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Cosa sappiamo della materia oscura? Le tappe cruciali della ricerca



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La formazione di strutture cosmiche, la ricerca storica, le prove attuali e le implicazioni future: un viaggio nell’avvincente concetto di materia oscura e del suo ruolo nel modellare l’universo

Pubblicato il 14 nov 2023

Crescenzo Tortora

astrofisico e ricercatore all'Osservatorio Astronomico di Capodimonte a Napoli



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Lo studio delle strutture cosmiche, come galassie e amassi di galassie, e della nascita e l’evoluzione dell’Universo ha portato astronomi e cosmologi ad ipotizzare l’esistenza di una forma di materia non standard, che non emette luce, ma che percepiamo attraverso i suoi effetti gravitazionali, chiamata “materia oscura”. Essa è presente nelle galassie, e pervade l’intero Universo.

Esploriamo allora le principali tappe della ricerca che ci hanno condotto alla scoperta di questo enigmatico elemento cosmico.

La materia oscura permea l’Universo

Numerose osservazioni condotte su galassie, ammassi di galassie e su scala cosmologica hanno fatto emergere delle crepe nella nostra comprensione dell’Universo. Queste osservazioni hanno richiesto l’introduzione di enti sconosciuti, “oscuri”, che esercitano il loro effetto gravitazionale, ma senza farsi vedere. In particolar modo, oggi sappiamo che per spiegare l’Universo dobbiamo considerare che circa il 70% dell’energia è costituito da energia oscura, e circa il 25% dalla materia oscura.

In un precedente articolo ho introdotto queste due componenti oscure, spiegando come è nato e come sta evolvendo il nostro Universo. Tuttavia, possiamo ottenere una verifica indipendente di queste osservazioni cosmologiche esaminando il contenuto di gas, stelle, e polveri nelle galassie e negli ammassi di galassie. Ciò che emerge è che la stragrande maggioranza della materia presente in questi sistemi cosmici è oscura. Quindi questa componente di materia, grazie alla sua massa, è capace di esercitare il suo effetto gravitazionale sulle altre componenti visibili (stelle, polveri e gas), ma rimane invisibile ai nostri occhi. In altre parole, c’è una fonte di gravità nell’Universo, di qualche ente che non si può rilevare attraverso la sua emissione luminosa, ed è ciò a cui ci riferiamo quando parliamo di “massa mancante”. Questa entità misteriosa è nota come materia oscura, una delle sfide più affascinanti e ancora irrisolte dell’astronomia e la cosmologia moderne!

La materia oscura permea l’universo, formando una sorta di “scheletro” sul quale si è addensato il gas, dando origine successivamente alle stelle. Questo processo ha svolto un ruolo chiave nello sviluppo delle strutture cosmiche come le galassie, gli ammassi di galassie e i superammassi. In particolare, le simulazioni costruite con potenti supercomputer suggeriscono che la materia oscura tende ad aggregarsi in enormi strutture filamentose, chiamate “filamenti cosmici”.

Questi filamenti costituiscono delle vere e proprie autostrade gravitazionali che hanno giocato un ruolo fondamentale nella formazione delle galassie. La loro forza attrattiva ha consentito alla materia ordinaria di accumularsi e formare strutture su una scala incredibilmente vasta. Senza la presenza della materia oscura, le galassie e le strutture cosmiche che osserviamo oggi non sarebbero state in grado di formarsi. Per maggiori informazioni, il lettore può far riferimento ad una delle simulazioni cosmologiche più rinomate, chiamata IllustrisTNG, informazioni e immagini posso essere reperite sulla home page del progetto.

