L’agenda europea per le competenze e la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza (COM(2020)274) rappresenta un nuovo approccio alla politica delle competenze e mira a guidare gli Stati membri nella promozione delle transizioni verde e digitale, garantendo al contempo la ripresa dall’impatto socioeconomico nelle fasi successive alla pandemia.
La digitalizzazione è certamente una delle trasformazioni più significative in atto. Per rimanere competitivi sul mercato del lavoro, ai lavoratori è infatti richiesto un aggiornamento e un potenziamento continuo delle proprie competenze. L’uso efficace degli strumenti digitali costituisce un fattore abilitante al mondo del lavoro senza il quale non può essere garantita al meglio l’occupabilità dei cittadini. A ciò si unisce una esigenza connessa all’uso di tecnologie emergenti e all’integrazione di tecnologie digitali avanzate come, ad esempio: l’intelligenza artificiale (AI), la realtà virtuale (VR), l’Internet delle cose, il cloud computing, etc.
Per guidare le imprese nella transizione digitale e, in particolare, nell’adozione dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale, è necessario non solo potenziare le competenze dei lavoratori ma anche guidare la transizione che, se non adeguatamente accompagnata, può generare effetti “negativi” sui processi e sulle attività lavorative.
Il progetto European Learning Experience Platform – EULEP
Obiettivo del progetto europeo EULEP – finanziato dal programma Erasmus+ e in corso di realizzazione – è quello di mettere a punto un’offerta di formazione utile a potenziare le competenze di chi opera in azienda, con riferimento all’intelligenza artificiale e alla realtà virtuale, fruibile attraverso una piattaforma di apprendimento centrata sulla personalizzazione dei percorsi.
Il progetto riunisce organizzazioni con background diversi come camere di commercio e industria, fornitori di Istruzione e Formazione Professionale, mondo accademico, Istituti di ricerca e autorità pubbliche provenienti da 8 paesi europei: Austria, Belgio, Cipro, Francia, Italia, Lettonia, Spagna, Turchia. Il partenariato italiano è composto da Inapp, Unioncamere, IFOA e Università di Genova.
Nell’ambito del progetto è stata condotta un’indagine sui livelli di digitalizzazione di 717 imprese ( 53 quelle italiane coinvolte), i cui risultati non si scostano da quelli di Eurostat[1] riferiti al 2023[2], nonostante la diversità e l’estensione del campione di riferimento (27 Paesi contro gli 8 di Eulep). Di seguito riportiamo le principali evidenze.
Bassa maturità digitale delle imprese europee
Solo il 38% degli intervistati ha dichiarato di avere all’interno dell’azienda un reparto, una unità organizzativa o un membro del personale, dedicato specificatamente alla gestione e allo sviluppo delle tecnologie dell’informazione (IT). Considerando che le aziende più avanzate nella digitalizzazione sono quelle che possono contare su personale specializzato, si può arguire che il livello di digitalizzazione delle imprese non sia molto elevato.
Una nota negativa viene anche dall’investimento in tecnologia (hardware, software, connessione Internet, ecc.), dato che il 69% dei rispondenti ha speso meno di 10.000 euro nell’anno precedente l’intervista. Più in dettaglio, il 27% ha speso meno di 3000 euro, il 42% tra 3000 e 10000 euro e solo il 31% più di 10000.
La tecnologia digitale più diffusa tra tutte le aziende intervistate è decisamente il sito web (82%). Alta anche la percentuale di coloro che dispongono di un software gestionale interno (70%), di uno per l’analisi dei dati (57%) e che utilizzano il cloud computing (51%). Al contrario, solo meno della metà degli intervistati dispone di tecnologie come CRM (47%), app mobili (42%), machine learning (39%), e-commerce (35%), rilevamento delle anomalie (33%), sistemi di fidelizzazione (33%), previsioni, ottimizzazione dei prezzi e processo decisionale (27%) e internet of things (22%).
In termini di digitalizzazione, si evidenziano quindi situazioni che indicano complessivamente una bassa maturità digitale, se si considera che meno della metà delle aziende intervistate ha una persona o una unità organizzativa responsabile dell’IT e la maggior parte investe troppo poco in tecnologia.
Inoltre, per quanto riguarda la tecnologia utilizzata, si fa soprattutto ricorso a siti web e processi di gestione interna, che allo stato attuale appartengono alla categoria delle tecnologie di base, mentre le tecnologie più avanzate (come quelle che coinvolgono l’AI o la VR), sono ancora molto poco diffuse.
