L’intelligenza artificiale sta assumendo un ruolo centrale nel dibattito contemporaneo sul mercato del lavoro, con implicazioni rilevanti sia per la sostituzione delle attività svolte dai lavoratori, sia per la loro integrazione con nuove tecnologie.
IA e lavoro, sostituzione o complementarità? Lo studio
Le ricerche sull’argomento si concentrano su due approcci principali: il primo analizza l’impatto dell’AI sulle occupazioni e sulle competenze professionali, cercando di misurare il rischio di sostituzione o complementarità delle abilità umane; il secondo impiega modelli linguistici e brevetti per identificare le attività più esposte all’automazione.
In Italia, l’analisi dell’esposizione professionale all’AI viene affrontata utilizzando i dati provenienti dall’indagine campionaria sulle professioni (ICP)[1] e dalla rilevazione continua sulle forze di lavoro dell’Istat[2]. Lo studio mira a quantificare sia l’impatto sostitutivo dell’AI, sia il suo potenziale di complementarità, per fornire basi solide per l’elaborazione di politiche di formazione e adattamento per i lavoratori italiani durante la transizione tecnologica.
Il paper “Lavoro e Intelligenza Artificiale in Italia: tra opportunità e rischio di sostituzione[3]“, scritto da Valentina Ferri, Rita Porcelli ed Enrico Maria Fenoaltea, pubblicato nella collana INAPP Working Paper, esamina l’esposizione delle professioni italiane all’intelligenza artificiale utilizzando l’indice AIOE (Ability level AI exposure). L’AIOE misura quanto una professione è esposta all’automazione, tenendo conto delle abilità necessarie e della probabilità di sostituzione da parte dell’AI.
Lo studio in sintesi
La ricerca sull’intelligenza artificiale si concentra sull’esposizione delle professioni all’AI e sulla loro automazione. Gli studi principali identificano la probabilità di sostituzione delle competenze umane da parte dell’AI, con un focus su complementarità e automazione delle attività lavorative. Gli indicatori sviluppati a livello internazionale sono la base per le analisi applicate al contesto italiano. Gli indicatori di esposizione all’AI sono stati adattati per l’Italia partendo dai dati dell’indagine campionaria sulle professioni (ICP) e della rilevazione continua sulle forze di lavoro (Istat).
L‘indice AIOE
Viene utilizzato l’indice AIOE per valutare l’esposizione delle professioni italiane all’automazione, integrando fattori che misurano la complementarità tra IA e lavoratori. Lo studio approfondisce le variazioni tra settori e regioni, identificando le professioni più vulnerabili e quelle che possono trarre beneficio dall’integrazione dell’AI. I risultati evidenziano l’urgenza di politiche formative per supportare i lavoratori durante questa transizione tecnologica.
L’esposizione all’intelligenza artificiale è stata calcolata per 52 abilità professionali, corrispondenti a quelle del sistema americano ONET, considerando la rilevanza e complessità di ciascuna abilità in ogni professione.
Lavori a rischio e lavori meno esposti: le principali evidenze dello studio
L’analisi dei risultati mostra, come in altri studi, che le professioni meno esposte all’intelligenza artificiale includono attività manuali, fisiche e artistiche, dove l’interazione umana è centrale e i compiti sono svolti in contesti complessi difficili da automatizzare.
Tra queste professioni, troviamo lavori nell’edilizia come manovali e intonacatori, professioni artistiche come atleti e ballerini, e ruoli tradizionali come conduttori di veicoli a trazione animale.
Al contrario, le professioni più esposte all’AI sono legate a compiti amministrativi e di gestione dati, come addetti al protocollo e allo smistamento di documenti, addetti alle buste paga e direttori generali. Questi ruoli, essendo più facilmente automatizzabili, presentano una maggiore vulnerabilità all’introduzione di tecnologie AI.
L’analisi regionale e provinciale
L’analisi regionale e provinciale evidenzia inoltre una maggiore esposizione all’AI nelle regioni settentrionali e centrali, in particolare in Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna. A livello provinciale, le aree più esposte sono Milano, Bologna e Roma, mentre le province del Sud Italia, come Vibo Valentia e Catanzaro, mostrano un impatto minore. Anche i settori più esposti all’IA riflettono un’economia ad alta digitalizzazione, con attività finanziarie, assicurative e di informazione tra quelle più colpite, mentre l’agricoltura e le costruzioni presentano una bassa esposizione. I risultati suggeriscono la necessità di interventi formativi e politiche di adattamento per sostenere i lavoratori nelle aree e nei settori più vulnerabili, offrendo opportunità per una maggiore integrazione delle tecnologie AI dove possibile.
Le professioni a basso livello di complementarità
L’analisi dell’indice AIOE corretto per la complementarità (C-AIOE) rivela che le professioni ad alto rischio di sostituzione dall’AI includono quelle con compiti routinari e altamente automatizzabili. Ad esempio, gli addetti allo smistamento documenti, gli addetti alle buste paga e gli uscieri risultano essere tra i più esposti all’automazione, poiché i loro compiti possono essere svolti da algoritmi di AI con efficienza e precisione. Queste professioni presentano un basso livello di complementarità, suggerendo che l’AI potrebbe sostituirle piuttosto che integrarsi nel loro lavoro. Al contrario, le professioni con alta responsabilità, elevata capacità decisionale o che richiedono interazioni umane complesse, come i direttori generali, i magistrati, e i tecnici dei servizi pubblici, mostrano un’alta esposizione all’AI ma anche un elevato indice di complementarità. In questi casi, l’AI può supportare i professionisti nel migliorare la qualità e l’efficienza del lavoro senza sostituirli del tutto. L’AI potrebbe essere utilizzata per automatizzare alcune attività di supporto, consentendo a queste figure di concentrarsi su compiti che richiedono competenze interpersonali, giudizio e leadership.
L’importanza della formazione
Lo studio conclude che l’adattamento degli indicatori di esposizione all’intelligenza artificiale al contesto italiano ha fornito un quadro chiaro delle professioni più vulnerabili alla sostituzione e di quelle che, al contrario, possono beneficiare della complementarità con l’AI, confermando quanto emerso anche in altri studi[4]. L’introduzione dell’indice C-AIOE ha permesso di valutare in modo più accurato il grado di integrazione tra lavoro umano e AI, rivelando che le professioni caratterizzate da responsabilità elevate e interazioni complesse presentano una maggiore resistenza all’automazione. Le regioni e i settori più industrializzati, così come i lavoratori con livelli di istruzione superiore, risultano i più esposti all’AI. Lo studio evidenzia, infine, l’importanza di politiche formative mirate, come evidenziato anche nella strategia italiana 24-26[5] e di un adattamento strutturale per proteggere i lavoratori nelle aree più colpite, favorendo al contempo l’adozione dell’AI come strumento di supporto.
Note
[1] https://www.inapp.gov.it/rilevazioni/rilevazioni-periodiche/indagine-campionaria-sulle-professioni-icp
[2] https://www.istat.it/informazioni-sulla-rilevazione/forze-lavoro/
[3] https://oa.inapp.gov.it/items/44bec246-d3ce-42b4-b6b6-fcec8167e7ad
[4] https://www.ai4business.it/intelligenza-artificiale/come-i-large-language-model-stanno-cambiando-le-professioni/
[5] https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/competenze-digitali/formazione-per-lia-fulcro-di-base-per-la-strategia-italiana-2024-2026/