intelligenza artificiale

IA no-code: cos’è, esempi e vantaggi

L’IA no-code è l’intelligenza artificiale che funziona attraverso interfacce intuitive, senza bisogno di competenze di programmazione. Rende accessibile la tecnologia a una platea più ampia, consente di trovare soluzioni anche ai non esperti. Le startup sul mercato e gli esempi pratici

Pubblicato il 17 Mag 2022

Andrea Benedetti

Senior Cloud Architect Data & AI, Microsoft

intelligenza artificiale pirateria

Gli strumenti e le piattaforme di IA no-code e low-code permettono di sfruttare interfacce grafiche per costruire soluzioni di intelligenza artificiale, senza particolari skill di programmazione.

Stanno rapidamente evolvendo per rispondere a due esigenze: la richiesta di competenze IA[1] e la volontà di consentire a tutti l’accesso a queste tecnologie, come si è fatto, nel tempo, con la diffusione del personal computer.

L’intelligenza artificiale per dare un futuro all’industria italiana: ecco come

IA no-code: un’applicazione pratica per il citizen data science

Il “citizen data science” è un termine coniato dalla società Gartner per definire una persona che, pur avendo come primaria occupazione qualcosa di diverso rispetto alla statistica e all’analisi dei dati, è in grado di creare o generare modelli analitici utilizzando funzionalità legate alla scienza dei dati.

Il citizen data science riesce a utilizzare potenti ma facili strumenti senza essere prima un esperto di ciò che viene fatto dietro le quinte. E l’IA no-code può aiutarlo.

Qualche mese fa, un ingegnere del software e apicoltore per passione, voleva capire se altri insetti, oltre alle api, stessero entrando nei suoi alveari e disturbando i suoi insetti preferiti.

Così, dopo aver costruito una piccola cabina fotografica in grado di scattare foto ogni volta che un sensore si accorgeva di movimenti in ingresso nell’alveare, si ritrovò a dover analizzare migliaia di foto per arrivare a rispondere alla sua domanda di partenza.

Un lavoro di analisi manuale molto dispendioso, facilmente evitabile se solo ci fosse stato un meccanismo automatico e intelligente gestito da una macchina.

A quel punto, discutendo con alcuni colleghi, venne a conoscenza di un servizio, Lobe.ai, che permetteva a chiunque – senza alcuna competenza tecnica – di poter addestrare un algoritmo di visione artificiale così da permettergli di riconoscere i vari insetti: le sue api mellifere, le vespe e, soprattutto, il temuto calabrone asiatico, in grado di spazzare via un alveare nel giro di poche ore.

Questo servizio, di fatto, può essere utilizzato da chiunque per creare soluzioni legate a uno dei compiti più noti della visione artificiale, o computer vision: la classificazione delle immagini, ovverosia il raggruppamento di una determinata immagine come appartenente a un serie di categorie predefinite.

Si pensi alla semplicità di realizzazione, in tempo di pandemia, di un modello in grado di capire da un’immagine di un viso se la persona stia indossando una mascherina o meno.

Appena avuta l’idea, la trasformazione in “citizen data science” ha consentito di sfruttare, immediatamente una piattaforma in grado di nascondere tutta la complessità necessaria a raggiungere lo scopo prefissato: tramite diverse foto di esempio e alcuni click, l’apicoltore per diletto era stato in grado di creare un complesso sistema capace di riconoscere le sue api e i visitatori indesiderati dell’alveare.

Questo, evidentemente, è solo un esempio che fa parte di un crescente numero di “sviluppatori cittadini“: persone in grado di utilizzare piattaforme o servizi che consentono, a chiunque, di risolvere problematiche (di business o meno) anche, come in questo caso, applicando meccanismi di intelligenza artificiale, senza la necessità di conoscere linguaggi di programmazione e/o dover necessariamente scrivere istruzioni e righe di codice.

