La rapida evoluzione delle abitudini tecnologiche e di fruizione dei media sta cambiando il modo in cui le persone comunicano e interagiscono su scala globale, favorendo la disinformazione. Da un lato, le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e in particolare i social media, offrono ai governi nuove possibilità per comunicare e interagire con il pubblico. Dall’altro, le forti evoluzioni nei mercati dei media e nell’ecosistema dell’informazione a livello globale, nazionale e locale hanno intensificato le sfide di governance del settore, modificando il ruolo dei governi, e la relativa autorevolezza, e il modo in cui le persone fruiscono, comunicano e condividono le informazioni, con effetti sulla fiducia del pubblico verso determinate persone e fonti di informazione.
Informazione e disinformazione sui social media
Nello specifico, secondo i risultati del sondaggio Eurobarometro del 2018 su fake news e disinformazione online, “la maggior parte degli intervistati si fida totalmente o tende a fidarsi delle notizie e delle informazioni che riceve attraverso la radio (70%), la televisione (66%) e i media cartacei (63%). Tuttavia, meno della metà (47%) si fida di giornali e riviste online e ancora meno si affida a siti web (27%), social network e app di messaggistica online (26%)” (Commissione europea, 2018). Nonostante l’importanza dei social media come fonte di notizie, è interessante notare come sia anche il formato meno affidabile.
La crescente importanza di Internet e delle piattaforme di social media, che ha introdotto nel panorama dell’informazione globale importanti cambiamenti in un periodo relativamente breve, ha aumentato notevolmente la velocità di diffusione delle informazioni e, soprattutto, della disinformazione. L’uso delle piattaforme social per ottenere notizie ha inoltre ulteriormente accentuato la tendenza alla polarizzazione. In effetti, il pubblico è sempre più preoccupato di questi cambiamenti: negli ultimi due anni, l’Edelman Trust Barometer ha rilevato che quasi 7 persone su 10 si preoccupano di informazioni false o fake news (Edelman Trust Barometer, 2018 e 2019).
Disinformazione, le risposte dei governi
Sebbene vi sia un crescente consenso sulla portata delle sfide, le risposte dei governi rimangono per lo più limitate e ad hoc. Tuttavia, è importante sottolineare come questi ultimi stiano rivalutando sempre più il loro ruolo nel rispondere alle sfide che tali cambiamenti tecnologici e di mercato pongono. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) collabora attivamente con i paesi membri e non membri per aiutare a identificare i modi più efficaci per contrastare i pericoli emergenti, sostenendo contemporaneamente l’importanza dell’uso delle nuove tecnologie e dei social da parte delle amministrazioni pubbliche per interagire con i cittadini, promuovendo al contempo i principi di amministrazione aperta o governo aperto, quali la trasparenza, l’integrità, l’accountability (i.e. intesa come capacità dei governi e delle amministrazioni pubbliche di rendere del loro operato) e la partecipazione dei cittadini alla definizione e implementazione delle politiche pubbliche.
Nell’ultimo decennio, nell’ambito dello sforzo per contrastare il deterioramento della fiducia verso le istituzioni e il disimpegno nella vita pubblica, i membri dell’OCSE hanno perseguito iniziative che li hanno portati verso società più reattive, trasparenti e inclusive. Le lezioni di questo processo sono state sintetizzate nella Raccomandazione OCSE del 2017 sul Governo Aperto, il primo strumento giuridico internazionale sull’argomento. Tra le 10 disposizioni della Raccomandazione, quattro riguardano questioni relative all’importanza della comunicazione, della trasparenza, dell’informazione del pubblico e della promozione di meccanismi innovativi per interagire con i cittadini e le parti interessate.
Trasparenza e partecipazione dei cittadini: le promuove meno di un governo su dieci
Tuttavia, nonostante la costante attenzione di tutti i paesi membri alle riforme in questi settori, l’OCSE ha riscontrato che il nodo delle sinergie fra questi sforzi e le riforme relative al settore della comunicazione pubblica, ancor più al suo uso strategico a supporto della governance pubblica, non sia stato ancora affrontato in modo sistematico o sufficiente. Mentre i dati dell’OCSE mostrano che il Center of Government, ovvero le istituzioni che forniscono supporto istituzionale all’esecutivo, come in Italia la Presidenza del Consiglio dei Ministri – considerano la comunicazione pubblica come uno dei loro quattro principali compiti prioritari, i dati mostrano anche che meno del 10% degli intervistati promuova la trasparenza e la partecipazione dei cittadini come uno degli obiettivi chiave della propria strategia di comunicazione (OECD, 2017).
