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Connessi e vulnerabili: conoscere e contrastare la violenza digitale



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La violenza digitale, espressione di comportamenti aggressivi online, minaccia la sicurezza psicologica e fisica delle vittime. Comportamenti come il cyberbullismo e il revenge porn evidenziano l’urgenza di strategie educative e normative per arginare un fenomeno che colpisce soprattutto i giovani, compromettendo la loro vita reale e digitale

Pubblicato il 5 nov 2024

Lorella Lorenzoni

Grafologa forense, esperta in accertamenti su firme grafometriche

Bruna Pascali

avvocato grafologa forense esperta in accertamenti grafometrici



violenza digitale (1)

La crescente diffusione della comunicazione online impone una riflessione sullo spostamento degli atti criminosi e violenti dalla dimensione “reale” a quella virtuale.

È innegabile che negli ultimi anni il fenomeno della violenza digitale abbia assunto proporzioni allarmanti e, nel contempo, diviene spesso difficile da arginare e da combattere, in quanto il controllo sui contenuti online è spesso insufficiente o inefficace, anche a causa dell’ampia diffusione di messaggi violenti che non vengono riconosciuti come tali e impattano in modo particolare sulle fasce più giovanili della popolazione.

Quali sono le forme più comuni di violenza in ambito digitale?

Secondo la definizione dell’antropologa F. Héritier la violenza è “ogni costrizione di natura fisica o psichica. che porti con sé il terrore, la fuga, la disgrazia, la sofferenza, o la morte di un essere animato, o ancora qualunque atto intrusivo che abbia come effetto volontario, o involontario l’espropriazione dell’altro, il danno o la distruzione di oggetti inanimati”.

Il termine violenza digitale, in realtà, riassume in sé una molteplicità di comportamenti, da quelli marcatamente violenti (aggressioni, minacce) a quelli manipolatori, discriminatori o rivendicativi (minacce, ricatti, offese a base razziale o di genere), ma include anche l’uso di espressioni denigratorie e offensive o la ridicolizzazione basata sul genere, comportamenti verbali che vengono tollerati o ritenuti tollerabili specialmente sulle piattaforme fruibili online.

I tipi di violenza digitale

L’evoluzione tecnologica in chiave digitale ha generato nuove forme di violenza perpetrate – e talvolta agevolate – con l’uso della comunicazione online. Tuttavia, la matrice dei comportamenti violenti rimane immutata, e include sempre l’aggressione alla vittima, considerata fragile per caratteristiche oggettive o soggettive, come nel caso della violenza contro le donne (violenza di genere) o il cyberbullismo.

I nuovi reati digitali si basano soprattutto sulla distribuzione o condivisione di contenuti personali (dati, immagini, video intimi) più o meno espliciti, senza il consenso della vittima. L’obiettivo è quello di danneggiare e umiliare la vittima, facendo leva sulla facile, ampia o incontrollata diffusione del materiale condiviso, sulla quale la vittima non può esercitare alcun controllo.

Talvolta la violenza presenta i caratteri della persecuzione, che viene esercitata su piattaforme digitali attraverso la sorveglianza continua ed indesiderata on line, ma anche con l’intrusione nella sfera personale e il controllo persistente delle attività e dei contatti della vittima.

Spesso gli atti violenti includono aggressioni verbali, minacce, intimidazioni, molestie o diffusione di informazioni false, commenti denigratori basati su discriminazione razziale o di genere.

Tra gli atti persecutori rientra anche la divulgazione pubblica di informazioni personali relative ad un soggetto, senza il suo consenso (dati sensibili, indirizzi o dettagli sulla vita personale).

I più frequenti reati digitali includono quindi:

Il bullismo digitale e l’hate speech

La pericolosità della violenza virtuale è strettamente legata all’ambiente in cui si manifesta e all’ampia diffusione delle attività “online”, in quanto si realizza attraverso atti e comportamenti dannosi perpetrati tramite mezzi digitali, tra cui piattaforme di social media, forum online, app di messaggistica e ambienti virtuali di gioco.

