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Volontariato 4.0: le competenze digitali incontrano l’impegno sociale



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Il volontariato di competenza digitale si diffonde in Italia, coinvolgendo aziende e dipendenti in progetti di trasformazione sociale. Questa pratica, che unisce competenze professionali e attività comunitarie, favorisce l’inclusione digitale e sociale, migliorando al contempo la reputazione aziendale e il benessere dei lavoratori

Pubblicato il 23 ott 2024

Mirta Michilli

direttrice generale della Fondazione Mondo Digitale



competenze digitali (1)

Strettamente legato alla responsabilità sociale di impresa, il volontariato aziendale comincia a diffondersi anche in Italia.

Una delle formule più interessanti è il volontariato di competenza (VdC): in collaborazione con le organizzazioni del terzo settore i lavoratori dipendenti svolgono attività di servizio alle comunità durante l’orario di lavoro, mettendo in gioco le competenze acquisite nel proprio percorso professionale e aziendale.

Cos’è il volontariato di competenza

A differenza del volontariato tradizionale, che può coinvolgere attività come la raccolta fondi o la distribuzione di cibo, il volontariato di competenza si basa sulla condivisione di servizi specialistici che richiedono una certa formazione o esperienza, come ad esempio competenze tecnologiche specifiche.

I numeri del VdC in Italia

A mappare questa concreta pratica di responsabilità sociale è il Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal: in Italia oltre 4mila imprese (il 5% delle aziende con almeno 50 dipendenti) hanno già offerto al proprio personale l’opportunità di svolgere il “volontariato di competenza” e altre 21mila (il 26%) sono interessate a consentirlo in futuro. Si tratta soprattutto di imprese del nord-ovest (5,6%), attive nei settori dei servizi.

Tra le diverse modalità di volontariato aziendale, come la partecipazione a community day o attività di sensibilizzazione, la formula che ci sembra più efficace è il volontariato di competenza in senso stretto, cioè il coinvolgimento dei lavoratori, con una preparazione e una esperienza professionale specifica, in progetti di innovazione sociale al servizio delle comunità locali.

L’esperienza della Fondazione Mondo Digitale

Da alcuni anni come Fondazione Mondo Digitale ETS stiamo sperimentando con successo il VdC per coinvolgere attivamente i cittadini nei processi di trasformazione digitale, con percorsi formativi formali e informali, a partire dalle comunità scolastiche e territoriali. Grazie a progetti condivisi con le aziende (Google, Ing Italia, Intesa San Paolo, Janssen, Microsoft, Sap, Tim. Visa ecc.), diversi profili, compresi i ruoli manageriali, mettono a disposizione il proprio “capitale personale” in più azioni di servizio, come sessioni formative, role modeling, coaching e mentoring, anche in format innovativi come hackathon e creathon.

La formula che ci piace di più, infatti, è quella che combina volontariato di competenza, ossia la messa a disposizione di competenze professionali, con il volontariato in team fatto di attività pratiche a servizio delle comunità locali (hackathon, civic challenge, campagne di sensibilizzazione, partite di calcio solidali ecc.).

Benefici del VdC per dipendenti e aziende

Il VdC diventa così un’esperienza formativa di qualità che segue i framework europei (DigComp, DigCompEdu, DigCompConsumers) e alimenta una community di professionisti per una formazione continua e di valore, di cui abbiamo particolarmente bisogno vista la bassa percentuale di adulti coinvolta in esperienze di lifelong learning (11,6% della popolazione tra i 25 e i 64 anni).

Particolarmente strategico, anche per i lavoratori in condizioni di fragilità, è il tempo messo a disposizione dagli esperti LinkedIn, soprattutto con i ruoli di senior customer success manager e account director, che aiutano a ottimizzare il profilo a chi cerca una nuova occupazione. Sono invece fondamentali per l’orientamento dei più giovani i profili tecnologici più specialistici, legati al cloud, alla sicurezza informatica o all’intelligenza artificiale.

Nel corso dell’ultimo anno con più progetti abbiamo coinvolto diverse figure aziendali, dalle posizioni apicali ai ruoli più specialistici, quasi sempre profili senior. E abbiamo organizzato a Milano il nostro primo aperitivo sociale per condividere le storie e le testimonianze dei protagonisti, con l’obiettivo di valorizzare soprattutto l’aspetto trasformativo del VdC, che permette ai professionisti di usare le proprie capacità a beneficio della società, contribuendo in modo significativo a cause importanti e allo stesso tempo arricchendo la propria esperienza lavorativa.

La partecipazione dei dipendenti ai programmi di volontariato dei datori di lavoro, infatti, produce risultati positivi a livello individuale e organizzativo.

