Gli apocalittici possono dormire sonni tranquilli e forse, perché no, godersi in santa pace la pensione lasciando spazio, finalmente, a quelli che, non ideologicamente ma di fatto, sono davvero integrati alle nuove tecnologie: i giovani.
Non è un caso che il libro di Marco Scarcelli, “Intimità Digitali. Adolescenti, amore e sessualità ai tempi di Internet” prenda piede dalla citazione dell’opera di Umberto Giordano, dal libretto di Luigi Illica, «Ah, quel Gérard!…L’ha rovinato il leggere! Credetemi! Fu l’Enciclopedia!» e la trasformi in «Ah, quel Gérard! L’ha rovinato il web! Credetemi! Fu Wikipedia!».
Potremmo idealmente da una parte porre articoli, articoletti, pseudo ricerche di stampo terroristico che diffondono l’immagine di un Web pericoloso per i giovani, e dall’altro, lavori seri, durati anche anni, fatti assieme alle voci dei giovani, ascoltando le loro impressioni, il significato che danno alle loro esperienze nel web e come queste completino ed integrino la vita quotidiana. Questi studi, seri, mettono in luce dei giovani altamente consapevoli dell’utilizzo della Rete, della tutela della propria persona e della propria privacy.
Gli studi seri per fortuna non mancano, c’è, sempre ad esempio, il filone di ricerche dell’Università Cattolica e del suo Centro di ricerca sui Media e la comunicazione, OSSCOM (tra gli autori Colombo, Giaccardi, Vittadini e Aroldi), che mette in luce i giovani come protagonisti consapevoli del web e dei dispostivi digitali.
Per dare corpo a questi giovani, prendiamo in considerazione il sopracitato testo di Marco Scarcelli (assegnista di ricerca a Padova), appena uscito, e quello di Gabriele Qualizza (Docente universitario a Udine e alla Cattolica di Milano), “Facebook generation: i “nativi digitali” tra linguaggi del consumo, mondi di marca e nuovi media” del 2013.
Possiamo così avere la rappresentazione dei giovani digitali italiani negli ultimi 5 anni, protagonisti nei due testi, anche se poi declinano aspetti diversi: il consumo e la passione per i brand l’opera di Qualizza, la sessualità quella di Scarcelli.
Il ritratto che esce da entrambi i testi è quello di esperti navigatori della rete, che comprendono bene il rischio dell’esposizione di aspetti personali, privati, dati intimi nel web, tanto da selezionare il mezzo più opportuno, inclusa la telefonia o la presenza, a seconda della sensibilità delle tematiche.
La ricerca di Qualizza, con oltre 500 questionari, conferma la pervasiva presenza delle nuove tecnologie nel vissuto quotidiano dei giovani consumatori: il 99,6% dispone di un cellulare/smartphone, il 99,2% di un computer, l’84,4% di un lettore mp3/mp4, l’83,1% di una fotocamera digitale. I ragazzi non subiscono l’utilizzo del mezzo così come gli viene imposto dal mercato: lo “addomesticano” integrandolo nel vissuto quotidiano e rivestendolo di nuovi significati. Il cellulare/smartphone non viene adoperato principalmente come dispositivo di telefonia mobile (dunque come sostituto del “fisso” di casa: solo il 70,9% se ne serve ogni giorno a tale scopo), ma come strumento per inviare e ricevere “messaggini” (opportunità di cui si avvale quotidianamente l’85,9% degli intervistati). Diventa così di fatto un medium «del con-tatto (con forte accento su una forma di tattilità “mediata”): quasi un’estensione del proprio corpo, una bussola e uno strumento di geo-localizzazione, utile per orientarsi negli infiniti percorsi della “metropoli” contemporanea, segnalando costantemente la propria posizione. In pratica, il cellulare, da semplice “telefonino”, si trasforma in una tecnologia da indossare: diario di viaggio, nel quale segnare date, contatti e appuntamenti, ma anche memoria personale, nella quale archiviare documenti ricchi di valenze emozionali (immagini, file musicali e filmati)».
La rete, da risorsa di informazioni di un tempo, diventa invece catalizzatore di relazione (93,1% è iscritto ad almeno un social network), uno spazio semi-pubblico nel quale aumentare le occasioni di contatto con le persone che si frequentano in presenza (76,4%) o persone che si frequentavano, si conoscevano, ma che si sono perse di vista (66,4%).
«Appare chiaro che online e offline, old media e new media non vengono gestiti come sfere distinte e separate, ma come articolazioni di un unico spazio di esperienza, nel quale sono le opportunità di incontro e di relazione – e non le tecnologie – ad assumere un’importanza decisiva».
Emergono dei giovani: contaminati da stili di vita differenti; con un’ottima educazione; dotati di un elevato spirito di collaborazione, partecipazione e lealtà che li conduce ad un rinnovato senso civico e all’impegno nel quotidiano.
