offrendo incentivi mirati e competitivi per l’assunzione di giovani altamente qualificati nelle tecnologie digitali.
    • La promozione della diversità, dispiegando un’azione organica e coordinata mirante a potenziare l’inclusione di donne e gruppi sotto-rappresentati nel settore ICT, attraverso campagne di sensibilizzazione e programmi di mentoring specifici.

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