Il processo di programmazione del fabbisogno di personale rappresenta un aspetto critico nella gestione delle persone nelle organizzazioni pubbliche. L’aggettivo critico assume una connotazione positiva nella misura in cui si sostanzia nella consapevolezza della potenzialità di tale processo, in relazione agli impatti che potrebbe generare in termini di crescita, innovazione e di benessere organizzativo e collettivo.
Appare dunque meritorio investigare sulle ragioni di tale complessità, alla ricerca di una chiave interpretativa che consenta di coglierne il potenziale, soprattutto in relazione al raggiungimento degli obiettivi strategici e di valore pubblico da parte delle PA.
Il punto di partenza per l’elaborazione del Piano Triennale del Fabbisogno
Il tradizionale punto di partenza per la elaborazione del Piano Triennale del Fabbisogno è rappresentato dal dato sui “cessati”, ovvero di coloro che, nell’arco del triennio di riferimento, completeranno il proprio percorso professionale e andranno in pensione. In sintesi, il Piano triennale viene elaborato acriticamente e sulla base del principio di successione, sostanziandosi in un vero e proprio scambio di unità di personale, calibrato su strategie ed esigenze definite in un tempo incerto e, prevedibilmente, nel rispetto dei limiti imposti dalla pianta organica. Il più delle volte non si programmano fabbisogni, bensì sostituzioni; si individuano le caselle dell’organigramma da riempire, si ricopiano i dati riguardanti i profili e l’inquadramento dei cessati e li si riporta all’interno del documento sui fabbisogni di personale.
Le sfide per le PA in materia di digitalizzazione, sostenibilità, partecipazione degli stakeholder
Tale approccio si rivela inadeguato rispetto alle sfide che le amministrazioni pubbliche sono chiamate ad affrontare in materia di digitalizzazione, sostenibilità, partecipazione degli stakeholder ai processi decisionali, di sicurezza, gestione e utilizzo di banche dati complesse, di protezione dati e innovazioni tecnologiche. Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad una sorta di mutazione genetica delle PPAA, una lenta ed inesorabile metamorfosi da apparato burocratico a organizzazione della conoscenza. I confini dell’azione pubblica si sono dilatati, i contenuti stessi dell’agire pubblico si sono evoluti e le policy sono state orientate verso un obiettivo globale ed ambizioso: il “valore pubblico”.
La dirompenza di tale cambiamento esige la disponibilità di competenze professionali differenziate, l’esercizio di comportamenti e stili manageriali appropriati, l’adozione di modelli e forme organizzative ibride, caratterizzate dalla conoscenza e basate sulla condivisione. Si rende quindi necessario disegnare nuove professioni e nuovi lavori dentro la pubblica amministrazione per rispondere a sfide e priorità differenti dal passato. Ulteriormente, si palesa l’esigenza di ripensare il modello organizzativo e la sua adeguatezza rispetto alla nuova “competizione” globale.
Istituzionalizzare il modello di “Competency Based Management”
Con la pubblicazione delle “Linee di indirizzo per l’individuazione dei fabbisogni professionali da parte delle amministrazioni pubbliche” [1] è stata riconosciuta la necessità di rafforzare la capacità delle amministrazioni pubbliche di rispondere con prontezza alle sfide poste dalle trasformazioni economiche, sociali e tecnologiche attraverso l’adozione di un nuovo paradigma organizzativo basato sul modello delle competenze. Si tratta, in sostanza, del primo tentativo di istituzionalizzare il modello di “Competency Based Management” che individua le competenze quali caput anguli per la programmazione, gestione e lo sviluppo delle persone nelle pubbliche amministrazioni, che fondano i loro processi strategici, operativi e relazionali sulla conoscenza.
All’interno del nuovo paradigma trova spazio e assume rilevanza strategica il Piano di fabbisogno del personale, oggi inserito nel PIAO. Il processo di elaborazione del documento per la programmazione del fabbisogno dovrà ineluttabilmente originare da una preliminare riflessione sull’appropriatezza della struttura organizzativa rispetto a due dimensioni: la capacità di perseguire le finalità istituzionali e quella di contribuire alla creazione di valore pubblico. I responsabili del PTFP dovranno attentamente valutare la qualità e l’attitudine della propria organizzazione (intesa come l’insieme delle strutture organizzative, dei processi e delle competenze professionali esistenti) a garantire il principio del “buon andamento”. La struttura organizzativa dovrà essere adeguata agli scopi istituzionali, e lo sarà nella misura in cui saprà attuare, con efficacia, efficienza, economicità, imparzialità e trasparenza, la “potestà amministrativa”[2].