IA no-code: quali sono i vantaggi principali

Queste piattaforme stanno diventando estremamente utili: un vero esperto di dominio con anni di preparazione e competenza può essere in grado di creare preziose soluzioni di IA a una velocità paragonabile a quella di un qualsiasi “scienziato di dati” che, invece, deve ancora apprendere il contesto di riferimento.

Tutto questo eliminando la (ripida) curva di apprendimento della scienza dei dati che, altrimenti, sarebbe necessaria.

Il ritorno dell’investimento è immediato e lo sviluppo della soluzione praticamente istantaneo, subito dopo l’idea da mettere a terra.

Se prima, per poter costruire soluzioni come queste, erano necessari sviluppatori e/o ingegneri del software, oggi l’IA no-code permette ad utenti dotati di browser web e un’idea di poter dare vita alla loro intuizione.

Le icone cliccabili sui nostri pc hanno sostituito oscuri comandi di programmazione sui computer di casa o dell’ufficio: per fare un esempio, i lettori più giovani potrebbero non aver mai visto o sentito parlare del DOS.

Allo stesso modo, queste nuove piattaforme, apparentemente senza codice, sono in grado, seppur per utilizzi limitati e specifici, di sostituire i linguaggi di programmazione tramite interfacce web semplici, intuitive e familiari.

IA no-code: le maggiori startup sul mercato

Un’ondata di start-up sta utilizzando la potenza dell’IA per portare soluzioni innovative a persone che non sono propriamente tecniche e non hanno specifiche competenze nei domini visivi / testuali / audio.

Juji.io è un esempio di come la semplicità di un’interfaccia web permetta di costruire uno strumento per realizzare chatbot, programmi in grado di simulare una conversazione simile a quelle umane tramite messaggi di testo (chat).

Utilizzando l’apprendimento automatico, questa piattaforma permette di gestire complessi flussi di conversazione e capire le caratteristiche degli utenti per personalizzare il livello di coinvolgimento, invece di fornire semplici interazioni già programmate.

L’obiettivo dei creatori era quello di fornire al chatbot delle competenze trasversali “umane”, come l’intelligenza emotiva, in modo che potessero connettersi con gli utenti a un livello più personale rispetto ai sistemi esistenti.

Il personale dell’Università dell’Illinois è quindi stato in grado di creare la propria intelligenza artificiale personalizzata per gestire in maniera più efficace le operazioni di reclutamento delle matricole.

Fare intelligenza artificiale senza codice, dopo averne compreso il vero potenziale, è ancora un’attività in fase primordiale: ad esempio, non è ancora semplicissimo per tutti comprendere l’apprendimento automatico per riuscire a immaginare ciò che è possibile fare. Tuttavia, l’evoluzione e i progressi a cui stiamo assistendo rendono le piattaforme di IA no-code sempre più potenti.

OpenAI, società co-fondata da Elon Musk, con la sua piattaforma GPT-3 permette di creare siti internet, eseguire attività di programmazione di base, scrivere articoli, costruire immagini semplicemente chiedendo che cosa devono rappresentare, senza alcuna competenza di programmazione.

GitHub Copilot è un ulteriore esempio di come un sistema di IA permetta di aiutare sviluppatori di codice a realizzare programmi (“AI-Augmented Development”) comprendendo le istruzioni in corso di scrittura e suggerendo un completamento automatico per velocizzare il lavoro.

Il completamento del codice di GitHub, in realtà, va oltre la conclusione del testo ma fornisce anche suggerimenti per nuove righe di codice o anche intere funzioni e metodi direttamente all’interno dell’editor di sviluppo.

La funzionalità di Co-Pilot sfrutta il nuovo sistema Codex AI di OpenAI, che è stato addestrato su miliardi di righe di istruzioni lette dai repository di codice sorgente pubblico presenti su GitHub e dal suo set diversificato di linguaggi di programmazione.

Attualmente queste funzionalità sono disponibili tramite un programma di anteprima privato, ma dai primi utilizzi e dai primi commenti sembra già molto promettente per semplificare la vita degli sviluppatori.

