Abbiamo cominciato a occuparci dei giovani che non studiano e non lavorano oltre dieci anni fa, ancora prima che la riduzione del numero dei Neet (Not in Education, Employment or Training) rientrasse tra gli Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu (2015). E da allora abbiamo sempre tenuto conto dell’aspetto multifattoriale della loro condizione.
Indice degli argomenti
NEET: esperienze e strategie della Fondazione Mondo Digitale
Negli anni abbiamo realizzato diverse esperienze che ci hanno permesso di affinare il nostro approccio. Già con il progetto “Meet no Neet” con Microsoft (2012) abbiamo iniziato a sviluppare strategie per coinvolgere i giovani inattivi, mentre con “L’Officina dei nuovi lavori” con Google (2014-2016) abbiamo approfondito l’importanza della formazione laboratoriale orientata al digitale.
Più recentemente, grazie a “LinkedIn. Le competenze per ripartire“, abbiamo fornito strumenti concreti per la ricerca attiva del lavoro e il networking professionale. Abbiamo cercato di fare leva anche sulle passioni dei giovani, le serious leisure, per sviluppare rapidamente nuove competenze digitali e trasversali legate a un progetto di vita. In ogni nuova azione abbiamo sviluppato strategie innovative, imparando dalle esperienze nostre e dei partner, guidati dalla metodologia di Valutazione in tempo reale (RTE-SI).
La condizione dei NEET: una sfida globale per l’innovazione sociale
Ho messo insieme tre recenti ricerche[1], una tesi sperimentale[2] e l’esperienza della Fondazione Mondo Digitale con i giovani “in transizione” per arrivare a definire una nuova strategia in grado di “riattivare” e motivare quanti si perdono nel passaggio cruciale tra scuola e lavoro.
Perché i Neet non sono una categoria statistica, ma una condizione esistenziale complessa, una delle sfide più difficili per le società contemporanee che interroga profondamente chi si occupa di innovazione sociale. I numeri a livello globale sono impressionanti, con oltre 289 milioni di giovani in questa condizione. In Italia, la situazione è particolarmente complessa: i percorsi di reinserimento devono essere mirati e innovativi per risultare davvero efficaci.
Superare lo stigma associato ai giovani inattivi
Forse per primi nel Regno Unito hanno sentito il bisogno di trovare una categoria per descrivere quei giovani non occupati e non coinvolti in percorsi di istruzione e formazione e hanno scelto la definizione di “Status 0”. Dietro l’espressione, che oggi suona piuttosto infelice, c’era la difficoltà di mappare una parte della popolazione che sfuggiva alle statistiche.
Tuttavia, nel tempo, il termine si è caricato di significato negativo, etichettando intere generazioni come disimpegnate e prive di volontà. Come evidenziato dal rapporto Inapp, la comunicazione ha avuto un ruolo determinante in questa distorsione: così la definizione di Neet è stata usata in modo improprio per descrivere realtà molto diverse tra loro. In Giappone, ad esempio, è stata associata agli hikikomori, in Spagna ai nini, in Italia ai cosiddetti bamboccioni e in Germania ai nesthocker. Una delle sfide più importanti è ribaltare questa narrazione, dare voce ai giovani e costruire percorsi concreti di inclusione.
NEET: limiti delle politiche pubbliche standardizzate
Il modello italiano di Garanzia Giovani, pur ispirandosi al modello finlandese, non ha ottenuto i risultati sperati. Nonostante gli investimenti significativi, il programma non è riuscito a offrire opportunità concrete a tutti i giovani. Uno dei principali problemi è stato l’approccio “one size fits all”, ovvero una strategia standardizzata che non ha tenuto conto della diversità dei percorsi individuali.
Già prima della pandemia, alcuni studiosi avevano evidenziato la necessità di riconsiderare le politiche occupazionali con un approccio a “mosaico”, capace di valorizzare la diversità dei bisogni dei giovani. Il rapporto Inapp sottolinea come le politiche pubbliche abbiano spesso adottato un modello uniforme, mentre le organizzazioni non profit hanno dimostrato di essere più efficaci nel costruire percorsi su misura, grazie alla loro flessibilità e alla capacità di intercettare i bisogni specifici dei giovani.
Il ruolo cruciale dell’orientamento scolastico
Uno dei dati più allarmanti riguarda la mancanza di consapevolezza dei giovani rispetto al proprio futuro professionale. Il 57% dei giovani non ha alcuna idea dell’impiego che svolgerà o delle competenze che vorrà sviluppare, e questa percentuale si attesta ancora al 41% per la fascia dai 25 anni in su, che dovrebbe essere già attiva nel mercato del lavoro. Inoltre, i servizi di orientamento risultano poco attrattivi: il 38,2% dei giovani e il 42% dei giovanissimi (15-17enni) non ne ha mai usufruito (indagine Inapp).
Gli interventi devono partire dalla scuola. Sappiamo che se nella formazione integriamo scuola, università e mondo del lavoro, gli studenti sviluppano competenze più ampie e una mentalità più aperta, consapevoli poi che l’apprendimento dura per tutta la vita.
Dig4all: un caso di studio di successo
Il progetto Dig4All, sviluppato anche nella regione Umbria grazie a una rete multi stakeholder, rappresenta un esempio concreto di come sia possibile affrontare questa sfida con un approccio tailor made, in contrapposizione alla rigidità delle politiche pubbliche standardizzate. Nella sua tesi per il master (vedi nota 2), Arianna Millarini ha dimostrato l’impatto positivo di questo modello personalizzato.