Questa forma di violenza abbraccia una serie di comportamenti preoccupanti, quali il cyberbullismo, lo stalking online, il revenge porn, il doxing, l’incitamento all’odio e la diffusione di contenuti privati o a sfondo sessuale esplicito e/o minaccioso, ma include anche le offese verbali e linguaggio inappropriato o denigratorio, molto frequente sulle piattaforme social.

Le offese verbali e le forme di bullismo digitale sono frequenti e vengono messe in atto con lo scopo di umiliare o far sentire a disagio il bersaglio. Rientrano tra tali comportamenti l’invio di email non desiderate, richieste offensive o inappropriate sui social media, messaggi nelle chat di messaggistica, minacce di violenza fisica o sessuale.

Rientra nella categoria anche subire hate speech, ovvero uso di linguaggio denigratorio, offensivo, minaccioso e commenti inappropriati o a sfondo sessuale su post o contenuti online.

L’hate speech è particolarmente pericoloso e subdolo, in quanto l’uso di un linguaggio aggressivo viene spesso sottovalutato e considerato “accettabile” soprattutto nel mondo digitale, contribuendo ad un’accettazione culturale che espone al rischio di escalation violenta e alla mancata denuncia del comportamento stesso.

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2021-03/brochure_quando_lodio_diventa_reato.pdf

Il riconoscimento della pericolosità del linguaggio d’odio è reso difficoltoso anche dal limite derivante dalla necessaria tutela della libertà di opinione, critica e informazione. Tuttavia, l’obiettivo deve essere perseguito attraverso strategie di educazione digitale – rivolte soprattutto ai giovani – volte a creare consapevolezza dei rischi attraverso il contrasto a stereotipi culturali discriminatori.

Lo sviluppo delle competenze digitali e l’educazione ad un uso etico e consapevole delle tecnologie assumono, quindi, un ruolo centrale anche per la promozione della consapevolezza di queste dinamiche nell’uso delle piattaforme online.

Ai fini di un contrasto efficace, per evitare l’escalation violenta, è necessario valorizzare la dimensione relazionale e fornire gli strumenti necessari per decostruire gli stereotipi su cui spesso si fondano forme di hate speech, in particolare legati alla razza, al genere, all’orientamento sessuale, alla disabilità.

@rairadio2

“Esiste un altro tipo di violenza, più subdola, la violenza digitale” ma non è MAI troppo tardi per chiedere aiuto! #AnnaFoglietta e #MassimilianoCaiazzo per “Una Nessuna Centomila in Arena” #UnaNessunaCentomila #UNC

♬ suono originale – Rai Radio2

Il confine tra digitale e reale, violenza online e offline

La violenza contro le donne, inclusa la violenza domestica, è un fenomeno di portata mondiale che ha assunto proporzioni allarmanti negli ultimi anni, a causa della sempre crescente diffusione degli ambienti online e piattaforme digitali.

Il mutamento socio-culturale che ha introdotto nuove forme di comunicazione “virtuale”, ha amplificato le forme di violenza online, aggravando la dimensione della violenza, in quanto spesso poco riconoscibile e soprattutto rendendone più difficile il contrasto e la tutela delle vittime.

La violenza digitale è a tutti gli effetti una delle forme più gravi di violazione dei diritti umani, e va considerata una continuità aggravante delle diverse forme di violenza che colpiscono prevalentemente le donne.

La pericolosità della violenza digitale è particolarmente evidente quando le donne sono esposte a forme incrociate di discriminazione, dovute a ulteriori fattori di fragilità, quali lo status, la disabilità, l’orientamento sessuale o religioso, la condizione sociale.

Non può essere trascurato che la violenza digitale, seppure più sfumata e sottile rispetto alla violenza fisica, impatta tragicamente sulla vita delle donne, danneggiando significativamente la salute fisica e psicologica, la sicurezza, l’autostima e la reputazione.

