il confronto

Cosa dobbiamo fare per farci cacciare dai social: condotte scorrette, divieti e sanzioni

Un confronto tra i “termini e condizioni” di Facebook, Twitter e YouTube per comprendere quali sono le motivazioni che spingono i proprietari delle piattaforme a un ban permanente, come quello che ha colpito nelle scorse settimane il presidente uscente degli Stati Uniti Donald Trump

Pubblicato il 19 Gen 2021

Diego Dimalta

Studio Legale Dimalta e Associati

social smartphone

Sono molte e varie le motivazioni che spingono i proprietari della piattaforme a prendere delle simili decisioni. Ho quindi esaminato i termini e condizioni di Facebook, YouTube e Twitter in cerca di similitudini e differenze. Un tema rilevante a valle del crescente ruolo dei social come intermediari dell’informazione, come emerso con ulteriore nettezza dopo il ban permanente di Donald Trump dalle principali piattaforme di social network.

Le macrocategorie di divieti nelle regole dei social

Sono 12 le macrocategorie di divieti presenti nella dashboard di YouTube mentre Twitter ne prevede solo 7 e Facebook raggruppa tutto in un unico generale divieto volto ad evitare atti violenti e criminali.

Ciò in realtà non deve far pensare ad una minore attenzione da parte del social di Mark Zuckerberg, quanto più ad una tendenza ad usare previsioni di più ampia interpretazione così da poter ricomprendere ogni tipo di condotta. Questo ha sicuramente dei vantaggi in quanto, come tutte le norme di common law, si premura di individuare i principi fondamentali, cercando di applicarli caso per caso.

Tuttavia, non si può non evidenziare come, ad un maggior potere interpretativo, corrisponda anche un maggior potere discrezionale e ciò va sicuramente a discapito degli utenti.

I divieti

  • I divieti sono piuttosto simili anche se considerati in maniera più o meno analitica e stringente. Ad esempio, Twitter è più permissiva con riferimento alle scene di sesso rispetto a Facebook che le blocca in automatico (salvo riesame). Ma in generale gli altri divieti si equivalgono.
  • Tutti i tre player esaminati, ad esempio, concordano nel vietare discorsi di odio, quelli rivolti verso gruppi sociali che potrebbero essere discriminati per orientamento sessuale, religioso, razziale, per il proprio gender o per motivi politici. YouTube, per evitare fraintendimenti, propone anche alcuni esempi. Scopriamo così che sono vietate frasi del tipo: “Sono felice che questo [evento violento] sia accaduto. Hanno avuto ciò che si meritavano [riferendosi a persone che possiedono le caratteristiche di cui sopra]”. Ma anche frasi come: “[Gli individui che possiedono le caratteristiche di cui sopra] sono cani” oppure “[Gli individui che possiedono le caratteristiche di cui sopra] sono animali”.
  • I social puniscono anche l’incitamento alla violenza – motivo del ban di Trump -, la sua apologia e le minacce a mezzo social.
  • Per le notizie false i social sono più permissivi delle nostre norme, applicando i principi della libertà di espressione americana. Twitter e Facebook rimuovono solo le fake news che contengono informazioni sicuramente false e che al tempo stesso hanno alta propensione a fare danni. Lo fanno ad esempio per quelle su covid-19 o elezioni. Notizie false poco pericolose ricevono invece un’etichetta di avviso e limitazioni di visibilità.

Cosa accade quando i contenuti violano i Termini e le Condizioni

Cosa accade nel momento in cui simili contenuti vengono pubblicati?

Su YouTube

Se i contenuti violano i Termini e Condizioni, per YouTube, gli stessi vengono rimossi e viene inviata una mail.

Se si tratta della prima violazione allora la sanzione si limita ad un semplice avviso ma, in caso di recidiva, si riceve un avvertimento formale. Dopo tre avvertimenti il canale viene chiuso definitivamente. Allo stesso modo il canale viene chiuso in ipotesi di un solo caso grave di violazione oppure se il canale stesso è evidentemente finalizzato a scopi che sono in violazione delle norme (es. un canale contro una minoranza raziale).