La frammentazione temporale in mode, prospettata da Maffesoli, a causa della ricchezza di stimoli e proposte sempre nuove, sembra invece essere sostituita da una scelta tutto sommato “libera” sia verso l’industria culturale che il mondo dei brand: non esiste un prodotto culturale o un brand che la fa da padrone e vince su tutti (come invece aveva prospettato Niclas Taleb nell’economia dell’Extremistan), c’è invece un frazionamento continuo tra diversi prodotti che nel tempo competono il primato, ma ottengono solamente una parte del mercato assieme ad innumerevoli altri competitor, lasciando spazio e possibilità a consumi di nicchia.
Lo studio di Marco Scarcelli parte dallo stesso presupposto di Qualizza – i giovani come soggetti costruttori di senso e significato – e si svolge con più di sessanta interviste in profondità, nelle quali i giovani erano di fatto i soggetti assieme ai quali ha costruito il suo percorso conoscitivo: insieme ai giovani, non sui giovani. Questi, con Internet, sfuggono al controllo genitoriale, per maturare una conoscenza del proprio corpo, protetti attraverso l’anonimato da atteggiamenti sanzionatori. E a fronte di questa libertà, emergono comportamenti etici orientati ai valori: la scelta di non ricorrere al cybersex e di optare invece per il contatto fisico con la persona con la quale già hanno condiviso queste emozioni e sensazioni, evitando per tanto sia contatti con sconosciuti ma anche forme di cyber sesso.
E oltre a ragioni di carattere sentimentale aggiungono quelle legate alla privacy: «gli adolescenti hanno mostrato una certa consapevolezza rispetto ai rischi in cui potrebbero incorrere praticando il sesso virtuale. Molti, infatti, hanno indicato la pratica come qualcosa di non positivo, per ciò che li riguarda, poiché espone al rischio che qualcuno possa rendere pubbliche immagini private. Il rischio è di esporre un lato estremamente intimo di se stessi al pubblico dominio, con l’eventualità, inoltre, che tali materiali arrivino in mano a compagni di scuola, amici, insegnanti o genitori».
A questa consapevolezza si associa la considerazione che Internet entra a tutti gli effetti nella loro vita quotidiana, lasciando però loro aperte delle finestre per sperimentare possibili espressioni di sé – difese dall’anonimato – per capire e comprendere, sulla base delle risposte ricevute, delle sanzioni, che cosa sia reputato effettivamente normale o meno dai loro coetanei: una socializzazione virtuale alla sessualità, virtuale nel senso originale di Levy «il virtuale non è per nulla l’opposto al reale. È, al contrario, una modalità potente e produttiva dell’Essere, una modalità che dà piena libertà ai processi creativi».
Scarcelli, attraverso lo sguardo dei giovani, riporta che «in relazione alla sessualità e all’affettività […], l’adolescente, con lo scopo di essere accettato all’interno del gruppo dei pari, ricerchi essenzialmente una cosa: la “normalità” […] L’adolescente che tenta di dare una definizione a ciò che è “normale” utilizza la rete per comprendere cosa sia condiviso con gli altri, e cosa sia nella norma».
I ragazzi per comprendere questo cercano sia informazioni mediche e statistiche, narrazioni altrui e forum ma anche blog, wikipedia e i social network.
Il gruppo dei pari, fondamentale risorsa di socializzazione, un tempo fisicamente collocato nelle esperienze scolastiche, associative ed aggregatrive dei giovani, diventa così un gruppo dei pari allargato: «esplorando il mondo che lo circonda attraverso i racconti dei coetanei o degli altri utenti, l’adolescente si rassicura trovando spesso molte domande che altri soggetti hanno posto nel tempo e che rispecchiano le sue stesse curiosità».
Unica nota dolente (almeno per gli autori dell’articolo) è che emergono comportamenti discriminatori legati al divario di genere: esiste ancora una forte uniformità di comportamenti narrati dai ragazzi, dichiaratamente eterosessuali dalle prestazioni impeccabili e sanzioni verso le ragazze che si dimostrano facili, nei confronti delle quali non ricadono scelte per relazioni stabili: «Il pubblico di riferimento è quindi sempre quello maschile che può decretare, anche attraverso la facciata creata mediante i social network sites, se quel soggetto faccia parte del gruppo di ragazze con cui avere rapporti fugaci o con cui potersi impegnare. C’è pertanto anche in questo meccanismo una dominazione maschile (Bourdieu 1999) che vede ancora una volta gli uomini detenere un potere che non lascia le ragazze libere di esprimersi al pari dei coetanei uomini pena l’essere catalogate come sessualmente promiscue».
Forse Gerard ha ancora molto da imparare, per fortuna che c’è Wikipedia.
Gabrielle Qualizza, Docente Universitario e collaboratore Brand Forum.
Marco Scarcelli, Dottorato e assegnista di ricerca presso l’Università di Padova.
Qualizza Gabriele (2013), Facebook generation. I “nativi digitali” tra linguaggi del consumo, mondi di marca e nuovi media, EUT Edizioni Università di Trieste, Trieste.
Scarcelli Cosimo Marco (2015), Intimità Digitali. Adolescenti, amore e sessualità ai tempi di Internet, FrancoAngeli, Milano.