Le conseguenze della violenza digitale sono allarmanti, in quanto l’abuso perpetrato contro le donne, anche online, conduce ad un progressivo ritiro dalla partecipazione, condivisione, espressione delle proprie opinioni sulle piattaforme digitale, con conseguente impatto sulla qualità della vita “reale”.

È innegabile, infatti, che la fruizione delle piattaforme digitali, tra cui anche i cosiddetti “social”, rappresenta ad oggi una delle modalità abituali di comunicazione, relazione e confronto sia tra giovani che tra adulti. La discriminazione in chiave digitale conduce quindi ad una vera e propria menomazione dell’espressività individuale e può sfociare in esiti depressivi e autodistruttivi.

D’altra parte, il continuum tra violenza digitale e fisica è legato anche alla possibile concretizzazione dell’atto violento come conseguenza diretta dell’aggressione digitale. Basti pensare all’incitamento all’odio o alla discriminazione razziale o di genere, che può sfociare in violenza fisica con atti apertamente aggressivi o minacciosi, fino ad arrivare allo stupro, all’abuso, al femminicidio.

Il contesto socio-culturale quale presupposto della violenza e strumento di contrasto

La violenza digitale è espressione di un contesto storico-sociale caratterizzato da un alto livello di aggressività sia fisica che verbale, che viene amplificata dall’ambiente digitale in quanto favorisce l’occultamento dell’autore attraverso l’anonimato.

La lotta contro tale fenomeno, pertanto, non può prescindere dalla corretta “lettura” del contesto nel quale maturano i comportamenti violenti, di cui sempre più spesso si rendono protagonisti i giovani sia con l’uso inappropriato di un linguaggio aggressivo e denigratorio, sia con il facile ricorso a stereotipi di genere basati sulla discriminazione di genere o sull’odio razziale.

L’aumento esponenziale della violenza online ha portato al riconoscimento normativo di tale fenomeno, sia a livello europeo che mondiale, con l’adozione di strategie di prevenzione e tutela delle vittime attraverso programmi di recupero e sostegno ma anche di educazione al rispetto soprattutto nell’ambito dei programmi scolastici.

La convenzione di Istanbul

Pietra miliare del riconoscimento normativo della violenza contro le donne e domestica, è la Convenzione di Istanbul del 2011, entrata in vigore il 1° agosto 2014, firmata dall’Unione europea nel 2017 e ratificata nel 2023.

La Convenzione rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante a tutela delle donne contro la violenza, di qualsiasi forma ed è applicabile sia in tempo di pace sia nelle situazioni di conflitto armato, contesto in cui purtroppo più facilmente maturano le violenze sulle donne.

L’obiettivo della Convenzione è quello di «promuovere i cambiamenti nei comportamenti socioculturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini».

La violenza digitale, per l’impatto psicologico che determina nelle vittime, può rientrare nella definizione di “violenza psicologica” o “molestie sessuali” se esercitata online e con l’aiuto della tecnologia, rientrando pienamente nella definizione di cui agli artt. 1 e 40 della Convenzione di Istanbul.[2]

Il testo della Convenzione comprende 81 punti, in cui sono delineate le possibili forme di violenza – in tutte le forme in cui si possono manifestare, soprattutto in ambito domestico – e le misure destinate a proteggere e tutelare i diritti delle vittime. La Convenzione impone agli Stati aderenti di punire, con conseguente risarcimento dei danni, una serie di comportamenti violenti contro le donne, dallo stalking alla violenza fisica, dallo stupro al matrimonio forzato, dalle mutilazioni genitali all’aborto o alla sterilizzazione forzati, fino alle molestie sessuali.

Il capitolo III è dedicato in modo specifico alla Prevenzione, e include gli obblighi delle Parti di adottare strategie, misure ed interventi volti a favorire un mutamento culturale che agevoli l’eliminazione di pregiudizi, stereotipi e modelli basati sul concetto di inferiorità della donna rispetto all’uomo.

