La potenza di calcolo e – in prospettiva – i computer quantistici sono una delle spesse sottovalutate pedine della sfida geopolitica tra Occidente e Oriente.
Sappiamo che da anni la sfida tecnologica si è spostata dall’asse USA-Russia a quello USA-Cina. O, più in generale, USA-Paesi del Far East quali Corea del Sud, Giappone, Taiwan e Cina. Le caratteristiche della sfida attuale, che qualcuno già chiama nuova Guerra fredda, sono date dalla capacità economica in gioco e dalla presenza di forti investimenti privati nel settore dell’high tech. Analizziamo le dinamiche in atto e le implicazioni per evoluzione tecnologica e sicurezza digitale.
La prima Guerra fredda
Al tempo delle sfide per la conquista dello spazio tutti i capitali russi e americani erano pubblici, tutto il personale esperto era concentrato in due grosse agenzie spaziali e nei centri di ricerca universitari. Essi producevano tecnologie che sarebbero poi diventate utili in ambito civile ed industriale solo dopo tanti anni. E soprattutto utilizzavano tecnologie che gli altri non potevano neanche immaginare di avere. La guerra fredda era condotta sul campo cercando di carpire le informazioni necessarie a battere il nemico, e carpire le tecniche di criptaggio delle informazioni ed i relativi codici di decriptazione. E le intelligenze utilizzate erano soprattutto quelle umane perché l’era di internet era embrionale e l’era dei Personal Computer (come li intendiamo oggi) non era iniziata.
Nella guerra fredda tra USA e Russia i soldi in gioco, in valore assoluto, erano quasi gli stessi, quello che era sensibilmente diverso era il PIL complessivo e pro-capite dei due paesi che vedeva gli USA in vantaggio netto (fino a 6 volte il PIL pro-capite della Russia).
Oggi la Cina ha già superato il PIL pro-capite degli USA a parità di potere di acquisto ed ha una forte economia interna privata molto dinamica. Le aziende high-tech cinesi hanno centri di ricerca di altissimo livello sparsi in tutto il mondo (anche negli USA ed in Europa) e investono in R&S una considerevole parte dei propri ricavi. Inoltre, le aziende cinesi globali hanno capitalizzazioni in borsa pari, o superiori, a quelle USA più blasonate.
L’attacco di Trump all’hi-tech cinese
L’evoluzione delle economie cinesi e dell’East Asiatico, soprattutto di alcune aziende oggi oggetto di veto e dazi da parte dell’amministrazione Trump, Huawei in primis, ha portato le stesse a vendere i loro apparati e sistemi, soprattutto di telecomunicazioni e per le reti dati – il cuore di internet per capirci – in tutto il mondo e con qualità e prestazioni simili e spesso superiori a quelle americane o europee. Stesso dicasi nel settore dell’Information Technologies dove le principali soluzioni di storage e servers e cloud sono sviluppate e prodotte in Cina a partire dai microprocessori.
In sostanza già da qualche anno le aziende americane e cinesi giocano la stessa partita della sfida tecnologica alla pari e, spesso, con una capacità residua di investimento e sviluppo molto più ampia da parte dei cinesi.
I prodotti di Huawei, ZTE, Tencent e tante soluzioni fintech sono già installati e funzionanti da anni in aziende e entità governative americane, europee, in una grossa parte dei mercati africani e australiani. In tanti casi il vantaggio di tempo degli americani (i.e. Cisco, Google, HP, IBM, ..) è stato vanificato davanti alla potenza messa in gioco dai grandi gruppi cinesi.
La contesa sulle capacità di calcolo
Oggi quindi ci troviamo con le due grandi economie mondiali che si battono a colpi di microprocessori fatti in proprio, primati tecnologici sul 5G e nuovi algoritmi in grado di sfruttare sempre più le capacità di calcolo introdotte ma anche di richiederne sempre di aggiuntive man mano che gli use-case e le applicazioni crescono.
Se si guarda quindi alla politica degli USA degli ultimi mesi da questo punto di vista si capisce che il vero intento non è quello di mettere i dazi per fare cassa ma quello di indebolire i concorrenti high tech cinesi e fare in modo che non vi siano cavalli di troia installati in casa propria.
Sebbene tutti i governi e gli attori smentiscano che i loro sistemi sono in grado di “spiare” le aziende e le persone presso le quali sono installate la verità sta nel fatto che oggi, per fare la guerra fredda, basta un collegamento ad internet, tanto cervello umano, tanta capacità di calcolo e lo sviluppo di propri algoritmi e tecnologie informatiche. E da casa propria spesso si è in grado di spiare il mondo.
