Il Piano Strategico

Formazione nella PA, servono risultati subito: una proposta per fare presto

Apprezzabile lo sforzo del Governo di recuperare il gap di competenze nella Pubblica amministrazione, ma le misure appaiono tardive e ci vorrà del tempo prima di vederne gli effetti. Azione avanza delle proposte su alcuni temi che possono produrre risultati, anche a breve termine

Pubblicato il 31 Gen 2022

Vittorio D'Orsi

membro del gruppo PA

Bruno Lamonaca

membro del gruppo PA

Mara Mucci

già vicepresidente della commissione d’inchiesta sullo stato della digitalizzazione della PA nella XVII leg, informatica, resp. PA di Azione

Roberto Reale

membro del gruppo PA

Skills

Il recente Piano StrategicoRi-Formare la PA” assume un’importanza fondamentale nell’attuazione del PNRR, visto il ruolo centrale della Pubblica Amministrazione nell’utilizzo delle risorse comunitarie, al fine di realizzare le opere pubbliche (materiali e immateriali) che costituiscono il cuore del Piano Nazionale, e il “volano” per la ripresa economica e sociale del Paese.

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Il Piano Strategico: elementi di pregio e criticità

Nel Piano Strategico sono inseriti elementi di grande pregio, che costituiscono le basi per una PA al servizio di cittadini e imprese: partendo dall’analisi dello stato attuale (as is), implementando modelli di riferimento noti (ad es. il vocabolario delle competenze SYLLABUS) per determinare come dovrebbe diventare la PA dal punto di vista della formazione (TO-BE). Assolutamente di rilievo: la guida da parte delle Università e il supporto delle grandi imprese con metodologie e strumenti già adottati nel settore privato.

È un approccio che delinea un pragmatismo utile allo sviluppo nazionale.

Tuttavia, è opportuno segnalare alcune criticità e, nel rispetto dello spirito costruttivo di Azione, proposte concrete per superarle fin da subito.

Le misure presenti nel Piano, ancorché apprezzabili, appaiono tardive e, soprattutto, richiedono tempi lunghi per la loro attuazione. La responsabilità del ritardo non è certo attribuibile all’attuale Governo; tuttavia, non si può non osservare che tutte le forze politiche che ne fanno parte, si sono alternate, nelle precedenti legislature, senza la volontà di affrontare (ovvero senza destinarvi adeguate risorse) un tema così importante.

Le proposte di Azione

Attenzione, dunque, ai tempi. Il Piano formativo dispiegherà i suoi effetti non prima di due-tre anni dall’avvio della sua attuazione e, dunque, in tempi che non sono in alcun modo compatibili con le necessità effettive di utilizzo dei fondi del PNRR.

La proposta di Azione è di attivarsi nell’immediato su alcuni temi che possano produrre risultati, sul fronte della valorizzazione delle competenze, anche a breve termine. Fra i tanti possibili, se ne propongono, qui, due in particolare:

  • individuazione e pubblicazione delle Best Practice della PA, in modo che le amministrazioni interessate possano accedere alla conoscenza attraverso un “sapere condiviso”;
  • utilizzo del Portale “inPA” per il censimento delle competenze presenti.

Affrontiamo i due punti.

Valorizzare le eccellenze della PA

Nonostante una retorica spesso aggressiva nei confronti di chi esercita la funzione pubblica, vi sono nell’ambito dell’Amministrazione italiana centri di eccellenza notevoli. Pensiamo, ad esempio, agli sportelli telematici di contatto diretto con i cittadini, o ai centri di eccellenza sanitari che sono esempi su scala globale. Di questi esempi sono piene anche le testate giornalistiche. Non c’è bisogno di creare strumenti tecnologici complessi. Si potrebbe partire da un WikiPA in cui queste eccellenze vengano rese note. Questo significa quindi portare la conoscenza da tacita ad esplicita, secondo il “modello di Nonaka” ed il “Cooperative Management”, particolarmente utilizzato nei processi di miglioramento continuo. Perché non provare?

Il portale inPA

In merito al secondo punto, il Portale “inPA” pur rappresentando un ottimo esempio di ripartenza della PA, stenta a decollare. Il Portale “guarda” soltanto al lato della domanda.

Ora, nell’effettuare l’analisi dell’AS-IS, perché non arricchire “InPA” e utilizzarlo anche come veicolo di autocensimento delle competenze disponibili? Si avrebbe così un punto unico in cui effettuare il confronto analitico fra le necessità e le disponibilità, cioè tra la domanda e l’offerta di lavoro pubblico.

Il sistema di reclutamento sotteso a “inPA”, inoltre, andrebbe molto migliorato dal punto di vista della funzionalità e della trasparenza. Tema, quest’ultimo, caro, per lo meno in passato, all’attuale Ministro della Pubblica Amministrazione.

Il portale presenta carenze strutturali; limitatamente agli aspetti più di base: non consente di importare un CV redatto secondo lo standard europeo “Europass” o da piattaforme come LinkedIn (o magari le pubblicazioni da Google Scholar), né dà conto della presa in carico o meno del CV che l’utente inserisce; è operativamente lento; non espone i criteri utilizzati per le valutazioni relative alle singole selezioni.

In Francia, la Ministra della Funzione Pubblica, Amélie de Montchalin, ha avviato un programma di reclutamento di competenze di alto livello per la pubblica amministrazione utilizzando intelligentemente anche piattaforme private, in primis LinkedIn. In Italia l’incontro tra domanda e offerta di lavoro in ambito pubblico segue anche dal punto di vista informativo logiche completamente diverse da quelle del settore privato. Perché invece non trasformare “InPA” in un ponte tra i due mondi, agevolando ad esempio la transizione di talenti e competenze tra università e ricerca, impresa, pubblica amministrazione?

Azione è disponibile, anche attraverso i propri esperti, a un confronto costruttivo su queste proposte.

L’ultimo tema critico riguarda l’obbligatorietà o meno di taluni strumenti. Il piano formativo nazionale sarà un successo se i manager pubblici saranno “obbligati” a far formare il proprio personale, con un target minimo del 10% ed un obiettivo effettivo del 25-30% della popolazione “in forze”.

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Conclusioni

Purtroppo, gli obblighi, come quelli posti attraverso il Codice dell’Amministrazione Digitale, sono spesso disattesi, così come è avvenuto per la pubblicazione degli Open Data, oppure per le nomine dei Responsabili alla Transizione Digitale. Dunque, a ciascun obbligo è necessario far corrispondere sanzioni, in caso di mancato raggiungimento dei risultati attesi, e premi, nei casi virtuosi (che esistono).

Tutto questo si raggiunge con un po’ di coraggio, avendo la forza, ad esempio, di abbandonare la logica del mansionario, e traguardando un lavoro per obiettivi, che, peraltro, è uno degli strumenti sottesi all’attuazione di un vero smart working. Tema, quest’ultimo, sul quale il Ministero per la Funzione Pubblica ha espresso posizioni spesso contraddittorie o semplicemente retoriche.

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