In tale prospettiva, vengono incoraggiate le iniziative di informazione e prevenzione nei programmi scolastici di ogni ordine e grado, riconoscendo il fondamentale ruolo di scuole e università per veicolare messaggi volti a educare e sensibilizzare al tema.

La Convenzione, oltre a definire i contorni del fenomeno, focalizza l’attenzione sull’educazione delle nuove generazioni, evidenziando come la riuscita del cambiamento è possibile solo a patto che vada di pari passo con una effettiva evoluzione culturale nella società.

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Statistica sulla diffusione della violenza fisica e digitale

L’estensione del fenomeno della violenza, dalla dimensione fisica a quella digitale, ha reso necessario un monitoraggio costante sulle varie forme di violenza, sulla tipologia di reati e di vittime coinvolte. Tale obiettivo rientra tra le attività svolte dal Governo italiano in sinergie con l’Istat e altri organismi che si occupano di analisi statistiche.

In particolare, il Piano Nazionale contro la violenza sulle donne rappresenta nel nostro Paese un osservatorio privilegiato per consentire a soggetti pubblici e privati, coinvolti nel contrasto alla violenza di genere, di monitorare il fenomeno e combatterlo con mezzi adeguati al fine di raggiungere gli obiettivi della Convenzione di Istanbul.

L’Istituto nazionale di statistica e il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio rendono disponibile un quadro informativo integrato sulla violenza contro le donne in Italia.[3]

L’obiettivo è fornire informazioni e indicatori finalizzati ad una visione di insieme su questo fenomeno, attraverso l’integrazione di dati provenienti da varie fonti quali Istat, Dipartimento per le Pari Opportunità, Ministeri, Regioni, Centri antiviolenza, Case rifugio ed altri servizi come il numero di pubblica utilità 1522. Attraverso il portale dedicato, vengono messi a disposizione di tutti i fruitori i documenti sulle politiche nazionali ed europee di contrasto alla violenza, sulla prevenzione, su attività formative nelle scuole e presso gli operatori, oltre che report statistici e di analisi.

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https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2024-07/elaborato_semestrale_15_07_2024.pdf

Inoltre, attraverso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale è istituito il Centro di Elaborazione Dati che si occupa direttamente del monitoraggio e analisi dell’andamento dei reati riconducibili alla violenza di genere.[4]

A partire dai dati sugli omicidi volontari commessi, nei report vengono analizzati i delitti potenzialmente riconducibili a liti familiari e in ambito domestico.[5]

La periodicità è settimanale, i dati elaborati sono messi a confronto con quelli dell’analogo periodo dell’anno precedente. Sono pubblicati inoltre report semestrali e relativi a giornate particolari come l’8 marzo – Giornata internazionale dei diritti della donna – e 25 novembre – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Vengono in primo luogo analizzati i cosiddetti reati spia o reati sentinella, che possono essere già parte integrante della violenza di genere oppure possono costituire un campanello d’allarme del fenomeno: sono considerati tali gli atti persecutori (art. 612 bis c.p.), i maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), le violenze sessuali (art. 609 bis, 609 ter, e 609 octies c.p.) e alcune fattispecie introdotte con la legge n. 69 del 19 luglio 2019 (Codice Rosso).

Nel 2022 è stata inoltre promulgata la legge 5 maggio 2022, n. 53 recante “Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere”, con la finalità di disciplinare la raccolta di dati sul tema. Tale normativa ha rappresentato un passaggio fondamentale ai fini del monitoraggio sulla violenza nelle sue varie declinazioni, in quanto persegue l’obiettivo di meglio comprendere il fenomeno ma anche di elaborare politiche e strategie di prevenzione e contrasto. [6]

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2024-07/elaborato_semestrale_15_07_2024.pdf

In adempimento delle disposizioni di cui all’articolo 5 della predetta legge, la Direzione Centrale della Polizia Criminale ha sviluppato le attività propedeutiche a dotare la Banca dati di funzionalità che consentano anche la raccolta di specifici dati utili a definire la relazione autore-vittima, attraverso un set di informazioni che include: l’età e il genere degli autori e delle vittime, la relazione che intercorre tra loro, le informazioni sul luogo dove è avvenuto il fatto, la tipologia di arma eventualmente utilizzata, la consumazione del reato in presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime e se la violenza è commessa unitamente ad atti persecutori.