Servono lavoratori al passo con l’innovazione
L’indagine ha affrontato anche il tema della gestione delle risorse umane e dei modelli di sviluppo delle competenze dei dipendenti dell’impresa. Da questo punto di vista il 51% delle aziende intervistate effettua regolarmente una valutazione delle competenze dei propri dipendenti. Guardando ai risultati per Paese, la media varia notevolmente: in Italia, l’81% delle aziende ha effettuato valutazioni periodiche delle competenze, seguita da Francia (73%), Spagna (63%), Belgio (58%), Turchia (49,8%), Cipro (46,2%), Austria (37,7%) e Lettonia (32%).
Il 50% delle aziende dichiara inoltre di avere una funzione dedicata allo sviluppo delle competenze del personale, anche in questo caso con una variazione significativa per Paese. Le aziende Belghe dichiarano di averne nel 68% dei casi, seguiti da Spagna (63%), Italia (59%), Cipro (53,8%), Turchia (48%), Francia (46%), Lettonia (42%) e Austria (39%).
Una ampia maggioranza delle imprese (73%) dichiara che la propria azienda trarrebbe vantaggio dall’aggiornamento o dalla riqualificazione del personale in tema di IT, contro il 27% che non la pensa allo stesso modo. Il 68% degli intervistati ritiene inoltre che i propri dipendenti non siano sufficientemente formati in materia di IT e il 53% ritiene che i dipendenti non abbiano competenze informatiche sufficienti per il lavoro che svolgono. Infine, il 62% dichiara di aver offerto formazione ai propri dipendenti nell’anno precedente le interviste (2021).
Poche aziende usano l’IA, ma molte pensano di farlo in futuro
Dopo le domande relative alle politiche formative, i quesiti hanno avuto come obiettivo quello di far emergere quanto le aziende siano consapevoli dell’adozione dell’IA e della VR e quante di esse stiano effettivamente utilizzando queste nuove tecnologie e quali, infine, siano gli eventuali impedimenti.
Dall’indagine è emerso che solo il 21% delle imprese intervistate fa ricorso a soluzioni di intelligenza artificiale. La Turchia è il Paese con il minor utilizzo, di contro, l’Austria e l’Italia sono invece più avanti rispetto agli altri Paesi con rispettivamente il 39% e il 45%.
Tra le aziende che utilizzano soluzioni di intelligenza artificiale, si distingue un 69% che fa ricorso a software con intelligenza artificiale e un 27% che sviluppa invece soluzioni di intelligenza artificiale.
La tendenza è simile in tutti i paesi, ad eccezione di Cipro, Francia e Italia, dove c’è una quota leggermente più alta di sviluppatori di soluzioni di intelligenza artificiale.
Tra le aziende che non utilizzano soluzioni di intelligenza artificiale (il 79% delle imprese intervistate), il 53% dichiara che questa non presenta un campo di applicazione in azienda. Circa un terzo dichiara di non sapere come introdurla o di non conoscerne i vantaggi. Da notare che la mancanza di competenze della forza lavoro aziendale è all’ultimo posto come motivazione (14%).
Il fatto che oltre la metà degli intervistati dichiari che non esiste un campo di applicazione dell’intelligenza artificiale in azienda, sta ad indicare una mancanza di consapevolezza sull’ampia gamma di soluzioni disponibili.
Per le aziende che utilizzano l’intelligenza artificiale (21%), i processi in cui questa è maggiormente presente sono la gestione economica seguita, a ruota, dalla gestione dei servizi e/o della produzione e dal marketing digitale.
È interessante notare che, indipendentemente dal fatto che le aziende utilizzino o meno soluzioni di intelligenza artificiale, c’è una percezione generale (54% degli intervistati) che questa possa migliorare la produttività e l’efficienza in azienda.
Il 43% degli intervistati dichiara infatti che è un vantaggio, mentre solo il 2% la considera una minaccia. Il dato più interessante in questo senso è che la maggioranza delle imprese intervistate (55%) dichiara di non essere in grado, in questo momento, di prefigurare se queste tecnologie possono essere valutate come una opportunità per il futuro o, invece, come una possibile minaccia.
Il 62% intende utilizzare l’intelligenza artificiale in un prossimo futuro, anche se circa la metà dei rispondenti dichiara di aver bisogno di riqualificare, o aggiornare, i propri dipendenti o ricercarne di nuovi in possesso del giusto know how. Il 38% dichiara invece di non voler adottare o aumentare l’uso dell’intelligenza artificiale in impresa.
Poche aziende fanno ricorso alla realtà virtuale
In relazione invece alla realtà virtuale, la stragrande maggioranza degli intervistati (86%) dichiara che la propria azienda non utilizza questo tipo di soluzioni. Intorno a questi valori medi esiste però una certa variabilità tra paese e paese con l’Italia, ad esempio, con il 42% degli intervistati che ha risposto positivamente, e all’opposto la Turchia con solo l’8%.
