le opportunità della crisi

Coronavirus: smart working e formazione, esempi dell’Italia migliore

L’emergenza causata dall’arrivo del virus Covid-19 in Italia sta comportando una risposta straordinaria dell’intero sistema. Da questa situazione, però, possiamo anche riflettere sulle possibilità di innovazione di cui potremmo beneficiare, in particolare in ambito smart working e formazione digitale

Pubblicato il 05 Mar 2020

Andrea Biancini

Innovation manager specialista in formazione

smart-working

Alle popolazioni e alle persone direttamente coinvolte dal coronavirus potrà forse sembrare un po’ poco, ma quanto si sta facendo in tema di smart working e formazione a distanza sono bei segnali. Dimostrano che anche da situazioni di emergenza possiamo trarre anche importanti opportunità di riorganizzazione e ristrutturazione positiva delle attività. Persino, richiamano alla mente il concetto di antifragilità, descritto da un bel libro di Nicholas Taleb.

Buone notizie in un momento in cui c’è davvero bisogno di essere efficaci ed efficienti per rispondere all’emergenza.

L’arrivo del Coronavirus e la risposta del Paese

Beninteso, di sicuro questa situazione ha, e avrà, impatti importati su diversi ambiti: da quello sociale a quello economico. Il contraccolpo si farà sentire.

E tuttavia le situazioni di emergenza offrono l’opportunità di accelerare nella sperimentazione di soluzioni innovative. Se saremo capaci di sfruttare questa spinta all’innovazione, al passaggio dell’emergenza il Coronavirus non avrà lasciato solo “macerie” ma avrà portato anche qualche elemento positivo.

In nuce, questa capacità reattiva dell’Italia è percepibile già nella prontezza delle misure predisposte per far fronte all’emergenza. Non appena registrati i primi casi in Lombardia, il Presidente del Consiglio, il Ministro della salute e il Governatore della Regione Lombardia hanno iniziato a orchestrare una risposta e a stabilire regole e modalità di comportamento.

In sintesi, le iniziative intraprese sono state le seguenti:

  • Gli abitanti dei comuni in “zona rossa”, ovvero i comuni dove sono stati registrati focolai di casi, sono stati posti in una sorta di quarantena e quindi è stato chiesto loro di non entrare/uscire dal proprio comune di residenza per almeno 15 giorni.
  • Tutte le attività didattiche e scolastiche, comprese quelle universitarie, sono state sospese al momento per una settimana, in attesa di chiarire sviluppi della diffusione della malattia.
  • Le manifestazioni pubbliche e private e i grandi assemblamenti di persone (tipici di attività quali teatri, cinema o eventi pubblici) sono state sospese fino a data da destinarsi in tutte le regioni in cui sono presenti casi di infezione.
  • I pub in Lombardia hanno dovuto limitare il proprio orario di esercizio alle ore 18:00.

Le misure adottate, appare chiaro, sono dettate principalmente da scopi precauzionali. La situazione, infatti, non è a livelli di criticità estremi ma la risposta è stata comunque forte per prevenire una maggior diffusione. Come è facile aspettarsi, l’opinione pubblica e la popolazione civile hanno avuto un contraccolpo emotivo per questa situazione. Pertanto, una certa preoccupazione si è iniziata a diffondere e ha portato a una riduzione della socialità e della partecipazione a attività all’aperto.

Forti sono anche stati, sebbene ancora da stimare in modo compiuto, i contraccolpi sull’attività economica. Molte aziende hanno visto le proprie attività sospese e molte altre hanno dovuto gestire situazioni di difficoltà con le proprie risorse umane spesso in difficoltà nel raggiungimento delle sedi di lavoro e quindi nell’espletare la propria mansione.

Come rispondono le aziende: lo smart working

Come visto le aziende e le realtà produttive sono, loro malgrado, in prima linea coinvolte nella gestione di questa emergenza sanitaria. Una dimostrazione di questo fatto è data dal tonfo dell’indice di borsa FTSE.MIB che ha perso molti punti percentuali dopo la diffusione della notizia dei contagi.

