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Senza competenze non si fa la rivoluzione digitale: specialisti ICT cercasi



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La rivoluzione digitale richiede competenze avanzate e specialistiche. Il “Relevance Digital Skills Index” evidenzia la crescente domanda di tali competenze nelle imprese italiane, con differenze regionali significative. Nonostante la crescita, l’Italia è ancora indietro rispetto all’UE per numero di specialisti ICT

Pubblicato il 25 lug 2024

Vincenzo Patruno

Data Manager e Open Data Expert – Istat



Mercato pubblico ICT

Siamo nel pieno di quella che possiamo chiamare rivoluzione digitale. La trasformazione digitale sta infatti cambiando profondamente il modo in cui facciamo le cose. Ma la rivoluzione digitale, come tutte le rivoluzioni, ha bisogno delle  persone giuste, in questo caso persone con competenze digitali. Non stiamo parlando di competenze generiche ma competenze di livello avanzato e specialistico che possano realmente guidare ed incidere sul cambiamento.  

L’indice Relevance Digital Skills: che cos’è e cosa ci dice

Un recente articolo de “Il Sole 24 Ore” a firma di Claudio Tucci punta i riflettori sulla domanda di competenze digitali elevate da parte delle imprese. Questo viene fatto attraverso il “Relevance Digital Skills Index”, un indice sintetico calcolato dall’autorevole Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne analizzando i dati del Sistema Informativo Excelsior.  Excelsior è un sistema evoluto (realizzato da Unioncamere e dall’ANPAL)  che consente di “fornire indicazioni tempestive a supporto delle Politiche attive del lavoro” e che mette insieme dati ottenuti attraverso indagini campionarie con quelli di fonte amministrativa  collegati al Registro delle Imprese.

Come è stato costruito l’indice

Ma vediamo come è stato costruito questo indice. È stato chiesto quanto fosse importante per ciascuna delle entrate previste dei lavoratori possedere le seguenti skills digitali:

  • capacità di utilizzare linguaggi e metodi matematici e informatici (Skill 1),
  • capacità di utilizzare competenze digitali, come l’uso di tecnologie internet, e la capacità di gestire e produrre strumenti di comunicazione visiva e multimediale (Skill 2),
  • capacità di applicare tecnologie “4.0” per innovare processi (Skill 3), dove per tecnologie “4.0” bisogna far riferimento alle  nove tecnologie abilitanti definite da Boston Consulting e recepite nel Piano Nazionale “Impresa 4.0” del Ministero dello Sviluppo Economico (Soluzioni di Manifattura Avanzata, Manifattura Additiva, Simulazione, Integrazione orizzontale/verticale, Industrial Internet e IoT, Cloud, Cyber Security e Business Continuity, Big Data e Analytics). 

Per ciascuna di queste skill è stato poi chiesto se la capacità deve essere: “necessaria e con grado elevato” oppure “necessaria ma con grado non elevato” o infine “non necessaria”.

Sulla base delle risposte ottenute è stato quindi possibile calcolare un indice per ogni singola skill e, a partire da questa, un indice complessivo comprendente tutte le skills. È un indice che va così a misurare le competenze digitali “iniettate” lo scorso anno all’interno del sistema produttivo del Paese. 

Le competenze digitali nelle imprese italiane: uno sguardo alle province

Cosa ci racconta questo indice? Che le imprese stanno in qualche modo iniettando competenze digitali evolute al loro interno, ma questo sta accadendo in modo diverso nelle varie province italiane. Se fissiamo a 100 il numero indice per l’intera Italia, possiamo vedere dove questo sta accadendo. I valori maggiori di 100 andranno infatti ad indicare quelle province dove le imprese dichiarano più necessarie rispetto alla media nazionale il possesso di competenze digitali evolute nei nuovi ingressi di personale. 