Su Facebook

Sempre con riferimento alla fase decisionale, Facebook ha invece previsto la creazione di un Comitato per il Controllo, nuovo organo decisionale indipendente che stabilisce quali contenuti possano essere consentiti o meno sulle piattaforme di Facebook. Di fatto il Comitato subentra per vagliare la correttezza delle decisioni di Facebook o degli algoritmi che prendono le decisioni per essa.

Afferma il sito del Comitato: “La community ha raggiunto oltre 2 miliardi di persone ed è diventato sempre più chiaro che l’azienda Facebook non può prendere autonomamente così tante decisioni relative alla libertà di parola e alla sicurezza online. Il Comitato per il controllo è stato creato per aiutare Facebook ad affrontare alcune tra le questioni più difficili in merito al tema della libertà di espressione online: cosa rimuovere, cosa lasciare e perché”.

Si tratta di un importante baluardo per i diritti delle persone che, tuttavia, non tiene conto di alcuni aspetti cruciali.

A tal riguardo, nelle scorse settimane Privacy Network ha citato il caso di una esperta di social media che, per lavoro, utilizza questi strumenti anche in nome e per conto dei propri clienti.

Ebbene, questa esperta, nel suo profilo privato, ha pubblicato un’immagine di vita quotidiana facendo semplicemente una battuta di dubbio gusto “Hitller, per molto meno ha conquistato la Polonia”.

Ebbene, questa evidente battuta è stata letta dall’algoritmo come un messaggio di violenza razziale. La conseguenza è stato il blocco immediato del profilo con impossibilità per questa social media manager, ad esempio, di gestire le pagine business dei propri clienti e di programmarne le attività promozionali.

È facile capire che la povera malcapitata abbia avuto un danno enorme da questa decisione quantomeno eccessiva, motivo per cui si è subito mossa per ricorrere al Comitato il quale comunque sarebbe intervenuto diverso tempo dopo per sbloccare il profilo. Il punto è che, a fronte di un immediato blocco dei contenuti, ad oggi, non è prevista un’immediata modalità per far valere i propri diritti. Circostanza questa che rende davvero molto sbilanciato il rapporto tra l’utente ed il social network.

Su Twitter

Twitter, di contro, non prevede nemmeno l’intervento di un comitato, ma prevede sanzioni ben definite e molto graduate.

Questo social, difatti, può intervenire su un determinato contenuto (ad esempio un singolo Tweet o un messaggio diretto) o su un account.

Leggiamo sui termini e condizioni: “Prendiamo provvedimenti a livello di Tweet per assicurarci di non essere troppo severi con un account che ha commesso un errore e violato le nostre regole in modo occasionale”. Se, quindi si tratta di una sola violazione, non vengono inviati avvisi (come accade su YouTube) ma si procede direttamente con uno dei seguenti provvedimenti:

  • Limitazione della visibilità del Tweet.
  • Richiesta di rimozione del Tweet: all’autore viene inviata un’email di notifica nella quale sono indicati i Tweet non conformi e le norme che sono state violate. L’utente dovrà rimuovere il Tweet segnalato o, se ritiene che ci sia stato un errore, chiedere a Twitter di riesaminare la questione.
  • Oscuramento del Tweet non conforme in attesa della sua rimozione.

Nel caso in cui la violazione non riguardi un solo Tweet o un solo messaggio diretto, Twitter si riserva di prendere però provvedimenti più impattanti come rendere l’account “di sola lettura”, limitando in questo modo l’interazione oppure, in casi estremi, come quello di Donald Trump, è prevista la possibilità di sospensione permanente.

Ci sono casi in cui basta una violazione: “Sospenderemo con effetto immediato e permanente tutti gli account che pubblicano minacce di violenza” (salvo rari casi).

Conclusioni

Da tutto quanto sopra ricaviamo infine due insegnamenti:

  • queste grandi società, che gestiscono luoghi virtuali dove passiamo la nostra vita, ormai si sono dotate di regole le quali tuttavia vengono applicate in modo piuttosto discrezionale. Allo stato attuale la cosa può andarci anche bene; se bloccano un contenuto pornografico su YouTube all’istante è un favore per tutta la comunità, ma qual è il confine oltre il quale l’intervento tempestivo diventa censura?
  • Per subire un ban permanente, come quello inflitto a Trump, è necessario tenere una condotta piuttosto grave e reiterata.

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