Tra le aziende, molte svolgono attività non direttamente impattate da nessuna delle ordinanze e delle restrizioni imposte dalle autorità. Ma quindi dove sta il problema? La difficoltà, anche per queste aziende, è quella di gestire le preoccupazioni e le difficoltà che possono star sperimentando le proprie risorse umane. Oltre ad avere dipendenti che potenzialmente lavorano nelle zone rosse e quindi che non hanno possibilità di spostarsi per recarsi presso la propria sede di lavoro, si hanno situazioni in cui è preferibile richiedere al proprio personale di non recarsi in ufficio.

Questa scelta permette di evitare contatti e quindi, qualora dovesse essere identificato qualche caso di infezione, ridurre la possibilità di contagio all’interno dell’azienda. Inoltre, in questo modo è possibile evitare di chiedere ai propri dipendenti di muoversi con mezzi pubblici e quindi diminuire le occasioni di promiscuità che potrebbero alimentare il contagio.

Proprio per questi motivi, molte aziende stanno quindi accelerando fortemente nell’adozione di programmi di smart working in modo da rendere produttive le proprie persone anche fuori dalle canoniche sedi di lavoro. Già da qualche anno lo smart working stava prendendo piede in diverse aziende e realtà produttive anche in Italia. I piani di welfare aziendale, non solo delle grandi imprese, da tempo implementano piani più o meno strutturati e articolati di smart working. È innegabile che la situazione di emergenza creata dal rischio contagio, abbia in qualche modo rotto gli argini e fatto sì che nuove soluzioni e implementazioni di questa modalità di lavoro venissero applicate con sempre maggior forza.

Sicuramente lo smart working, e la gestione di forza lavoro remota, non è la soluzione a tutte le problematiche che il rischio contagio introduce (si pensi a come si stanno modificando le supply chain a livello globale, solo per fare un esempio). Tuttavia, credo sia da sottolineare come la situazione critica abbia spinto a identificare e a sperimentare soluzioni innovative.

Lo smart working in questa situazione, quindi, rappresenta il tentativo creativo e innovatore di rispondere a nuovi problemi trovando soluzioni e percorrendo nuove vie.

L’impatto del Coronavirus sulla scuola e le opportunità per la formazione

Anche il mondo della formazione e dell’educazione è stato fortemente stravolto dall’arrivo del Coronavirus. L’ordinanza di Regione Lombardia, infatti, stabilisce un fermo di tutte le attività didattiche in presenza per ogni scuola, ente di formazione o università. E con essa, è arrivato anche l’ordine di sospendere esami e sessioni di laurea e ripianificarle in date successive.

Ora, la complessità dei calendari accademici non è certo quella della Seria A di calcio (che anch’essa è in difficoltà a riorganizzare le partite cancellate). Tuttavia, il problema di organizzazione della didattica è di non facile soluzione. Soprattutto perché questo rappresenta di fatto un’interruzione di pubblico servizio e come tale è bene cercare di minimizzarne al massimo gli effetti.

Dopo i primi giorni passati ad avvisare della sospensione e a riorganizzarsi per rispondere all’emergenza, ora giunge il momento di studiare delle nuove soluzioni e modalità. Anche in questo caso, come è stato per lo smart working per le aziende, la situazione di cristi sta dando la possibilità di innovare e di proporre innovazioni anche didattiche. È per questo che diverse scuole, alcune università e molti centri di formazione si sono attivati nel campo della FAD (Formazione A Distanza) e hanno iniziato a erogare unità didattiche per via telematica.

Quella della digitalizzazione della didattica è un’impresa avviata oramai da diverso tempo e che vede diversi casi di successo e applicazioni positive. Molti dei nuovi paradigmi didattici e invitano a un utilizzo di supporti digitali alla didattica e quindi sempre più spesso assistiamo a corsi online, a video lezioni o utilizziamo vere e proprie piattaforme di erogazione dei contenuti educativi online.