Infine, con riferimento all’attività di Monitoraggio, è stato istituito un progetto specifico di “Valutazione e Analisi degli interventi di prevenzione e contrasto alla Violenza maschile sulle donne (ViVa)”, attraverso cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le pari opportunità – ha sottoscritto un Accordo di collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerche sulla popolazione e le politiche Sociali.[7]

La normativa attuale: il “codice rosso”

La legge 69/2019 nota anche come “Codice rosso” recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, ha ampliato il sistema di tutele per le donne vittime di violenza di genere introducendo nuove fattispecie in linea con l’evoluzione digitale del fenomeno della violenza.

Sono stati introdotti ad esempio il reato di stalking previsto dall’art. 612 bis e l’art. l’612 ter c.p. avente ad oggetto la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (revenge porn) senza il consenso della vittima.

Nel 2023 sono state approvate le modifiche al Codice rosso (cosiddetto Codice Rosso rafforzato) volte ad accelerare le indagini e introdurre pene più severe al fine di contrastare l’aumento dei casi di violenza. Tra le previsioni l’obbligo per il PM di ascoltare la persona offesa entro tre giorni dalla denuncia, l’ampliamento da sei a dodici mesi del periodo entro il quale proporre denuncia e la facoltà, nell’ambito della misura cautelare del divieto di avvicinamento, di imporre il braccialetto elettronico per monitorare gli spostamenti dell’aggressore.

Le criticità legate all’individuazione e alla sanzione applicabile contro la violenza digitale risultano particolarmente insidiose nel caso della violenza verbale, dove è più difficile stabilire il confine tra l’ingiuria, da condannare, e la libera espressione, da tutelare. Un ulteriore problema è rappresentato dalla necessità di individuare la responsabilità dell’Internet Service Provider, dei Social Network e dei motori di ricerca, rispetto ai contenuti pubblicati dagli utenti.

Su tale aspetto va ricordato che la Direttiva Europea sul commercio elettronico (2000/31/CE), recepita nel nostro ordinamento con il d. Lgs. 70/2003, individua una responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. in capo al provider escludendo un obbligo di sorveglianza e fermo restando la possibilità per le autorità giudiziarie di richiedere allo stesso provider l’inibizione dei contenuti illeciti.

Proprio in virtù di tali indicazioni, recentemente i principali Internet Provider hanno adottato regolamenti specifici ispirati a principi di tutela che mirano a contrastare la violenza verbale e i discorsi di odio nei confronti degli individui e specialmente delle donne. È noto, ad esempio, che Facebook già da tempo ha introdotto una policy finalizzata a contrastare la violenza e i comportamenti violenti, avvalendosi anche delle segnalazioni degli stessi utenti.

La giurisprudenza recente

L’evoluzione normativa deve tenere conto dei mutamenti soci-culturali e adattare le sanzioni alle nuove tipologie di reato, declinate anche in chiave digitale.

Anche la giurisprudenza deve farsi necessariamente portavoce di tale evoluzione, con pronunce che tengano conto delle circostanze effettive di realizzazione dei reati e delle limitazioni che le norme potrebbero subire, se non adattate alle mutate condizioni sociali, temporali, culturali.

In tale ottica già da alcuni anni si è assistito al riconoscimento giurisprudenziale del reato di violenza sessuale anche nel caso di violenza online, in assenza di contatto fisico con la vittima.

Con la sentenza n. 25266 (8 settembre 2020) la Corte di cassazione ha chiarito come sia possibile parlare di violenza sessuale anche quando manca il contatto fisico o quando le persone coinvolte siano fisicamente distanti. La Suprema Corte ha riconosciuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nell’induzione allo scambio di foto erotiche e nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat.