Come la maggior parte delle grandi aziende tecnologiche, anche Microsoft sta investendo molto nel campo dei citizen data scientist: la Power Platform, una piattaforma di applicazioni business completamente “no code”, permette per esempio di recepire, comprendere e fornire risposte a domande simili a “dammi la lista di tutti i clienti che hanno comprato qualcosa lo scorso mese”.

Oppure, parlando di presentazioni, lo stesso PowerPoint contiene una funzionalità chiamata “Designer” che è in grado dare consigli per disegnare al meglio il layout delle slide, analizzando e comprendendo il loro contenuto: fornisce temi completi, sfondi o icone inerenti il tema trattato e altri semplici suggerimenti.

Per consentire una migliore accessibilità ai contenuti per i non vedenti, gli utenti possono sfruttare il testo alternativo che viene generato in automatico con l’immagine allegata, oppure sottotitoli e sovraimpressioni in tempo reale durante le presentazioni.

L’IA è quindi completamente integrata in questo applicativo, con il preciso scopo di aiutare lo sviluppo e migliorare la produttività di tutte le fasi di una presentazione: dalla sua costruzione alle prove di presentazione, valutate da una sorta di coach virtuale.

Il coach fornisce indicazioni rispetto al ritmo, al tono di voce, all’uso di parole utilizzate, ai termini culturalmente sensibili, alle lungaggini o, semplicemente, fa notare se si sta leggendo il contenuto della slide stessa.

Se si stima che circa la metà di tutto il lavoro d’ufficio potrebbe essere automatizzato con l’intelligenza artificiale, a patto di avere abbastanza sviluppatori per fare il lavoro, è altrettanto vero che l’unico modo per farlo nel concreto diventa quello di consentire a tutti di diventare un citizen data scientist, uno sviluppatore senza codice.

Conclusioni

Oggi la maggior parte delle intelligenze artificiali realizzate senza codice sono costruite da persone con preparazione tecnica che desiderano semplificare il modo con cui vengono eseguite le cose senza la necessità di dover coinvolgere dei programmatori.

In futuro, invece, assisteremo ad una platea più ampia di persone che costruiranno soluzioni abilitate dall’intelligenza artificiale, così come gli adolescenti di oggi riescono a creare video con filtri ed effetti sofisticati che, fino a qualche anno fa, avrebbero richiesto il coinvolgimento di uno studio professionale.

Lo sforzo, da parte di chi costruisce piattaforme abilitanti, è quello di concentrarsi per rendere i loro servizi facili e funzionali affinché diventino materiale di consumo per “persone normali”, non necessariamente tecniche.

Akkio ha creato un sistema in grado di prevedere quale parola chiave e quale titolo otterrebbe la maggiore visibilità dei post del blog dei suoi clienti sui motori di ricerca.

Alex Denning, che gestisce la società Ellipsis che ha richiesto questo sistema, ha raccontato di non essere uno sviluppatore, ma che ha realizzato in maniera facile e intuitiva la soluzione appena descritta.

L’idea, alla fine, è quella di riuscire ad avere la consapevolezza di come possano essere sfruttate queste nuove piattaforme, anche senza cercare di individuare il calabrone nemico delle api, ma anche solo per riuscire a trovare fastidiose vespe che si intrufolano nei nostri alveari.

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Note

  1. La domanda di sviluppatori e ruoli tecnici tech e legati ad IA e data science continua a salire nel tempo. Se già il report US Emerging Jobs del 2020 stimava una crescita annuale del 35% legata ai ruoli di data scientist, un rapporto sul lavoro emergente realizzato da LinkedIn stima che, nei prossimi 5 anni, verranno aggiunti a livello globale non meno di 150 milioni di posti di lavoro legate a professioni di IA. Con questo tasso di richiesta, è evidente che sarà difficile trovare specialisti con le competenze necessarie in grado di soddisfare la domanda del mercato.

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