Intelligenza artificiale, reingegnerizzazione dei processi, chatbot, big data sono ormai termini entrati a far parte del linguaggio comune, evocativi di un processo di digitalizzazione e innovazione che porterà ad una modifica profonda dell’assetto economico, sociale e culturale del nostro Paese ed è destinato ad avere impatti significativi anche sul quotidiano di cittadini, organizzazioni e, non da ultime, pubbliche amministrazioni.
Per la vera PA digitale servono le competenze giuste: le priorità per il nuovo Governo
Se l’Italia digitale inizia concretamente a prendere forma, è anche per via di quanto sta accadendo alle pubbliche amministrazioni che:
- da un lato sono esse stesse al centro di un profondo processo di cambiamento dei processi interni quanto dei loro rapporti con l’esterno;
- dall’altro lato, sono motore trainante della digitalizzazione del Paese e dei suoi protagonisti – cittadini e imprese in primis – che accompagnano nell’apprendimento di nuove competenze digitali e nell’utilizzo di strumenti e nuove tecnologie.
In sostanza, più la PA sarà in grado di abbracciare e vincere la sfida della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica, più diventa concreta la opportunità per l’Italia tout court di raccogliere un dividendo digitale, grazie alla capacità del capitale umano (di cui noi stessi facciamo parte in qualità di cittadini, civil servant, lavoratori, e-leader) di utilizzare le nuove tecnologie ed inserirle in modo efficace ed efficiente nei processi produttivi.
È da questa premessa che muove il volume “La transizione digitale” del Rapporto Formez PA 2022, a cura del Centro studi e attività internazionali dell’istituto.
La strada della digitalizzazione è ancora lunga: input dal DESI 2022
Al netto del tanto parlare di digitalizzazione e innovazione, qual è lo stato reale della transizione digitale in Italia?
Un valido aiuto per rispondere a questo interrogativo proviene dall’indice Desi 2022. Articolato in quattro ambiti tematici – Capitale umano, Connettività, Integrazione delle nuove tecnologie, Servizi pubblici digitali – il DESI è un Indice della Commissione europea che, a partire dal 2014, registra ogni anno i progressi degli Stati membri in materia di politica digitale.
Nel 2022, l’Italia ha totalizzato nel complesso un punteggio di 49,3, inferiore di tre punti rispetto al dato medio europeo (52,3), collocandosi al diciottesimo posto nella graduatoria dei paesi membri, stessa posizione occupata nel 2021. L’Italia si trova indietro non solo rispetto ai paesi che occupano i primi tre posti nel ranking (rispettivamente Finlandia, Danimarca e Olanda) ma anche rispetto a paesi a noi omologhi come Francia (12° posto) e Germania (13°).
Desi 2022, per l’Italia un risultato agrodolce: perché siamo l’emblema di un’Europa a due velocità
Entrando nel dettaglio delle singole dimensioni che compongono l’indice Desi, emerge un quadro di luci ed ombre: in particolare, l’Italia presenta valori superiori al punteggio europeo in materia di connettività e integrazione delle tecnologie digitali, mentre è al di sotto per le categorie tematiche del capitale umano e dei servizi pubblici digitali.
Rispetto alla connettività, per cui l’indice Desi monitora la diffusione della banda larga e il suo costo per le famiglie e la copertura 5G del Paese, l’Italia si trova al 7° posto nella graduatoria dei paesi europei, con un balzo in avanti di ben sedici posizioni rispetto al 2021. La scalata nella classifica è spiegata non solo dal fatto che il 97% delle famiglie italiane è coperto dalla banda larga veloce (NGA) ma anche dal balzo in avanti compiuto relativamente alle zone abitate che dispongono di connessione mobile 5G (sono il 99,7%, erano l’8% nel 2021) se si considera anche la percentuale di copertura 5G fornita mediante tecnologia di condivisione dello spettro, ampliata grazie all’introduzione degli obblighi di copertura e di utilizzo dello spettro connessi ai diritti d’uso delle bande pioniere 5G concessi nel 2018, come stabilito dall’AGCOM (delibera 231/18/CONS).
L’Italia si colloca in buona posizione anche nel ranking per la categoria integrazione delle tecnologie digitali: il nostro paese occupa l’8° posto, migliorando di due posizioni rispetto al 2021. Nello specifico, i punteggi migliori afferiscono all’intensità digitale delle PMI (60% contro il 55% della media UE) e all’utilizzo della fatturazione elettronica (95% contro una media europea del 32%), favorito anche dal recente recepimento della Direttiva 2014/55/UE relativa alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici. Più carenti sono invece le imprese italiane sull’utilizzo di big data (9%, contro il 14% della media UE), intelligenza artificiale (IA) (6%, contro l’8% della media UE) e le TIC per la sostenibilità ambientale (9%, contro il 14% della media UE).
