Sabina è una giovane infermiera dell’ospedale di Lecco.
Come tutti gli operatori sanitari in questo periodo sta lavorando tantissimo per combattere un’epidemia che sta rottamando le nostre vecchie abitudini. Anche le sue, siccome è stata spostata di reparto per fronteggiare l’emergenza.
“Sono passati 10 giorni o 2 anni”? Si chiede. “Mi guardo allo specchio e mi vedo stanca e invecchiata. Lavoriamo per 2 o per 3. Non ci sono permessi, ferie, figli o compagni”
Insieme ai nuovi colleghi fa turni massacranti di più di 12 ore, a contatto con persone infette o presunte tali.
I pazienti aumentano, la terapia intensiva è quasi al collasso e le previsioni sui nuovi ricoveri attesi non è per nulla confortante, e per questo bisogna combattere senza sosta.
Dopo 10 giorni in apnea, nel reparto si concedono per la prima volta di tirare il fiato per mangiare un piatto caldo, da consumare in piedi, di corsa.
“Ordiniamo delle pizze”? Domanda Sabina ai colleghi. La risposta ve la lascio immaginare
Arriva il fattorino con le pizze ancora calde in mano.
Sabina toglie la cuffia e la mascherina, tira fuori i soldi e aggiunge: “Scusa sono impresentabile e puzzo di disinfettante”.
Il ragazzo alza lo sguardo, le sorride e le dice: “I soldi non servono, mettili pure via”.
“Ma come non servono”?
“Una signora che aspettava le pizze ha sentito che dovevamo consegnarle in rianimazione e ha voluto pagarle lei. Ah, ha detto di ringraziarvi tanto e vi augura buon lavoro”.
Non potendo abbracciare fisicamente la signora, Sabina lo fa scrivendo su Facebook, perché, sì, la tecnologia che salva la vita non è solo quella della terapia intensiva, ma è anche quella dei social network che se usati bene ci permettono di conoscere queste storie.
Allora Sabina va su Facebook e scrive:
“Ecco un’infermiera di sala operatoria, ex neurorianimazione, passata dall’oggi al domani in Corona-ria, dopo una giornata di merda, spettinata e che puzza di disinfettante, che si commuove con 7 pizze in mano davanti al ragazzo della pizzeria Rida. Buona notte combattenti”.
Quando siamo costretti a vivere momenti di crisi e di emergenza c’è la tentazione di maledire quello che ci capita, di augurarsi che tutto finisca presto e tutto torni come prima.
Invece credo che questa storia e questa esperienza che stiamo vivendo ci stiano insegnando a convivere con noi stessi, con il silenzio, con le nostre paure e con la nostra fragilità, e a riconoscere la mortalità della vita. Ed io mi auguro, ma sono sicuro che sarà così, che le cose non tornino MAI più come prima, ma che questo corona virus ci faccia ritornare ad essere umani!
Ognuno di noi ha una storia, raccontami la tua: come stai vivendo e affrontando questa emergenza?!
Scrivimelo nei commenti e dimmi se sei più una persona che si sta sacrificando per il bene degli altri o grato dei sacrifici di altri.
#Andràtuttobene!