La situazione di emergenza creatasi ha sicuramente dato un forte impulso a questo stimolo. Ora sempre più soggetti, prima meno attivi sulla digitalizzazione, stanno iniziando a favorire la didattica digitale. Anche questa situazione rappresenta un’opportunità, spero positiva, per velocizzare una trasformazione in anno ma che non può che beneficiare da una maggior attenzione e un’accelerazione nella sua applicazione.

L’antifragilità

Nel libro Antifragile“, di Taleb, che abbiamo citato in apertura, si parla di come è meglio attrezzarsi per rispondere all’incertezza e quindi per riuscire ad essere efficaci e positivi anche in contesti inattesi e sorprendenti come quello che ci sta facendo vivere l’epidemia da Covid-19.

A differenza delle entità fragili, facilmente soggette a danni e degrado, ci sono alcune cose che invece traggono beneficio dagli shock, crescono e prosperano quando sono esposte a mutevolezza, disordine e casualità. Queste “cose” sono quelle che meglio riescono a reagire al complicato contesto in cui oggi giorni ci troviamo ad operare.

Le caratteristiche che facilitano l’espressione di caratteristiche antifragili sono diverse. Di sicuro tra di esse abbiamo:

  • L’organizzazione: adottare un approccio antifragile significa fare in modo che la discontinuità organizzativa non sia un evento che impatta frontalmente l’individuo bensì un percorso progressivo di de-costruzione e ridefinizione dell’intero ecosistema aziendale.
  • La tecnologia: la trasformazione tecnologica e digitale è sempre più centrale e in qualche modo rappresenta un elemento di definizione del nostro ambito di azione, sia organizzativa sia personale. Riuscire a relazionarsi con essa in modo profondo, comprendendola e abbracciandone le modalità e le logiche, aiuta a definire un approccio antifragile.

È proprio in questo senso, che – come dicevamo –  le risposte all’infezione da Coronavirus  rappresentano comportamenti antifragili che stanno aiutandoci a trasformare la situazione di emergenza in un’opportunità di riorganizzazione e ristrutturazione positiva delle nostre attività.

Conclusioni

Sono un ottimista. Me ne rendo conto e credo di non poter facilmente lasciar credere il contrario. Credo proprio per questo, però, che la difficoltà rappresentata dalla situazione che stiamo vivendo in relazione al contenimento dell’infezione da Coronavirus sia non solo una “sciagura” ma possa darci anche degli elementi positivi.

In questa riflessione ho discusso due elementi, magari microscopici nel marasma della complessità del momento, che mi fanno trovare qualcosa di buono. Lo smart working, tanto discusso e in corso crescente di applicazione nelle aziende, e la digitalizzazione della formazione stanno parzialmente beneficiando di una forte attenzione e di un rapido sviluppo di adozione.

Credo quindi che questo virus, come è arrivato, a un certo punto ci lascerà. E la nostra realtà potrà tornare a uno stato di minor tensione. Quando tutta questa vicenda sarà finita, però, se saremo stati bravi potremo avere una situazione di tranquillità più funzionale rispetto a quella da cui siamo partiti. Il virus ci lascerà in difficoltà, fiaccati nell’economia e nel morale, ma con lo smart working e con più formazione a distanza e digitale.

È un po’ poco? Sicuramente sì, ma credo valga la pena lavorare su quel di positivo che c’è e affrontare con la massima serietà e professionalità gli aspetti più negativi che invece saremo costretti a dover contrastare.

****************

I progetti di innovazione digitale legati allo smart working rientrano tra quelli candidabili per l’edizione 2020 dei Digital360 Awards.

Dieci le categorie tecnologiche interessate: Cloud, Big Data Analytics, CRM/Soluzioni per Marketing e Vendite, Internet of Things, Machine Learning e intelligenza Artificiale, Mobile Business, Smart Working e Collaboration, Soluzioni B2b e di eSupply Chain, Soluzioni infrastrutturali e Blockchain.

Per avere informazioni sulla partecipazione ai Digital360 Awards 2020 clicca qui

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