Negativi i dati relativi alla categoria tematica dei servizi pubblici digitali. Qui l’Italia si classifica al 19° posto, collocandosi a distanza da paesi quali Francia, Germania e Spagna e peggiorando di una posizione il piazzamento ottenuto dal 2021. Nonostante l’accelerazione avuta durante Covid-19 nella strutturazione dell’offerta dei servizi da parte del pubblico, evidenziata dal lieve ritardo in materia di servizi pubblici digitali per le imprese (79 il punteggio ottenuto, 82 il dato medio UE) e dal punteggio positivo sulle politiche in materia di dati aperti (92, contro la media UE di 81), tuttavia il Desi 2022 certifica una situazione che vede una domanda di servizi pubblici digitali ancora poco sviluppata rispetto al resto d’Europa.
Ma è nella macro-area del capitale umano che l’Italia registra un grave gap rispetto agli altri Paesi UE, collocandosi al terz’ultimo posto nella graduatoria europea: peggio di noi nel ranking vi sono solo Bulgaria e Romania. In particolare, l’Italia risulta fanalino di coda in materia di competenze avanzate nella digitalizzazione (con un punteggio di 15/100) e competenze come utenti di Internet (21,6 su 100). La percentuale, rilevata dal DESI 2022, di “laureati nel settore Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC)” pari all’1,4% (3,9% il dato medio europeo), rende poi evidente la difficoltà delle imprese e delle amministrazioni italiane di arruolare personale specialistico, aspetto fondamentale per la crescita produttiva del Paese.
Perché occorre investire sul capitale umano, a cominciare dalla PA
Nonostante la presenza di fattori che ridimensionano il ritardo del nostro Paese – dai cambiamenti metodologici subiti dall’indice DESI negli anni e che non sempre consentono un confronto omogeneo fra dati fino alla particolare conformazione del nostro tessuto produttivo che richiede di contestualizzare le evidenze raccolte – è innegabile tuttavia che il DESI 2022 restituisce l’immagine di un Paese che al netto degli importanti e significativi passi in avanti compiuti sulla strada della digitalizzazione, ha davanti a sé ancora tanta strada da fare per recuperare il terreno perduto.
Appare prioritario soprattutto recuperare nei prossimi anni il grave ritardo accumulato sul fronte delle competenze digitali che, ad oggi rappresenta il principale ostacolo per la transizione digitale, anche della PA: infatti, un capitale umano poco digitalizzato si traduce nella pratica nella scarsa o nulla capacità dei cittadini di usufruire delle infrastrutture digitali e dei servizi messi a disposizione dalla PA, impedisce alle pubbliche amministrazioni di far evolvere i propri servizi e ostacola il reperimento del personale altamente specializzato limitando le opportunità date dalla trasformazione digitale.
Guardando la situazione da una prospettiva diversa, ovvero dal lato delle soluzioni, ecco che gli investimenti sul capitale umano rappresentano al contempo la chiave di volta affinché la transizione digitale non rimanga incompiuta: in tal senso, lasciano ben sperare gli investimenti in materia nell’ambito del PNRR, dove la dimensione del capitale umano trova spazio nelle Missioni 1 e 4 che hanno previsto investimenti per la digitalizzazione della PA, l’acquisizione delle competenze digitali da parte dei cittadini (in particolare le conoscenze di base), il sostegno di corsi di dottorato in nuove tecnologie e l’ampliamento dell’offerta accademica nel settore tecnologie digitali.
Il ruolo di Formez PA
Investire sul rafforzamento delle competenze digitali del capitale umano è al centro dell’azione di Formez PA a fianco delle pubbliche amministrazioni in materia di digitalizzazione.
Una cornice di riferimento che ha guidato l’azione dell’Istituto è rappresentata dal “Syllabus – Competenze digitali per la PA”, strumento del Dipartimento della Funzione Pubblica che riporta l’insieme minimo delle conoscenze e abilità che ogni dipendente pubblico, non specialista IT, dovrebbe possedere per partecipare attivamente alla trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione.