La pronuncia in parola ha ripreso di fatto il principio affermato in una precedente sentenza dove veniva affermato che, nella violenza commessa mediante strumenti telematici, la mancanza di contatto fisico tra l’autore del reato e la vittima non costituisce circostanza attenuante del fatto di minore gravità. La lontananza fisica, quindi, non può alleggerire la condotta dell’autore che, costringendo la vittima a spogliarsi, pone in essere un atto sessuale che coinvolge la corporeità della persona offesa, compromettendo di fatto il bene primario della libertà individuale per il quale pertanto rileva l’art. 609 bis c.p.

Sulla base di tale orientamento si sono espresse in senso conforme anche le più recenti sentenze in tema di violenza telematica, equiparando di fatto la tutela delle vittime di violenza fisica e di violenza digitale.[8]

I rischi: abbassamento dell’età dei soggetti coinvolti e importanza di strategie di prevenzione

Il monitoraggio sull’evoluzione del fenomeno della violenza, con particolare riferimento alla violenza di genere, ha evidenziato un progressivo abbassamento dell’età dei soggetti coinvolti, rendendo impellente la necessità di approntare interventi tempestivi.

Proprio alla luce della recente normativa è stato riconosciuto un ruolo fondamentale alla prevenzione della violenza, soprattutto con riferimento agli atti violenti perpetrati dai minori, al fine di scongiurare un’escalation violenta e adottare misure contenitive del fenomeno anche in chiave sociale e culturale.

Il ruolo della scuola

In tale ottica sono state approntate direttive mirate del Ministero dell’Istruzione e del Merito, volte a promuovere percorsi educativi mirati presso le scuole secondarie di secondo grado, affiancate ad una formazione specifica del corpo docente e alla collaborazione con professionisti qualificati.

Già nel 2021 vi è stato l’aggiornamento della normativa per la prevenzione e il contrasto del Bullismo e Cyberbullismo (Decreto ministeriale 18 del 13 gennaio 2021 emanato con nota 482 del 18 febbraio 2021) che ha previsto interventi mirati con il coinvolgimento di tutti gli operatori scolastici.

La Legge 107/2015 nel prevedere tale aggiornamento ha consentito l’emanazione delle Linee Guida Nazionali Miur intitolate “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione

L’obiettivo di tali linee guida è quelli di consentire a dirigenti, docenti e operatori scolastici di comprendere, ridurre e contrastare i fenomeni negativi che colpiscono bambine e bambini, ragazze e ragazzi, con nuovi strumenti.

La Legge n. 70 del 17 maggio 2024, recante “Disposizioni e delega al Governo in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo” ha introdotto un aggiornamento sulla normativa vigente rafforzando il ruolo del dirigente scolastico per l’adozione di iniziative formative e per la promozione di un ambiente educativo inclusivo.

È stata, inoltre, istituita la “Giornata del Rispetto“, fissata per il 20 gennaio di ogni anno, dedicata alla sensibilizzazione e all’approfondimento delle tematiche del rispetto reciproco e della lotta contro ogni forma di discriminazione.

Le scuole, sia pubbliche che private, sono quindi incoraggiate a riservare spazi specifici durante la settimana precedente tale data, per approntare attività di sensibilizzazione che coinvolgano studenti, insegnanti e famiglie.

L’adozione di nuovi programmi educativi, unitamente ad una formazione adeguata dei professionisti che operano nel contesto scolastico consente a dirigenti, docenti e operatori scolastici di comprendere, ridurre e contrastare i fenomeni negativi che colpiscono bambine e bambini, ragazze e ragazzi, con nuovi strumenti che tengano conto delle nuove forme di violenza perpetrate attraverso modalità online.

Prospettive di contrasto al fenomeno della violenza digitale

La lotta contro la violenza di genere, in qualunque forma perpetrata, non può prescindere da un mutamento culturale volto a contrastare la mentalità consolidata che vede negli stereotipi di genere il presupposto di comportamenti aggressivi o marcatamente violenti.