Valutazione di appropriatezza dell’intelaiatura organizzativa
Ciò implica una valutazione di appropriatezza dell’intelaiatura organizzativa. Il PTFP diventa un momento di riflessione organizzativa sulle strutture (a livello sia macro che micro), prima ancora che sulle competenze, strutture che possono essere modificate e coniugate con il nuovo paradigma. Ciò implica la necessità di valutare se la struttura organizzativa “disponibile” sia effettivamente in grado di garantire, non solo il perseguimento delle finalità istituzionali, ma anche degli obiettivi strategici e di valore pubblico nell’arco del triennio di riferimento. Alla luce del mutato contesto, il Piano triennale del fabbisogno richiede dirigenti e funzionari coraggiosi, in grado di leggere e rilevare le debolezze organizzative, proponendo soluzioni di cambiamento adeguate e compatibili con i tempi, le risorse e le professionalità disponibili.
Successivamente, sarà opportuno valutare l’effettivo possesso delle competenze da parte del personale dell’amministrazione rispetto a quelle indicate nel sistema professionale di riferimento, laddove presente e già competency based, in relazione alle sfide rappresentate dagli obiettivi strategici e di perseguimento di valore pubblico. Gli esiti dell’attività di assessment dovranno generare una nuova proposta di aggiornamento e/o adeguamento del sistema professionale e tradursi nella individuazione dei fabbisogni in termini di nuove competenze, nuovi profili, nuove famiglie o aree professionali.
L’upgrade del sistema
Non più sostituzione di cessati sulla base del principio di successione, bensì “upgrade di sistema” per mezzo di un graduale processo di innovazione, se non di rivoluzione organizzativa. La dotazione organica si evolve in asset finanziario che ciascuna organizzazione pubblica dovrà e potrà investire per l’upgrade di sistema. Gli istruttori amministrativi potranno cedere il posto agli operatori di sistema, i funzionari contabili ai controller così come i funzionari amministrativi ai project manager o ai data protection specialist. La rivoluzione potrà riguardare anche le categorie di inquadramento purché si resti nel recinto finanziario della dotazione organica. La definizione dei fabbisogni potrà scardinare la vecchia dotazione organica e, in quanto atto di programmazione, dovrà indicare e programmare le esigenze di personale in relazione non solo alle funzioni istituzionali ma anche agli obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei cittadini[3].
Non solo nuove professioni, ma anche adeguamento di quelle tradizionali che dovranno essere sottoposte ad un corposo restyling organizzativo e ripensate in termini di competenze nuove o evolute. In tal senso, la riflessione sul fabbisogno fornisce input per la programmazione dell’attività di formazione del personale, valorizzando il principio di integrazione degli strumenti di programmazione che informano il Piano Integrato delle Attività e dell’Organizzazione. Inoltre, il dato sul gap di competenze potrà essere utilizzato anche dal sistema di misurazione e valutazione delle performance.
Conclusioni
In ottemperanza al principio di ottimale impiego delle risorse umane, ai fini dell’upgrade di sistema, sarà possibile indicare eventuali progressioni tra aree e/o categorie, eventuali azioni di mobilità, oltre che puntualizzare strategie e obiettivi di sviluppo di competenze nonché definire adeguate modalità di selezione del personale.
Si tratta dunque di dare l’avvio ad una nuova era, quella della competenza, della trasparenza e di risultati finalmente tangibili non solo per le organizzazioni pubbliche ma per tutta la collettività.
Note
[1] Approvate con Decreto Interministeriale pubblicato sulla GU 215 del 14/09/2022
[2] Cfr. art. 118 della Costituzione Italiana
[3] Cfr Linee di indirizzo per l’individuazione dei fabbisogni professionali da parte delle amministrazioni pubbliche