Nonostante il ruolo attivo, in qualità di tutor di carriera per la Fondazione L’Albero della Vita (capofila), Arianna ha mantenuto un approccio analitico e oggettivo, evidenziando le dinamiche chiave e i risultati ottenuti. La tesi dimostra come il progetto non solo abbia migliorato le competenze e l’occupabilità dei partecipanti, ma abbia anche creato una roadmap replicabile per altre realtà regionali o nazionali. Dig4All emerge così come un caso di studio rilevante, capace di ridurre le distanze tra i Neet e il mercato del lavoro. La tesi sottolinea l’importanza di interventi coordinati e adattabili, che integrino percorsi formativi, sviluppo di competenze digitali e trasversali, e una rete di aziende per l’inserimento lavorativo.
L‘approccio multi stakeholder per rispondere alle esigenze dei giovani
In Dig4All abbiamo adottato una strategia che coinvolge aziende, istituzioni pubbliche e organizzazioni del terzo settore per rispondere in modo personalizzato alle esigenze dei giovani: abbiamo sviluppato competenze digitali e trasversali e accompagnato i giovani con un tutoring personalizzato.
Abbiamo visto così i giovani trasformarsi, ma ciò che mi ha colpito di più è stato il senso di comunità che si è creato. Il progetto, infatti, non si è limitato a fornire strumenti: ha costruito relazioni, restituito fiducia e contrastato l’isolamento che spesso caratterizza la condizione di Neet.
Prodigy: un modello europeo per le competenze digitali e green
Dal modello di Dig4All, finanziato dal Fondo per la Repubblica Digitale (bando Onlife), ora prende vita Prodigy, acronimo di PROmoting Digital and Green Skills for Youth, finanziato nell’ambito di ESF+ Social Innovation+.
La metodologia, da scalare anche in Grecia e Bulgaria, prevede un approccio educativo personalizzato, un accompagnamento individuale e il rafforzamento delle reti sociali tra diversi attori. Oltre alle competenze digitali e trasversali, Prodigy integra anche le competenze per la sostenibilità, un aspetto di particolare interesse per i giovani, sempre più sensibili alle questioni ambientali e green. L’iniziativa si basa su una visione di sostenibilità olistica, che include non solo l’ecologia, ma anche il benessere sociale e lo sviluppo di competenze per un futuro più equo e inclusivo (vedi Sostenibilità olistica: cos’è e come ci porta alla “competenza globale”).
Costruire reti di supporto per combattere lo smarrimento
In un recente workshop organizzato con LinkedIn Italia presso la Microsoft House di Milano, abbiamo accolto una cinquantina di giovani, in maggioranza donne, e abbiamo lavorato con loro per potenziare i loro profili professionali e rafforzare la loro rete di contatti. Si è creato una sorta di networking spontaneo. Hanno condiviso esperienze, difficoltà, speranze. Alcuni si sono resi conto per la prima volta che non erano soli nella loro condizione di smarrimento e spaesamento. “Mi sentivo perso”, ha detto più di qualcuno.
E in tanti hanno confessato la delusione e la frustrazione dei “lavoretti”. Questo dimostra che, oltre alle competenze, è fondamentale creare occasioni di incontro e confronto. Tutti hanno apprezzato l’esperienza e hanno cominciato a condividerla con gli amici.
Un modello scalabile in cinque punti per il futuro dei NEET
Proviamo a tradurre in pochi punti un modello scalabile, da cui partire per interventi futuri:
- Competenze digitali applicate: non si tratta solo di insegnare l’uso delle tecnologie, ma di sviluppare una mentalità digitale aperta che permetta ai giovani di adattarsi a contesti lavorativi in continua evoluzione.
- Competenze trasversali: i Neet spesso possiedono abilità tecniche, ma hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro. È fondamentale investire in competenze come la comunicazione, il problem solving, la gestione del tempo e il lavoro di squadra, che sono cruciali per il successo professionale.
- Orientamento e mentoring personalizzato: ogni giovane ha una storia unica. Un accompagnamento personalizzato, che include bilanci delle competenze, piani di autonomia e un supporto continuo durante l’inserimento lavorativo, è essenziale per costruire un percorso su misura.
- Reti di supporto e networking: creare occasioni di incontro e scambio tra giovani e professionisti permette di ridurre l’isolamento, sviluppare una rete di contatti e aumentare la fiducia, elementi cruciali per affrontare le sfide professionali e personali.
- Sostenibilità e competenze green: integrare le competenze digitali con quelle per la sostenibilità (ambientale e sociale) è fondamentale per rispondere alle esigenze di un futuro più equo e inclusivo, che tenga conto delle nuove sensibilità dei giovani verso tematiche ecologiche e sociali.
A partire da questi principi guida è possibile costruire un modello, scalabile e adattabile a diversi contesti locali, per fornire ai giovani strumenti completi per affrontare le sfide del futuro professionale, con un focus sulla resilienza, l’innovazione e l’equità sociale. E appassionarsi al lavoro ben fatto in un contesto di qualità.
Note
[1] Consiglio nazionale dei giovani, Lost in transition, 2024
Cgil e ActionAid, Giovani in pausa, 2024
Inapp, Neet in Europa e nel mondo, Paper n. 50, 2024
[2] A. Millarini, Progetto Dig4All nella regione Umbria: approccio multi-stakeholder per la presa in carico dei NEET, tesi per il master master in Risorse Umane e Organizzazione presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi, 2024 (vedi La tesi dei Neet)