La giovane età delle vittime e degli autori dei reati conferma che la disparità di genere non è un retaggio del passato, ma persiste in un approccio culturale che considera ancora la donna soggetto fragile ma anche aggredibile.

Il mutamento culturale impone una riflessione sul patologico senso di possesso e sulla deriva narcisistica nei rapporti fra uomo e donna che purtroppo incide sulla libertà e sulla autodeterminazione della donna, impedendo fin dalla giovane età una piena e libera realizzazione di sé.

È essenziale riconoscere la condizione di assoggettamento psicologico in cui versa la vittima per effetto di comportamenti anche solo velatamente minacciosi, oppressivi, persecutori o denigratori, che possono esitare in veri e propri crimini violenti.

In tale ottica non va sottovalutato l’altissimo numero di vittime che ancora non trova la forza di denunciare in quanto considera “tollerabili” alcuni comportamenti altamente pericolosi e potenzialmente forieri di un’escalation violenta.[9]

Ecco perché il mutamento culturale deve presupporre un’educazione al riconoscimento dei comportamenti violenti come socialmente non accettabili, ma anche un coinvolgimento in progetti volti a recuperare valori autentici come il rispetto, la gentilezza, la cura del prossimo, specie se svantaggiato, oltre al superamento degli stereotipi di genere.

Come sosteneva Cesare Beccaria “Il più sicuro ma più difficil mezzo di prevenire i delitti è di perfezionare l’educazione.”

Bibliografia

  • Francesca Allegri, La misoginia tra le righe.La violenza sulle donne nella storia della letteratura, Carmignani editrice, 2013
  • Collins R. (2014), Violenza. Un’analisi sociologica, Rubbettino, Soveria Mannelli.
  • Corradi C. (2008), I modelli sociali della violenza contro le donne: rileggere la violenza nella modernità, FrancoAngeli, Milano.
  • Alessia Dulbecco, Si è sempre fatto così. Spunti per una pedagogia di genere, Editore Tlon (2023)
  • Fabrizio Filice, La violenza di genere, Giggrè Francis Lefebvre, ISBN 9788828806493
  • Heritier Françoise e B. Fiore – Maschile e femminile. Il pensiero della differenza – Laterza
  • Françoise Héritier – e L. Pacelli – Sulla violenza – Ed. Meltemi
  • Alessandra Sannella, La violenza tra tradizione e digital society: Una riflessione sociologica – – 2017, Franco Angeli eBooks
  • Sannella A. (2015), “Sessualità, violenza e digital society” in Cipolla C., a cura di, La rivoluzione digitale della sessualità, FrancoAngeli, Milano.
  • P. Torretta, V. Valenti (a cura di), Il corpo delle donne La condizione giuridica femminile (1946-2021), G. Giappichelli Editore, Torino, 2021
  • Dalla “Violenza mitica” alla Violenza digitale. Nuove soggettività e forme di potere nella Sociologia dei nuovi media – Guerino Nuccio Bovalino – 2020, Rivista Mediascapes
  • Ziccardi G. (2016), L’odio online, la violenza, lo stalking, il cyberbullismo, Raffello Cortina, Milano.
  • Hearn J., Sala M. (2017), Revenge Pornography: Genere, Sessualità e Motivazioni, Routledge, New York.
  • Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Istanbul, 11 maggio 2011
  • Ministero dell’Interno. Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione centrale della Polizia Centrale – Servizio Analisi Criminali. “Omicidi volontari”, 2024

Secondo i dati Istat nel 2024 “Si conferma il fenomeno dell’under-reporting: i tre quarti delle vittime che si rivolgono al servizio non denuncia a violenza subita alle autorità competenti (il 70,9%) e i motivi della mancata denuncia si devono principalmente alla paura e alla paura della reazione del violento (28,2%) (tavola 16).https://www.istat.it/tavole-di-dati/il-numero-di-pubblica-utilita-1522-dati-trimestrali-del-i-e-ii-trimestre-2024/#