Tra le prime 20 la province di Milano (119,1), Torino (116,8), Bergamo (108), Bologna (105,9), Roma (105). Ma anche in modo meno prevedibile troviamo le province di Palermo (114,9), Catania (110,5), Napoli (104,7), Matera (101,7). Segno che tante imprese del sud stanno guardando al futuro dando la dovuta importanza alla trasformazione digitale.

Ne approfitto per chiedere di rendere pubblici i dati di questo studio: a parte l’articolo pubblicato dal Sole, non è infatti possibile nel momento in cui scrivo accedere allo studio completo. Credo sia doveroso chiedere che venga pubblicato. Suggerisco inoltre di rilasciare i dati come dati aperti, e non solo per quanto riguarda la licenza, ma anche nel formato, che ricordo deve essere aperto e “machine readable”. 

Il ruolo delle competenze digitali nella trasformazione digitale

Tutto ciò è sufficiente? Per capire qualcosa di più possiamo andare a leggere il volume “Le Competenze Digitali” sempre a cura del Centro Studi Tagliacarne.  Oppure possiamo andare a guardare i dati rilasciati da Istat, ad esempio su “Decennio digitale e capitale umano: il ritardo dell’Italia nelle competenze”. Va detto subito che l’Istituto Nazionale di Statistica, a differenza dello studio precedente, effettua un’analisi diversa, partendo da un’altra prospettiva ed esaminando non le skills ma gli  “Specialisti ICT”.

Gli specialisti ICT in Italia: numeri e confronti europei

Secondo quanto definito da Ocse (e declinato da Eurostat), gli  “Specialisti ICT” sono quei “lavoratori che hanno la capacità di sviluppare, gestire e mantenere sistemi informatici, e per i quali le tecnologie dell’informazione e della comunicazione costituiscono la parte principale del loro lavoro”. 

Detto questo, possiamo riportare alcuni risultati interessanti. Sappiamo che il programma strategico “Europe’s Digital Decade” si pone di arrivare complessivamente in Europa a 20 milioni di specialisti ICT entro il 2030. L’Istat ci dice che nel 2023, secondo la Rilevazione sulle forze di lavoro,  “sono 970.000 persone impiegate in Italia in occupazioni che rientrano tra gli specialisti ICT”. L’obiettivo per il nostro Paese è quello di arrivare a 1,7 milioni entro il 2030.

La crescita degli specialisti ICT in Italia rispetto al resto d’Europa

Va detto che “rispetto al 2022 gli specialisti ICT sono cresciuti dell’8,0%, contro il 2,1% dell’occupazione complessiva. E questa tendenza è risultata essere più evidente negli anni più recenti, dove sono state registrate 155.000 persone impiegate in più, +19% rispetto al 2019), ma inferiore rispetto all’insieme dell’Ue27 (+24,1%) e alla maggioranza degli Stati membri”. Quindi crescita si, ma una crescita sostanzialmente più lenta rispetto a quanto è stato registrato nel resto dei Paesi europei. Questo ha fatto si che l’Italia in quattro anni sia scesa “dalla 17esima alla 24esima posizione nell’Unione per incidenza di specialisti ICT sul totale degli occupati, nonostante questa sia aumentata dal 3,5 al 4,1%”.

Competenze digitali e impatto sui processi produttivi e servizi

E qui voglio concludere con una considerazione. È sicuramente fondamentale che all’interno del nostro sistema delle imprese vengano costantemente iniettate competenze adeguate. Il cambiamento e la trasformazione digitale camminano infatti sulle gambe delle competenze digitali. Sono loro però che devono guidare il cambiamento, per far sì che la trasformazione digitale possa avvenire in modo efficiente ed avere così un impatto concreto sui processi produttivi, sui servizi erogati e sul modo di esistere e di operare su un mercato sempre più globale. Per evitare quanto profeticamente previsto dalla Legge di Putt: “La tecnologia è dominata da due tipi di persone: quelle che capiscono ciò che non dirigono e quelle che dirigono ciò che non capiscono”.

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