I vantaggi dei super-calcolatori
Quali sono quindi le tecnologie dove tutti puntano per superare l’avversario e dominarlo? Tra le tante spiccano le ricerche sui computer quantistici di cui si sente parlare da tempo.
Perché? Perché la capacità di calcolo messa in gioco da un solo computer quantistico è milioni di volte superiore al migliore dei calcolatori di oggi, o meglio i computer quantistici più che aumentare a dismisura il numero di operazioni che eseguono in realtà accorciano in maniera polinomiale il tempo in cui le stesse operazioni vengono compiute. Google, ad esempio, in un recente esperimento insieme alla NASA tra Germania ed USA con un proprio prototipo chiamato Sycamore, ha eseguito in soli 200 secondi un numero di operazioni che con sistemi tradizionali avrebbe richiesto 10.000 anni.
Inoltre, un computer quantistico può simulare cose che un computer tradizionale (basato sulla macchina di Touring) non può fare, e con questo sfondare barriere e dogmi attuali quali decriptare facilmente tutti i metodi crittografici usati oggi, e analizzare in tempo reale tutti i dati prodotti. Di fatto oggi si raccolgono una mole di dati che non si è in grado di analizzare e che si fa fatica a verificare in tempo reale e conservarli. Quindi delle informazioni raccolte (lecitamente o illecitamente) se ne analizza una minima parte e se ne considera anche meno.
Le sfide legate al quantum computing
Chi arriva prima in questa corsa ha veramente in mano il mondo. Vediamo quindi a che punto è la tecnologia dei computer quantistici e quali sono le loro sfide da superare.
Innanzitutto, la temperatura di funzionamento è prossima allo zero assoluto (qualche millesimo di grado Kelvin), temperatura che non esiste in nessun luogo dell’Universo a noi noto oggi. Quindi non facile da riprodurre e mantenere e con dispendi energetici enormi.
La seconda sfida, sulla quale si è molto concentrati oggi, è lo sviluppo di algoritmi che permettano di “verificare e validare” il risultato delle operazioni svolte e, soprattutto di correggere gli errori. Oggi infatti il risultato delle operazioni di un computer quantistico non è detto che sia corretto a meno di essere verificato e corretto con algoritmi tutti da scrivere. Quindi è un computer che deve sapere dove sbaglia per correggersi da solo prima di darci il risultato.
Il software, come lo intendiamo oggi a partire dai componenti base dei sistemi operativi, deve essere tutto riscritto con logiche “quantistiche”, e quindi sarebbe come ripartire dalle prime versioni di Cobol di 60 anni fa o di DOS di 50 anni fa. Certo oggi saremmo più veloci ma pur sempre dovremmo rifare tutto da zero.
E poi dovremmo anche scoprire cosa ci facciamo veramente nella vita comune con un computer quantistico.
Tutto quello che vediamo oggi sono quindi solo piccole scaramucce nella nuova corsa alla conquista della supremazia economica e sociale del mondo (e dello spazio noto), combattute da una parte a suon di dazi e veti per proteggere l’economia del proprio paese, dall’altra con forti investimenti privati di alcuni miliardi di euro e con la messa in campo dei migliori cervelli a livello mondiale. Nel settore dell’informatica quantistica siamo appena all’inizio e ancora non si sono mossi i governi, soprattutto quello USA, con i veri investimenti. Forse perché ancora non si teme il vero nemico e quindi si ritiene sufficiente evitare che il concorrente ci spii in casa che esso sia americano o cinese.
Quantum computing, i passi dell’Europa
L’Europa ha appena stanziato 1 miliardo di Eur per la ricerca sui computer quantistici e l’Italia ha un ruolo chiave con il CNR coinvolto fino in fondo.
Per lo sviluppo del settore serve però qualcosa in più: innanzitutto nuove “intuizioni tecnologiche ed ingegneristiche” su come sviluppare ed accelerare la produzione industriale dei computer e dell’informatica quantistica. Poi serve che le grandi aziende private, quelle che hanno decine di miliardi di dollari o di renminbi in cassa, si coalizzino insieme ai governi per creare una “alleanza atlantica” moderna dell’era quantistica. Alleanza che potrebbe anche includere la Cina perché oggi, più di prima, servono tante risorse e diversi modelli di sviluppo.
Pensare di riaprire un nuovo periodo di guerra fredda da combattere su internet non eliminerebbe le conseguenza di una guerra che sarebbe di durata molto più lunga e più subdola delle precedenti perché ad essere coinvolti non sarebbero solo i governi o i grandi progetti di progresso ma, soprattutto, tutta la popolazione che oggi si è già volontariamente concessa al controllo delle multinazionali di internet e delle reti nel momento in cui si sono iscritte ad un servizio social, oppure hanno con sé un cellulare o un PC in rete.