Relatrici alla tavola rotonda del 4 ottobre 2024 dal titolo “Violenza di genere, come prevenire e curare…” svoltosi a Roma in collaborazione con l’associazione Orizzonte Etici

Articolo 3 – Definizioni Ai fini della presente Convenzione: a con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata; b l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima Articolo 40 – Molestie sessuali Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che qualsiasi forma di comportamento indesiderato, verbale, non verbale o fisico, di natura sessuale, con lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, segnatamente quando tale comportamento crea un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo, sia sottoposto a sanzioni penali o ad altre sanzioni legali

https://www.istat.it/statistiche-per-temi/focus/violenza-sulle-donne/

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2024-07/elaborato_semestrale_15_07_2024.pdf

Il “femminicidio” non costituisce fattispecie di reato a sé, per cui il monitoraggio viene effettuato sugli omicidi volontari

Legge 5 maggio 2022 n. 53 Art. 1 – Finalità “1. La presente legge e’ volta a garantire un flusso informativo adeguato per cadenza e contenuti sulla violenza di genere contro le donne al fine di progettare adeguate politiche di prevenzione e contrasto e di assicurare un effettivo monitoraggio del fenomeno.”

l progetto – frutto dell’Accordo di collaborazione sottoscritto tra il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri e l’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche, in materia di Analisi e valutazione degli interventi di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne – ha una durata prevista di 36 mesi a decorrere dall’11 aprile 2022. Esso si articola in due principali ambiti di intervento: Supporto alle politiche di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne 2. Attività di valutazione delle politiche di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne https://www.irpps.cnr.it/viva-monitoraggio-valutazione-e-analisi-degli-interventi-di-prevenzione-e-contrasto-alla-violenza-contro-le-donne/

Cass. pen., Sez. III, 23/01/2024, n. 10692 … Non può, quindi, negarsi la possibilità della realizzazione del reato contestato anche per via telematica, quando il reo, utilizzando strumenti per la comunicazione a distanza quali il telefono, la videochiamata, la chat, costringe la persona offesa a compiere atti sessuali pur se questi non comportino alcun contatto fisico con l’agente. … Cass. pen., Sez. III, Sentenza, 04/04/2023, n. 26809 (rv. 285060-01) Il delitto di cui all’art. 609-quater cod. pen. non è necessariamente caratterizzato dal contatto fisico fra l’agente e la vittima, risultando configurabile anche nel caso in cui l’uno trovi soddisfacimento sessuale dal fatto di assistere all’esecuzione di atti sessuali da parte dell’altra. (Fattispecie in cui l’imputato traeva soddisfacimento erotico dall’assistere, per via telematica, al compimento di atti di autoerotismo da parte di minori parti lese, con i quali interagiva). (Rigetta, CORTE APPELLO BOLOGNA, 13/05/2022) Cass. pen., Sez. III, Sentenza, 05/10/2022, n. 44453 (rv. 283778-01) In tema di reati sessuali, è configurabile l’aggravante dell’utilizzo di mezzi atti ad impedire l’identificazione dei dati di acceso alle reti telematiche, di cui all’art. 609-duodecies cod. pen., nel caso in cui l’agente ponga in essere una qualsiasi azione volta a rendere maggiormente difficoltosa la propria identificazione, eludendo le normali modalità di riconoscimento. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO VENEZIA, 20/10/2021) Cass. pen., Sez. III, Sentenza, 05/10/2022, n. 44453 (rv. 283778-01) In tema di reati sessuali, è configurabile l’aggravante dell’utilizzo di mezzi atti ad impedire l’identificazione dei dati di acceso alle reti telematiche, di cui all’art. 609-duodecies cod. pen., nel caso in cui l’agente ponga in essere una qualsiasi azione volta a rendere maggiormente difficoltosa la propria identificazione, eludendo le normali modalità di riconoscimento. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO VENEZIA, 20/10/2021)

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