Si fa ricorso alla realtà virtuale principalmente come utenti (73%) e non come sviluppatori di soluzioni specifiche.
Il 12% utilizza questa tecnologia per la gestione del servizio e/o della produzione, il 9% per il marketing e la promozione digitale, il 6% rispettivamente per la formazione del personale e l’e-commerce e il 4% per i manuali utente.
Tra coloro che non la utilizzano, il 52% dichiara che l’azienda non ha un campo di applicazione dedicato, il 34% non sa come introdurla nel modello di business o nei processi aziendali e il 14% che la forza lavoro non ha le competenze necessarie.
Allo stesso tempo, alle aziende è stato chiesto quali potrebbero essere gli utilizzi futuri delle tecnologie di realtà virtuale. In questo senso il 18% vede possibili applicazioni nel marketing e nella promozione digitale, il 17% nella gestione dei servizi e nella produzione, il 13% nella formazione del personale, l’11% nell’e-commerce, l’8% per i rapporti con l’utente e il 6% per la realizzazione della manualistica utente. È importante sottolineare come il 27% degli intervistati non sa, al momento, in cosa possano essere utilizzate in futuro le tecnologie di VR o, afferma, che non la userebbe in nessun caso (4%).
Necessaria più formazione in IA e VR
Il numero di aziende che ha intrapreso attività formative su questi temi è piuttosto contenuto; infatti, solo il 7% dichiara di aver formato i propri dipendenti in relazione all’intelligenza artificiale e il 6% alla realtà virtuale.
Allo stesso tempo, gli intervistati ritengono che vi sia una chiara necessità di formazione su entrambi i temi, con una maggiore necessità per quelli connessi l’AI. Rispettivamente il 76% e il 61% degli intervistati ha indicato che c’è un bisogno da moderato a estremo di formazione nell’AI (34% di necessità estrema) e VR (20% estrema).
Le aziende sembrano riconoscere una necessità di sviluppare competenze connesse a questi temi dichiarando, nel 63% dei casi, di voler pianificare in futuro azioni formative per i propri dipendenti.
Alle aziende è stato anche richiesto quale a loro avviso dovesse essere il livello degli interventi formativi da proporre all’interno delle proprie aziende. Il 61% degli intervistati ha dichiarato che la formazione dovrebbe essere mirata ad un livello iniziale, mentre Il 27% ritiene che sia necessario operare con interventi di livello intermedio e, infine, l’11% ritiene che si debba intervenire con proposte di livello avanzato.
In merito al contenuto delle competenze da sviluppare, le più richiesto risultano essere quelle relative all’uso di tecnologie di machine learning (23% degli intervistati), alla programmazione (21%), ai big data (17%), alla modellazione informatica (13%), alla realtà virtuale (12%), alla robotica (9%).
Un ultimo aspetto indagato è stato quello etico. Per gli intervistati, le principali preoccupazioni sono connesse al tema della privacy e alla protezione dei dati (27%), alla fiducia e alla sicurezza (24%) e alla responsabilità (20%).
Alle aziende è stato chiesto anche di valutare l’attuale livello di competenze del proprio personale rispetto all’etica nell’utilizzo di queste tecnologie. Lo ritengono insufficiente il 33% per quanto attiene l’intelligenza artificiale e il 36% riguardo la realtà virtuale.
Focus sulle imprese italiane
Concentrandosi solo sui rispondenti italiani, il 56,6% delle aziende intervistate dichiara di avere nella propria organizzazione staff dedicati all’IT. Il 62,3% di queste, nell’ultimo anno, ha investito (oltre i 10.000 euro) in tecnologia (hardware, software, connessione Internet, ecc.).
Le soluzioni IT vengono soprattutto utilizzate dalle aziende per il web, il data analysis e l’internal management. Dai risultati delle interviste, il 49,1% delle imprese dichiara di utilizzare l’intelligenza artificiale, mentre il 41,5% dichiara di utilizzare le tecnologie connesse alla realtà virtuale. Nei casi in cui i rispondenti abbiano dichiarato di non utilizzare queste tecnologie, i motivi possono essere ricondotti alla mancanza di campi di applicazione nelle aziende, alla mancanza di competenze specifiche e alla mancanza di conoscenza su come introdurre tali soluzioni nei processi aziendali.
I processi aziendali in cui risulta esserci una maggiore propensione all’utilizzo dell’AI sono: la gestione dei servizi e dei prodotti erogati dall’azienda, la gestione della produzione, il marketing e la promozione digitale. In via residuale, al momento l’AI trova applicazione in specifiche attività come il monitoraggio finalizzato alla predittività dei macchinari, lo sviluppo di applicazioni, la produzione di contenuti multimediali, l’esecuzione di processi di riconciliazione amministrativa, la “sensoristica indossabile”, lo sviluppo di soluzioni personalizzate per i clienti e lo sviluppo di applicazioni specifiche di tipo settoriale.
