Tra il 2021 e il 2022 ci sono stati importanti cambiamenti in tema di rinnovi contrattuali nella PA. Sono stati firmati i CCNL 2019-2021 delle funzioni centrali, delle funzioni locali, della sanità ed infine del comparto istruzione e ricerca. Una importante novità apportata da questi contratti è costituita dal nuovo inquadramento professionale del personale in servizio, che deve essere classificato in nuove Aree di inquadramento.
Quali competenze per una vera PA digitale: approcci, funzioni e norme da conoscere
Per il comparto delle funzioni centrali e delle funzioni locali, viene indicato il “1° giorno del 5° mese dalla firma del contratto” come data in cui effettuare il nuovo inquadramento. Questa operazione comporta uno switch per lo più automatico. I CCNL fanno però un passo in più. Affermano che ogni amministrazione ha il compito di individuare “le famiglie professionali da intendersi come ambiti professionali omogenei caratterizzati da competenze similari o da una base professionale e di conoscenze comune” (funzioni centrali) e “i profili professionali, in base al proprio modello organizzativo” (funzioni locali). Dunque, i CCNL travalicano le declaratorie delle Aree, che descrivono compiti/attività comuni, per indicare alle amministrazioni di intraprendere il percorso della definizione dei contenuti professionali e delle competenze ossia di quell’insieme di “conoscenze, capacità e comportamenti” che occorrono per poter assolvere ai compiti ed attività. Appare del tutto evidente la complessità nuova che questo secondo passaggio presuppone. Allora proviamo a fare qualche riflessione.
I profili e le competenze
Prima di tutto, che significa passare dalla descrizione del lavoro da mansione a profili e competenze? Significa cambiare la grammatica di descrizione delle risorse umane:
- superare la descrizione minuta del lavoro, indipendente dalla realtà organizzativa e con la sola definizione delle competenze di accesso, per lo più corrispondenti ai saperi appresi dal percorso di studio,
- passare ad una descrizione che individui la complessità delle attività, le responsabilità connesse al ruolo e le modalità di relazioni all’interno ed all’esterno dell’organizzazione ed infine individui quali sono le competenze professionali, specialistiche e comportamentali che caratterizzano il profilo stesso.
Prendo a prestito una rappresentazione riportata nel libro “Il Competency management. Un modello per la Gestione e lo Sviluppo delle persone nella pubblica amministrazione[1]” che ben chiarisce il passaggio lessicale dalla figura dell’istruttore direttivo contabile (classificazione del vecchio modello) alla figura dell’esperto di controllo di gestione (classificato secondo il nuovo modello):
E cosa occorre ad una amministrazione per poter passare a questo nuovo modello di classificazione?
Innanzitutto, occorre costruire una matrice comune che rappresenti il sistema delle professioni dell’ente, definita a partire dalla mission, dai macroprocessi e dai processi tipici dell’amministrazione e che abbia alla base dei criteri di classificazione unici e modalità descrittive omogenee.
Aree professionali/famiglie professionali/ambiti di ruolo sono classificatori utilizzati all’interno di progetti come RiformAttiva[2] , così come Famiglie professionali/profili di ruolo/profili di competenza sono classificatori indicati dalle “Linee di indirizzo per l’individuazione dei nuovi fabbisogni professionali da parte delle amministrazioni”[3].
Ancora, occorre la messa a punto di un Dizionario delle competenze, che descriva il contenuto delle competenze, in modo univoco ed omogeneo. Sulle competenze, una classificazione adeguata a cogliere le dimensioni del sapere, saper fare e saper essere considera tre tipologie di dizionari: competenze tecnico-professionali, competenze tecnico-specialistiche e competenze comportamentali.
Cosa produce un nuovo modello di classificazione del personale?
L’impatto è immediatamente evidente fin dalla “nominalizzazione” dei profili. Si passa da profili come il funzionario tecnico o funzionario amministrativo, a profili quali l’esperto di project management, l’esperto di fund raising, l’esperto di project financing, di controllo di gestione, di social innovation, di performance management, di programmazione sociosanitaria, di tecniche di analisi delle policy, di digital trasformation.
Dunque, si passa da profili generici, con una natura prevalentemente giuridica-amministrativa-burocratica a profili che descrivono le professioni, anche con il vantaggio di far emergere professioni innovative.
I profili, poi, sono raccolti in modo organico all’interno del sistema professionale, competency based data la centralità delle competenze.
Ritorniamo dunque al punto da cui siamo partiti.
I sistemi professionali
Dunque, i sistemi professionali – di cui parlano i CCNL – hanno a che fare con sistemi di classificazione delle professioni attraverso la definizione delle competenze (intese nel senso più ampio e differenziato) necessarie per perseguire gli obiettivi delle organizzazioni stesse. Sono sistemi caratterizzati da una tassonomia di base, che non è unica ed uguale per tutte le amministrazioni pubbliche, ma è costruita su misura rispetto alla mission dell’Ente ed alle sue caratteristiche organizzative.
Ma quali sono i vantaggi dei sistemi professionali? Perché una amministrazione dovrebbe fare lo “sforzo” di elaborare tali sistemi?
I sistemi professionali rappresentano una precondizione, necessaria ma non sufficiente, per adottare nelle amministrazioni pubbliche politiche di gestione e sviluppo del personale non fondate sull’approccio burocratico-amministrativo (incentrato sui tre step assunzione/retribuzione/quiescenza), ma piuttosto su un approccio teso alla valorizzazione del personale, attraverso criteri di differenziazione delle performance, criteri di riconoscimento delle competenze, delle capacità “culturali e professionali” in fase di attribuzione dei differenziali stipendiali (ex progressioni economiche) o di assegnazione delle progressioni fra Aree.
I vantaggi sono innanzitutto interni, connessi al benessere individuale ed organizzativo. Meccanismi trasparenti di valorizzazione e rewarding permettono di avere chiari i percorsi di carriera e ciò aumenta la motivazione a fare meglio e di più ed aumenta la performance dell’organizzazione nella creazione di valore pubblico. Ancora, sempre la trasparenza dei percorsi di carriera può aumentare l’employer branding dell’amministrazione pubblica migliorando l’attrattività del lavoro pubblico, oggi non così certo rispetto al passato.
Conclusioni
Nella stagione della contrattazione integrativa è auspicabile che le direzioni del personale delle amministrazioni pubbliche adottino un atteggiamento illuminato, coraggioso e pro-attivo nella costruzione delle leve di gestione del personale e che si crei un percorso sociale nelle organizzazioni che veda tutti i principali stakeholder (sindacati, direzioni del personale, dirigenti apicali, amministratori) accomunati da un obiettivo comune: valorizzare le persone, risorsa unica e centrale nel processo attuale di ammodernamento del Paese e di compimento della strategia del PNRR.
Riferimenti
- “Il Competency management. Un modello per la Gestione e lo Sviluppo delle persone nella pubblica amministrazione” B. Carapella, A. Nisio, Franco Angeli 2023 ↑
- RiformAttiva, il programma del Dipartimento della Funzione Pubblica finanziato dal PON Governance 2014/2020 ed attuato dal Formez, finalizzato a supportare Regioni ed Enti locali nell’implementazione concreta della Riforma della Pubblica Amministrazione prevede il coinvolgimento attivo di 240 amministrazioni tra Regioni, Province, Comuni e Unioni di Comuni www.pongovernance1420.gov.it/it/progetto/riformattiva/ ↑
- DM 30 Giugno 2022 “Linee di indirizzo per l’individuazione dei nuovi fabbisogni professionali da parte delle amministrazioni ↑