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Conservazione a norma delle PEC: le regole più importanti

Occorre verificare caso per caso la rilevanza fiscale o legale della corrispondenza ricevuta e inviata tramite PEC, oppure, per non sbagliare, attivare il servizio di conservazione direttamente all’interno della casella. Vediamo alcuni principi da seguire

Pubblicato il 29 Set 2016

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Ultimamente, la conservazione dei messaggi di Posta Elettronica Certificata è un tema sempre più dibattuto.

Eppure che i messaggi PEC, in quanto documenti informatici, debbano essere conservati non è affatto un elemento di novità. Se ricordiamo, infatti, già il testo originario del CAD, decreto legislativo n.82 del 2005, all’articolo 43, andava a stabilire che i documenti degli archivi, le scritture contabili, la corrispondenza ed ogni atto, dato o documento di cui è prescritta la conservazione per legge o regolamento, ove riprodotti su supporti informatici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge, se la riproduzione e la conservazione nel tempo sono effettuate secondo le Regole Tecniche (DPCM del 3 dicembre 2013 per la conservazione). Concetto che permane anche nel recentissimo novellato CAD, in vigore dal 14 settembre.

Purtroppo è ancora molto diffusa la pessima pratica di stampare tutto quello che è contenuto all’interno di un messaggio PEC, invece di provvedere alla sua conservazione a norma.

Vi è poi una certa confusione su quello che si intende per ‘conservazione delle PEC’. La PEC non è una tipologia documentale come ad es. i contratti, le fatture, le determinazioni, ma è un mezzo di trasporto di documenti (che possono essere i più svariati), da qui la difficoltà di regolamentare la corrispondenza con norme generali. Occorre innanzitutto distinguere tra quella che è la busta .eml, firmata con firma elettronica qualificata dal gestore, le ricevute di avvenuta accettazione e consegna, che possono essere sintetiche o complete (la ricevuta completa contiene il messaggio originale e gli allegati) e che di fatto sono documenti originali informatici. Altra cosa è invece il vero e proprio allegato contenuto nella busta (contratto, fattura, invito a un evento, ecc..).

Andando ad indagare su quali siano i motivi che hanno riportato alla nostra attenzione questo tema ecco che, senza troppa fatica, ritroviamo la causa scatenante: il termine ultimo per la Pubblica Amministrazione per recepire le disposizioni del DPCM del 13 novembre 2014, fissato per lo scorso 12 agosto e sospeso di quattro mesi dal novellato CAD. Il DCPM stabiliva infatti che, entro quella data, tutte le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto obbligatoriamente recepire le Regole Tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici. Questo, sostanzialmente, con l’obiettivo di dare una forte accelerazione alla digitalizzazione della PA nella direzione del “digital first”, che le Disposizioni di coordinamento del novellato CAD pare abbiano sospeso per quattro mesi. Tuttavia, è bene ricordare che rimane invariato l’obbligo della conservazione per i documenti originali informatici, quindi questa sospensione non dovrebbe assolutamente essere letta come un ritorno al cartaceo.

Al di là dell’attenzione mediatica sul tema e dei suoi possibili motivi, appare più importante, per ragioni di completezza e chiarezza, concentrarsi su un aspetto fondamentale: la distinzione tra quanto accade – in tema di gestione documentale – nel settore pubblico e quanto invece nel mondo dell’impresa privata.

Le PA, a differenza delle aziende private, hanno un proprio (obbligatorio) protocollo informatico, che ha valore giuridico e fede privilegiata. Collegati direttamente a tale protocollo, i messaggi via PEC vengono gestiti in modo automatico: la “busta” viene aperta e il contenuto (l’allegato) individuato, protocollato, classificato e smistato nei vari uffici. Anche la “data certa” di protocollo viene attribuita dal sistema, che prevede anche il “ricongiungimento” delle ricevute di accettazione e consegna al documento protocollato.

A valle di tutto, al protocollo è direttamente connesso un sistema di conservazione digitale, che provvede al versamento dei documenti a conclusione del loro ciclo di vita all’interno del sistema. È quindi molto raro che una PA abbia necessità o abitudine di conservare i messaggi PEC e i contenuti loro annessi direttamente nelle caselle in cui sono stati ricevuti.

Nelle imprese private, invece, non sempre è previsto un sistema di gestione documentale e la PEC è un sistema di spedizione a sé stante, quasi sempre scollegato dagli applicativi, tuttavia è il mezzo di trasporto più usato per la spedizione o la ricezione di documenti con alto valore legale.

Si comprende facilmente quanto sarebbe opportuno l’invio tempestivo in conservazione di ogni documento, subito dopo l’operazione di sbustamento (l’art. 2214 del codice civile, infatti, impone di conservare la corrispondenza ricevuta e spedita ordinatamente per ciascun affare). Di certo, non è sufficiente la loro archiviazione nel PC, dato che non ne sarebbe garantito il valore legale, e appare assurdo stampare tutto, dato che si tratta di originali informatici.

Il problema è che non si possono fare discorsi di carattere generale, perché non essendo una tipologia documentale a sé, l’esigenza di conservarla o meno dipende dai documenti che contiene e dal loro contesto.

Se ricevo tramite PEC un documento d’offerta, non ho dubbi sull’esigenza di conservarlo, ma posso ritenere non necessario conservare busta e ricevute. Se ricevo invece dei documenti inerenti a un bando di gara in cui la data/ora di spedizione sono fondamentali, la mia esigenza è quella di conservare tutto, comprese le buste e le ricevute (così come nel cartaceo conservavo busta e ricevuta delle raccomandate). Se ricevo, infine, pubblicità non richiesta, non è necessario che io la conservi.

Occorre, dunque, verificare caso per caso la rilevanza fiscale o legale della corrispondenza ricevuta e inviata tramite PEC, oppure, per non sbagliare, attivare il servizio di conservazione direttamente all’interno della casella, così da avere la certezza del mantenimento di leggibilità, integrità, autenticità e sicurezza di tutta la mia corrispondenza aziendale. Ecco perché una soluzione PEC quale Legalmail di InfoCert può rivelarsi davvero preziosa: perché offre, direttamente integrato in sé, il servizio di Conservazione digitale dei messaggi PEC, in particolare della ricevuta completa, aderendo così alla normativa di riferimento e rispondendo, in modo estremamente semplice, a un’esigenza che altrimenti rischia di essere difficile da gestire.

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