Anche per la VR gli ambiti di maggiore impiego nei processi aziendali delle imprese italiane intervistate risultano essere quello della gestione del servizio e del prodotto, della gestione della produzione e del marketing digitale. Si segnalano a titolo esemplificativo alcune applicazioni specifiche come la creazione di ambienti immersivi per la promozione turistica e culturale, Handbook per installazioni hardware e software, gestione di interventi manutentivi complessi, sviluppo di applicazioni e produzione di contenuti multimediali, sistemi per “remotizzare” i contatti del personale.
In linea generale il 66% delle imprese italiane intervistate ritiene che la maggior parte del personale sia sufficientemente formato in materia di IT e quasi la totalità degli intervistati afferma che il miglioramento delle competenze IT, o la riqualificazione del personale, possa portare vantaggi all’azienda. Per quanto riguarda la necessità di competenze connesse direttamente alle tecnologie per l’applicazione dell’AI e la VR le aziende hanno dichiarato un fabbisogno alto o molto alto in circa il 50 % dei casi per l’AI e circa il 30% dei casi per la VR.
Di seguito la tabella che riassume le percentuali complessive ottenute dalle due domande.
Tabella x. Livello fabbisogno formativo delle aziende italiane in Intelligenza artificiale e Realtà virtuale
Pensa che i suoi dipendenti abbiano bisogno di formazione in tema di Intelligenza Artificiale? | |
Affatto | 9,4% |
Leggermente | 1,9% |
Moderatamente | 39,6% |
Altamente | 30,2% |
Estremamente | 18,9% |
Totale | 100 % |
Pensa che i suoi dipendenti abbiano bisogno di formazione in tema di Realtà Virtuale? | |
Affatto | 11,3% |
Leggermente | 18,9% |
Moderatamente | 37,7% |
Altamente | 20,8% |
Estremamente | 11,3% |
Totale | 100% |
Fonte: elaborazione dati Inapp Progetto Eulep, 2023
I problemi da superare
Dai i dati raccolti con l’indagine emerge un quadro di digitalizzazione diffusa riferita però a strumenti di base come i siti web e gli strumenti di gestione informativa interna all’impresa. Di contro, la diffusione delle tecnologie connesse all’AI e alla VR appare ancora molto limitata.
Un dato che più di altri ci sembra importante sottolineare è quello relativo alle difficoltà connesse, ancora prima che all’introduzione in azienda di queste tecnologie, alla percezione che i rispondenti hanno dell’utilità, delle potenzialità e delle opportunità, che queste tecnologie possono generare.
Da questo punto di vista è importante ricordare che solo il 21% delle aziende ha dichiarato di fare uso di tecnologie di AI e di VR. Di contro il 79% delle imprese intervistate ha dichiarto di non farne uso e di queste, poco più della metà (53%) dichiara di non sapere quale potrebbe essere il campo di applicazione nella propria azienda, più di un terzo dichiara di non sapere come introdurle o di non conoscerne i vantaggi.
Questi risultati indicano come al momento il fabbisogno più urgente sembra essere connesso a competenze che facilitino l’individuazione e l’introduzione in impresa di soluzioni tecnologiche di efficientamento dei processi di lavoro piuttosto che competenze specifiche riferite all’uso delle tecnologie dell’AI e della VR.
Fattori che possono ostacolare sviluppo e adozione di IA e VR
L’indagine ha consentito di individuare alcuni fattori che possono ostacolare più di altri lo sviluppo e l’implementazione di queste tecnologie. Il primo è riferito proprio agli imprenditori, soprattutto delle PMI europee, che potrebbero non disporre delle competenze digitali necessarie ad attuare iniziative di trasformazione. A questo è necessario associare fattori di natura culturale, come ad esempio la resistenza al cambiamento, che può portare a preferire le pratiche aziendali tradizionali.
Un ulteriore tema è quello relativo all’integrazione con i sistemi gia esistenti in impresa, che può essere un fattore di difficile gestione soprattutto quando i sistemi pre-esistenti risultano obsoleti e difficili da aggiornare o sostituire.
Anche attrarre e trattanere lavoratori qualificati capaci di progettare, implementare, gestire e sviluppare, soluzioni digitali avanzate può costituire un fattore di criticità soprattutto per le PMI. Questi lavoratori, peraltro, costituiscono spesso anche il tramite con cui accedere alle opportunità finanziare, come le sovvenzioni governative o il credito bancario, per sostenere le iniziative di trasformazione digitale dell’impresa.
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