Il VdC consente ai dipendenti di connettersi con gli altri, di accrescere la propria autostima e aumentare il benessere personale anche sul posto di lavoro. I dipendenti impegnati in attività di volontariato ottengono risultati migliori, maturano un maggiore senso di appartenenza e di fedeltà all’organizzazione con livelli più alti di soddisfazione lavorativa. Sviluppano migliori competenze legate al lavoro come comunicazione, capacità interpersonali, dedizione, creatività e ascolto attivo. Oltre agli effetti positivi sull’organizzazione interna, il VdC contribuisce inoltre a migliorare la reputazione e l’immagine pubblica dell’azienda come socialmente responsabile.

Criteri per un VdC di successo

Alla luce della nostra esperienza abbiamo provato a definire alcuni criteri che possano aiutare a progettare un’esperienza successo per il volontariato di competenza, in grado, in particolare, di accelerare i processi di trasformazione digitale e la diffusione di adeguate competenze.

Siamo partiti dai sei fattori individuati dal Boston College Center for Corporate Citizenship in Mapping Success in Employee Volunteering.

Driver 1: Cause-effective Configuration

Siamo convinti che la definizione di una causa sociale non basti (Driver 1: Cause-effective Configuration), ma che sia molto più efficace inserire di VdC all’interno di un processo di innovazione sociale in risposta a una o più emergenze sociali specifiche (povertà educativa, Neet, disoccupazione delle donne ecc.).

Driver 2: Strategic Business Positioning

È fondamentale che ci sia una profonda sinergia tra gli obiettivi aziendali e la missione dell’organizzazione del terso settore (Driver 2: Strategic Business Positioning), per rafforzare in modo significativo la “Esse” di social, nella definizione del bilancio ESG dell’azienda.

Driver 3: Sufficient Investment

È importante non solo che l’azienda si impegni con un investimento finanziario adeguato (Driver 3: Sufficient Investment) ma anche che i volontari si sentano impegnati in prima persona rispetto al ritorno economico del finanziamento per l’impatto sociale del progetto.

Driver 4: Culture of Engagement e Driver 5: Strong Participation

L’azienda deve sentirsi “partner” a tutti gli eventi e non “donatrice”, in modo che il capitale umano messo a disposizione sia una sorta di cofinanziamento con un alto livello di coinvolgimento personale e aziendale (Driver 4: Culture of Engagement e Driver 5: Strong Participation). È importante che i dipendenti non siano coinvolti solo singolarmente, come in una mera consulenza pro bono, ma in squadra e che possano partecipare ad attività di animazione territoriale per sentirsi parte della comunità. L’ultimo criterio che riguarda la possibilità di misurare l’impatto (Driver 6: Actionable Evaluation) è in realtà già implicito nei processi di innovazione sociale e negli “obblighi” sociali delle organizzazioni del terzo settore chiamate a “misurare” la produzione di valore.

Ricapitolando i fattori principali per realizzare un’efficace esperienza di volontariato di competenza (digitale) sono:

  • definizione di un processo condiviso di innovazione sociale
  • coinvolgimento integrale dell’azienda, con investimento economico e di capitale umano
  • dimensione phyrtuale con attività territoriali e virtuali.

La necessità di indicatori per valorizzare il VdC

Siamo convinti che aziende e enti del terzo settore lavorando insieme possano progettare interventi efficaci e costruire valore condiviso per le comunità, e nello stesso tempo crescere più velocemente come organizzazioni potenziando il capitale umano. Ci convince quanto spiega l’avvocato Gabriele Sepio, segretario generale di Terzjus, nel volume “Riconoscere il volontariato di competenza”, cioè come il potenziamento del VdC e la sua diffusione nelle politiche aziendali sia strettamente legata anche all’introduzione di specifici indicatori, come gli Standard elaborati dal GRI, che possono valorizzare questa concreta pratica di responsabilità sociale nella reportistica non finanziaria dell’impresa. In particolare con lo standard GRI 413 le aziende potrebbero raccontare “il proprio approccio gestionale per le comunità locali” e “descrivere i mezzi attraverso i quali gli stakeholder vengono identificati e coinvolti, quali gruppi vulnerabili sono stati identificati, eventuali diritti collettivi o individuali identificati […]”.

Prospettive future

Ci auguriamo di lavorare sempre di più con aziende, anche piccole e medie imprese, che grazie al VdC, sappiano armonizzare gli obiettivi economici con quelli sociali, in un’ottica di sostenibilità e di cura della collettività. Il VdC, così come lo abbiamo concepito, può diventare uno strumento agile, veloce e capillare per raggiungere le periferie più lontane e tutte le comunità locali a rischio di esclusione sociale e digitale.

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