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Lavoro, l’Italia impreparata sul futuro: quale lezione dai dati Ocse sul digitale

Cambiano le statistiche e gli enti promotori, ma il risultato, per quanto riguarda l’Italia, non cambia sul digitale: non abbiamo le competenze di base per “sopravvivere” nel mondo digitale e se non sapremo dare una svolta sulle competenze, saranno a rischio molti posti di lavoro

Pubblicato il 23 Mag 2019

Gianni Potti

Presidente Fondazione Comunica e founder DIGITALmeet

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Non va per il sottile l’Ocse nel suo Skills Outlook Scoreboard: non solo la popolazione italiana non possiede le competenze di base necessarie per prosperare in un mondo digitale, sia in società che sul posto di lavoro, ma siamo anche impreparati ad affrontare nel futuro le sfide della digitalizzazione.

Vediamo cosa servirebbe per invertire la rotta.

I dati dello Skills Outlook Scoreboard Ocse

Lo Skills Outlook Scoreboard dell’Ocse, pubblicato in questi giorni, misura i risultati dell’Italia su 3 dimensioni principali: competenze per la digitalizzazione, esposizione digitale e le politiche relative alle competenze.

L’analisi ci dice che solo il 36% degli individui in Italia, il livello più basso tra i paesi OCSE per cui l’informazione è disponibile, è in grado di utilizzare Internet in maniera complessa e diversificata.

I lavoratori italiani utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sul lavoro, ma meno intensamente che in molti altri paesi OCSE. In Italia, secondo stime OCSE, il 13.8% dei lavoratori sono in occupazioni ad alto rischio di automazione e avrebbero bisogno di una formazione moderata (fino a 1 anno) per passare a occupazioni più sicure, con basso o medio rischio di automazione (contro il 10.9% dell’OCSE).

Un altro 4.2% avrebbe bisogno di una formazione intensa (fino a 3 anni) per evitare l’alto rischio di automazione sul posto di lavoro. Tuttavia, solo il 30% degli adulti ha ricevuto formazione (sia questa non formale o informale) negli ultimi 12 mesi, contro una media OCSE del 42%.

La sfide delle competenze e della formazione

Questo il giudizio, decisamente penalizzante che l’OCSE emette sull’Italia. Si tratta di una bocciatura bella e buona nell’oggi, ma veniamo pure giudicati impreparati ad affrontare le sfide della digitalizzazione in futuro. E’ facile a questo punto, se non sapremo dare una svolta sulle competenze, immaginare che saranno a rischio molti posti di lavoro. Infine c’è l’enorme problema di formare i formatori, gli insegnanti: ben tre su quattro hanno bisogno di formazione (urgente dico io!).

Il rapporto non va certo per il sottile, dicendo sostanzialmente che l’Italia non ha le competenze di base per “sopravvivere” nel mondo digitale. Se l’indice europeo DESI ci colloca in tutte le graduatorie tra il 24° e il 26° posto seguiti mediamente solo da Bulgaria e Romania… Skills Outlook 2019 dell’OCSE, scrutando questa volta l’orizzonte globale ci mette al fianco di Cile, Grecia, Lituania, Slovacchia e Turchia, quello che definisce il “gruppo con il ritardo digitale più consistente“, assolutamente impreparato oggi ad affrontare le sfide della digitalizzazione. Lacune che dice l’Ocse, “si notano sia come individui che come lavoratori”, impediscono alla popolazione italiana di prosperare nel mercato e nei mestieri legati allo sviluppo tecnologico.

Il digitale a scuola

Dunque mancano le competenze, ma anche laddove c’è una diffusione capillare di dispositivi e connessioni a Internet (e mi riferisco al mondo della scuola), ci dice l’OCSE che più della metà degli studenti (vedi scuola superiore) sembra non usarli in modo efficace per scopi didattici. Anche qui, serve andare in profondità nell’analisi: tanti, tantissimi accedono al computer, ma ciò “non è sufficiente per migliorare le prestazioni degli alunni”, perché il digitale non “è integrato con l’insegnamento“. Parole pesanti, ma che trovano conforto nei dati statistici oltre che nelle valutazioni degli esperti. Esempi ne potremmo citare a bizzeffe: per esempio, cosa serve avere il wifi in tutte le scuole se gli insegnanti non sono preparati al digitale e utilizzano la didattica del passato?

La sfida Paese più difficile ed urgente – a mio avviso – è quella di formare i formatori, riskillare tantissimi ottimi insegnanti che però non sono nati con il digitale, ma in una scuola, in una Università, sorpassate e non tecnologiche! A tal riguardo, dice l’OCSE,  “in diversi Paesi gli insegnanti usano informatica e strumenti digitali con la stessa intensità di altri lavoratori con istruzione terziaria, in Italia c’è una forte mancanza di competenze”. Si pensi che ben tre insegnanti su quattro (media Ocse 58%) avrebbero bisogno di «formazione su Information Comunication Technology”.

In quante classi delle nostre scuole ci si dedica alla produzione diretta dei contenuti e al saper utilizzare i software? Importante infatti avere le giuste abilità nell’utilizzo del computer e dei software necessari; ma è fondamentale la competenza nello scrivere utilizzando più linguaggi, incluso quindi quello multimediale, e non riguarda quindi una scrittura solo alfabetica, oppure la capacità di leggere una pagina web individuando testo e contesto. La famosa produzione dei contenuti. Ecco un piccolo esempio dove la tecnologia è solo il mezzo, ma servirà sempre di più saper dominare la tecnologie grazie alle competenze.

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