Basandosi su più di 15 anni di lavoro in materia di riforme di governo aperto, l’OCSE ha identificato la necessità di sviluppare un quadro analitico affinché i paesi possano comprendere la gamma di potenziali risposte alle sfide in evoluzione della comunicazione e dell’informazione. Lungi dall’essere solamente una sfida per le società del settore, come Facebook o Google, l’OCSE ha rilevato che la riduzione della sicurezza finanziaria dei fornitori di notizie (soprattutto notizie locali), l’ascesa delle piattaforme di social media come fonti di notizie e il calo dei livelli di fiducia verso i tradizionali fornitori di informazioni (giornali, televisione e istituzioni pubbliche) possano avere un effetto combinato estremamente deleterio sulla capacità dei governi di promuovere società basate sulla trasparenza, l’accountability e la partecipazione.
Un ecosistema media in salute, antidoto contro le fake news
Uno dei principali vantaggi di un ecosistema mediatico funzionante è che i fornitori di notizie, e le informazioni stesse, possono prevalere sulle enormi quantità di fake news, che invece accrescono la polarizzazione e incitano all’estremismo. È importante sottolineare che “senza esperienze condivise, una società eterogenea avrà più difficoltà ad affrontare i problemi sociali… le esperienze comuni, comprese le esperienze comuni rese possibili dai social media, forniscono una forma di collante sociale” (Sunstein, 2017). Tuttavia, al contempo, le piattaforme di social media sono l’ambiente perfetto per far prosperare le camere dell’eco (i.e. eco chamber), cioè gruppi polarizzati di utenti che possono contribuire alla diffusione virale della disinformazione. Le camere dell’eco possono indurre le persone a credere nelle menzogne e può essere difficile o impossibile correggerle (Sunstein, 2017).
A oggi, molte delle soluzioni proposte si sono concentrate sul ruolo dei media tradizionali (giornali e televisioni) e delle società tecnologiche (come Facebook e Google). Ciò è comprensibile, dal momento che sono i principali produttori e distributori di contenuti e le loro azioni, compresi adattamenti apparentemente minori nei loro algoritmi, possono avere effetti immediati e significativi su ciò che le persone vedono e condividono. Tuttavia, riteniamo che qualsiasi iniziativa intrapresa a medio e lungo termine per promuovere un ecosistema mediatico che faciliti i principi di governo aperto richiederà un impegno fattivo dei governi.
Il ruolo della comunicazione pubblica contro le fake news
Molte società di internet e social media stanno raggiungendo la stessa conclusione, sebbene le risposte proposte, o semplicemente discusse negli ultimi anni, da vari attori non sono sempre pienamente allineate agli obblighi che gli Stati hanno di sostenere e proteggere la libertà di parola e di stampa. Tuttavia, poiché le sfide sollevate dall’evoluzione in corso dei media e degli ecosistemi dell’informazione rischiano di minare ulteriormente la fiducia del pubblico nelle istituzioni e, nella peggiore delle ipotesi, comportano un rischio per la stabilità democratica, i governi saranno sempre più tenuti a impegnarsi direttamente nella lotta contro tali minacce.
In questo senso, l’OCSE ritiene che alcune soluzioni alle questioni sopraelencate possano venire dagli sforzi che molti paesi membri stanno già facendo in materia di riforme di governo aperto. In particolare, crediamo che la comunicazione pubblica, che separiamo dalla comunicazione politica, possa giocare un ruolo fondamentale per posizionare le amministrazioni come fornitori credibili di informazioni e i governi come soggetti trasparenti e capaci di instaurare conversazioni bidirezionali con i cittadini sulle questioni che più gli stanno a cuore.
L’uso strategico degli strumenti di comunicazione offre alle amministrazioni l’opportunità di interagire con una più ampia varietà di parti rilevanti e interessate, comprese quelle appartenenti a segmenti tradizionalmente sottorappresentati della popolazione, per sviluppare servizi pubblici che rispondano meglio ai loro bisogni e politiche pubbliche in linea con le aspettative dei cittadini.
L’OCSE ha identificato una serie di elementi che limitano la capacità dei governi di utilizzare la comunicazione in modo da sostenere gli sforzi di riforma più ampi:
- l’importanza del coordinamento interno ed esterno nella progettazione e realizzazione delle attività di comunicazione nel settore pubblico
- la necessità di sviluppare competenze nel servizio pubblico per supportare la comunicazione bidirezionale e rafforzare la partecipazione
- la necessità che i governi sviluppino una maggiore consapevolezza interna su come la comunicazione pubblica possa avere uno ruolo fondamele nell’accrescere la loro trasparenza e accountability.
