Anche in Italia stanno crescendo pericolosamente fenomeni di odio e di intolleranza verso il “diverso” diffusi, principalmente tra i giovani e attraverso i social media. Una recente ricerca, realizzata da Swg (qui il testo completo) mostra come i principali obiettivi dell’odio siano i migranti (32%), seguiti subito dopo da politici (30%), gay (30%), donne (27%), minoranze (21%), musulmani (15%). Ma l’odio non rimane solo online. Come segnalato da Lunaria, che ha redatto il Report Nazionale sul monitoraggio dei delitti di odio (disponibile qui), ogni anno sono centinaia i casi di crimini d’odio, con un incremento in cinque anni da 56 a 596 casi. Per questo è urgente l’attivazione di interventi di prevenzione e di contrasto a più livelli, che coinvolgano sia la dimensione normativa, che quella sociale e culturale.
Un tentativo interessante per intervenire su questi due ultimi livelli è la proposta di Parole O_Stili, progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza nelle parole, che ha recentemente sviluppato e condiviso un “Manifesto della Comunicazione Non Ostile” composto da 10 principi.
Il Manifesto della comunicazione non ostile è il risultato di oltre 250 proposte della Rete poi riformulate in 23 principi di stile e sottoposte a votazione online sul sito dell’organizzazione. I primi sei principi sono il risultato di questo processo, mentre gli altri quattro sono stati sviluppati dai 100 influencer – rappresentanti del mondo universitario, giornalistico e istituzionale – che hanno sostenuto il progetto dalle sue fasi iniziali. Parole O_stili ha avuto il suo primo momento di confronto il 17 e 18 febbraio 2017 a Trieste durante un evento organizzato assieme alla Regione Friuli Venezia Giulia in cui comunicatori, giornalisti, politici, professionisti dell’informazione, docenti e pubblicitari si sono confrontati su strumenti e metodi per condividere e discutere il decalogo.
In particolare Parole O_Stili ha chiesto ai docenti dell’Università Cattolica di provare a sviluppare, a partire dai 10 principi, dei contenuti formativi orientati ai giovani, alla scuola e ai genitori. Grazie al contributo degli psicologi, di pedagogisti come Pier Cesare Rivoltella e di sociologi come Fausto Colombo e Giovanna Mascheroni, la sfida è quella di strutturare un percorso formativo orientato all’acquisizione di maggiori competenze per la comunicazione online.
Come riuscirci? L’ho chiesto alla collega Emanuela Confalonieri, che con la collega Simona Caravita, coordina su questo tema il lavoro degli psicologi e che in Cattolica insegna Psicologia dell’Educazione. Il primo passo deve essere quello di aumentare la consapevolezza degli aspetti di responsabilità morale relativi alla comunicazione online: nel cyberspazio non è possibile interagire direttamente con il proprio interlocutore cogliendone i vissuti emotivi espressi attraverso le espressioni del volto o i movimenti corporei. Ciò rende più difficile entrare in empatia con l’altro. In particolare, spinge il giovane sia a sottovalutare la portata morale della propria azione comunicativa ostile, sia ad autogiustificarla descrivendola come uno scherzo con un limitato danno reale per l’interlocutore.
Questi meccanismi giocano infatti un ruolo centrale anche nei fenomeni di cyberbullismo, fenomeno molto diffuso nelle scuole, che la recente legge approvata a Maggio 2017 cercherà di contrastare con diversi nuovi strumenti normativi. Se da una parte diventa possibile chiedere, anche senza che i genitori lo sappiano, la rimozione di contenuti offensivi dalla rete e dai social network, dall’altra viene dato alla scuola un ruolo chiave nei processi di prevenzione e di contrasto. In primo luogo sensibilizzando gli insegnanti attraverso corsi di formazione dedicati e poi attribuendo al preside il compito di dialogare con le famiglie degli studenti coinvolti in casi di cyberbullismo.
In questo processo il decalogo della comunicazione può diventare uno strumento efficace per riflettere su questi temi in maniera attiva. Per esempio, per ogni principio è possibile chiedere ai ragazzi di identificare e raccontare esempi positivi e negativi di attività online evidenziandone opportunità e rischi. Questa attività si può poi concretizzare in un video, da loro realizzato con i propri cellulari, che racconti ai propri compagni le loro riflessioni sui diversi principi
Obiettivo finale è la responsabilizzazione di giovani e meno giovani nell’ottica di creare una cultura della comunicazione online co-costruita e condivisa, in grado di favorire l’integrazione e la diffusione di idee.
Il Manifesto della comunicazione non ostile
- Virtuale è reale
Dico o scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.
- Si è ciò che si comunica
Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano.
- Le parole danno forma al pensiero
Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso.
- Prima di parlare bisogna ascoltare
Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura.
- Le parole sono un ponte
Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.
- Le parole hanno conseguenze
So che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi.
- Condividere è una responsabilità
Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.
- Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare
Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare.
- Gli insulti non sono argomenti
Non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi.
- Anche il silenzio comunica
Quando la scelta migliore è tacere, taccio.