Tra i progetti realizzati dall’Istituto in materia di digitalizzazione e semplificazione delle procedure vi è la realizzazione del Database Topografico (DBT), con cui Formez PA ha supportato la Regione Lombardia in un importante processo di trasformazione digitale della pianificazione urbanistica locale. Infatti, il DBT regionale costituisce la base di riferimento per tutti gli strumenti di pianificazione predisposti dagli enti locali, consentendo la rappresentazione digitale in formato vettoriale e geo-referenziata del territorio e la raccolta dei dati geografici di base (es., la viabilità, la mobilità, la rete dei trasporti).
Altra iniziativa è quella sperimentata nel progetto “Nuovi Percorsi di sviluppo della capacità amministrativa della Regione Siciliana”, dove Formez PA ha affiancato la Regione nella riprogettazione dei processi gestionali dei contenziosi amministrativi e contabili dell’Assessorato Istruzione e Formazione Professionale, attraverso lo sviluppo di SIGEC, un sistema gestionale per la sistematizzazione delle pratiche e il censimento, in una banca dati centralizzata, dei dati afferenti alle procedure esecutive presso terzi superando le modalità di gestione precedenti tramite gli strumenti informativi di office automation.
Competenze digitali nella PA: i problemi da risolvere per avere servizi di qualità
Formez PA ha poi sperimentato nel progetto “La capacitazione istituzionale nei Distretti Giudicanti della Regione Siciliana”, con il Tribunale e l’Ordine degli avvocati di Messina, le chiamate in udienza con l’utilizzo di Telegram. Una buona pratica, nata nel periodo di emergenza sanitaria che oggi si è trasformata in uno strumento di gestione ordinario. La sperimentazione prevede per ogni giudice che ha aderito la creazione di un “canale” in cui viene pubblicato il ruolo d’udienza (ordine delle cause trattate in udienza) e il giorno. Il giudice procede quindi a chiamare le cause da trattare, inserendo i numeri progressivi associati ai procedimenti chiamati. In tal modo, gli avvocati possono monitorare lo stato dell’udienza direttamente dal proprio smartphone, con una notifica e senza necessità di aspettare il proprio turno fuori l’aula.
Le esperienze citate sono tracce di una transizione digitale dentro il mondo della PA che è in atto e che rende evidente la portata dei cambiamenti che la digitalizzazione è in grado di portare nel quotidiano delle amministrazioni e delle persone che vi lavorano ovvero dei cittadini e delle imprese che utilizzano i servizi pubblici.
Anche l’intelligenza artificiale inizia ad affacciarsi nelle pubbliche amministrazioni: è il caso dei 203 comuni che hanno aderito al progetto “Fast piccoli comuni” del Dipartimento della Funzione pubblica in collaborazione con Formez PA. Grazie al progetto, gli enti locali saranno supportati non solo nell’utilizzo di strumenti di semplificazione amministrativa per ridurre i tempi e i costi dei procedimenti che riguardano cittadini e imprese e migliorare la capacità di gestione di procedure complesse, ma la creazione di una piattaforma di Knowledge Management e Legal Desktop permetterà ai dipendenti di avere supporto nella produzione e interpretazione degli atti amministrativi. Un progetto di intelligenza artificiale che ha visto la dematerializzazione di 105.000 documenti a supporto e inizia a rendere concreta nei piccoli comuni la prospettiva di una pubblica amministrazione senza carta, che interagisce con l’ausilio degli strumenti digitali e tecnologici.
Un’altra iniziativa che mostra le potenzialità dell’intelligenza artificiale al servizio del cittadino e delle pubbliche amministrazioni è Linea Amica digitale: avviata nel 2021, rispetto al progetto originario Linea amica, il progetto torna in campo al servizio del cittadino e delle pubbliche amministrazioni con un portale completamente rinnovato e una chatbot di ultima generazione. Nell’ambito del progetto è stato realizzato un contact center innovativo, che unisce personale qualificato (specializzato in assistenza consulenziale) e intelligenza artificiale (AI) e consente a tutti gli utenti di riuscire ad ottenere una consulenza personalizzata sui temi più richiesti del mondo della PA.
Conclusioni
Le iniziative citate tratteggiano il quadro di una transizione digitale in atto che rende prioritario, per massimizzarne gli esiti, proseguire nell’azione di rafforzamento delle competenze digitali del personale della PA: in particolare, l’esperienza maturata da Formez PA individua quali aree di intervento su cui investire nella formazione del capitale umano quelle relative alla conoscenza di strumenti e metodologie per lavorare in gruppo in maniera trasversale, nonché per operare secondo i principi di project management e lavoro agile e per muoversi in ambienti open source, open data e sui social media.
È un passaggio decisivo, non solo per la transizione digitale della PA ma anche per quella dell’Italia tout court.