Trasparenza, accountability, e partecipazione: cosa possono fare i Governi
In tal senso, gli sforzi di PA Social sono da tempo considerati una best practice internazionale che l’OCSE è impegnata a diffondere fra i suoi paesi membri.
Tuttavia, oltre a sviluppare strategicamente delle iniziative di comunicazione pubblica, si rileva la necessità piuttosto diffusa di migliorare e allargare la riflessione dei paesi su come garantire che il contesto più ampio in cui si comunica – e cioè l’ecosistema mediatico e dell’informazione – resti favorevole alla promozione dei principi di trasparenza, accountability, e partecipazione; cosa purtroppo tutt’altro che scontata in questo periodo storico. Ciò include che i governi:
- identifichino e affrontino direttamente le sfide poste dalla disinformazione;
- sviluppino la capacità dei propri funzionari di affrontarle;
- identifichino risposte normative che contribuiscano a garantire che le piattaforme dei social media e gli strumenti di comunicazione online promuovano la democrazia;
- garantiscano che i mercati delle notizie e dell’informazione, compresi i media tradizionali, social, comunitari e locali, continuino a svolgere il loro fondamentale ruolo.
Casi di azioni efficaci dei Governi contro la disinformazione
Casi di azioni efficaci in tal senso non mancano. Per esempio, nel 2019, il Government Communication Service (GCS) del Regno Unito ha pubblicato RESIST: Counter-disinformation toolkit. Il toolkit è stato progettato per aiutare a creare resilienza alle minacce relative alle fake news aiutando i comunicatori del governo a riconoscere i casi di disinformazione, a utilizzare in modo più efficace il monitoraggio dei media, a eseguire analisi d’impatto, a fornire comunicazioni strategiche per contrastare la disinformazione, e tracciare gli effetti (GCS, 2019). Analogamente, a Taiwan il governo ha sviluppato un programma in base al quale ogni ministero ha un team specializzato nel rilevamento della disinformazione e nello sviluppo di un contro-messaggio prima che la fake news si diffonda in modo virale. Il governo sta inoltre lavorando con fact-checker e piattaforme di social media per creare un sistema che consenta al pubblico di identificare la fonte sospetta di disinformazione (Butler e Hsu, 2019).
In secondo luogo, i governi possono perseguire risposte normative come richiedere una maggiore trasparenza dei social media sull’uso degli algoritmi, come sta facendo la Francia, o contrastare la concentrazione del mercato pubblicitario. I governi possono anche sforzarsi di incoraggiare il coordinamento tra gli organi regolatori pertinenti e promuovere l’autoregolamentazione delle società di social media.
Infine, i governi possono perseguire politiche che migliorino i media e l’ecosistema dell’informazione in modo più ampio, come per esempio facilitando l’accesso alle informazioni governative; sostenendo le emittenti di servizio pubblico, il giornalismo civico e altre iniziative analoghe; attuando campagne di digital literacy (i.e. formazione all’uso delle piattaforme social e digitali in generale); sostenendo la ricerca accademica su questi temi; e promovendo la creazione di reti pubblico-private di funzionari pubblici, rappresentati di privati, esperti e cittadini interessati a questo ambito.
Conclusioni
I rapidi cambiamenti in corso nel settore dei media e dell’informazione in generale fanno sì che le soluzioni identificate e adottate dai paesi abbiano spesso vita breve e che i risultati ottenuti siano utili nell’immediato ma diventino velocemente obsoleti. In un contesto in cui la fiducia dei cittadini verso i governi si sta erodendo sempre più, il mercato dell’informazione e mediatico si trasforma continuamente, e non sempre in maniera da favorire le istanze più funzionali ai principi democratici comuni a tutti i paesi OCSE, e quando le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il modo in cui governi e cittadini interagiscono gli uni con gli altri e fra loro, solamente attraverso un’alleanza strategica fra pubblica amministrazione, attori privati, ed esperti del settore provenienti dalla ricerca come dalla società civile, si potranno identificare, di volta in volta, le migliori soluzioni a questioni sempre diverse.
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L’approfondimento è contenuto nel libro “L’Italia che comunica in digitale”, edito da Bonanno Editore, realizzato dall’Osservatorio nazionale sulla Comunicazione Digitale https://www.pasocial.info/osservatorio-nazionale/