Zwicky e la materia oscura negli ammassi di galassie

La prima volta che si mise in evidenza l’esistenza di questa “massa mancante” fu nel 1933, quando l’astronomo svizzero Fritz Zwicky scoprì che negli ammassi di galassie il moto delle galassie all’interno dell’ammasso non potesse essere determinato solo dalla massa in stelle che osservava nelle galassie. L’articolo di Zwicky (in lingua tedesca) intitolato “Die Rotverschiebung von extragalaktischen Nebeln” (“Il redshift delle nebulose extragalattiche”) è considerato l’articolo che mostra le prime evidenze sull’esistenza di ciò che l’astronomo chiamava “dunkle Materie” (appunto, “materia oscura”). Una traduzione recente in inglese dell’articolo può essere trovata al seguente link. All’interno di un ammasso di galassie le galassie si muovono in maniera caotica, con un intervallo ampio di velocità, la dispersione di tale velocità è una misura della massa “dinamica” dell’ammasso (e include tutta la massa responsabile di tali moti). Misurando la dispersione delle velocità di sole sette galassie nell’ammasso di Coma, Zwicky mostrò che la massa risultante fosse molto maggiore di quella che si potesse misurare basandosi sulla sola luce delle galassie (le sue stime sono consistenti con quanto abbiamo misurato con migliaia di galassie all’interno dello stesso ammasso).

Le curve di rotazione delle galassie a spirale

Tuttavia, sarà solo negli anni ‘70 che la materia oscura fa il suo vero ingresso nella scena astronomica, grazie ad alcuni lavori fondamentali dell’astronoma statunitense Vera Rubin, sulle curve di rotazione in galassie a spirale. Le galassie a spirale sono note al pubblico per il loro spettacolare aspetto, dovuto ai bracci di spirale. Queste galassie hanno stelle e gas che si dispongono e si muovono principalmente su un disco (più o meno spesso). Seguono delle orbite quasi circolari attorno al centro della galassia.

La legge di gravitazione di Newton e le leggi di Keplero ci dicono banalmente che un corpo soggetto alla gravità generata da una massa M si muoverà con una velocità orbitale proporzionale alla radice quadrata della massa, e inversamente proporzionale alla radice quadrata della distanza dal corpo di massa M. E’ evidente come la misura delle velocità orbitali di stelle e gas nelle galassie permetta di determinare la massa delle galassie stesse. Se la galassia contenesse solo stelle, ci si aspetterebbe che le velocità delle stelle e del gas seguissero un moto kepleriano. Analogamente a come i pianeti più distanti dal Sole nel nostro sistema solare si muovono più lentamente di quelli più vicini, ci aspetteremmo che nelle regioni esterne delle galassie si verifichi un rallentamento simile nelle velocità orbitali delle stelle fino a quando le stelle non sono più visibili.

E in realtà tutte le osservazioni che hanno tracciato il moto di gas e stelle hanno messo in evidenza come le velocità orbitali non decrescono ben oltre il raggio visibile delle galassie, ma restano costanti fino a grandi distanze dal centro delle galassie. Questo è segno che all’interno della galassia e ben oltre il raggio visibile ci deve essere della materia che sostiene il moto, rendendo le “curve di rotazione piatte”. C’è quindi una massa mancante che non emette luce, ma che sostiene il moto delle stelle e del gas, distribuita ben oltre le stelle, e che forma i cosiddetti aloni di materia oscura.

Galassie ellittiche e lenti gravitazionali

Nel corso degli anni, alle osservazioni nelle galassie a spirale, si sono aggiunte anche ulteriori osservazioni nelle galassie ellittiche, che sono maggiormente caratterizzate da moti caotici delle stelle. Evidenze della presenza di materia oscura sono state ottenute attraverso la misura delle dispersioni di velocità e dall’emissione del gas (nelle frequenze dei raggi-X) che circonda queste galassie.

Una conferma indipendente è stata anche fornita dalle lenti gravitazionali (vedi anche questo mio video). La massa di galassie e ammassi di galassie ha la capacità di modificare i percorsi della luce proveniente da sorgenti più lontane. Questo può manifestarsi in due modi principali: a) creando archi, anelli e immagini multiple (ci si riferisce a questo fenomeno come strong lensing), o b) nella maggior parte dei casi inducendo un leggero effetto di distorsione delle immagini, che può essere rilevato solo attraverso metodi statistici (weak lensing). Per spiegare queste osservazioni c’è ancora bisogno di ipotizzare l’esistenza di una massa mancante che esercita il suo effetto gravitazionale.

La maggior parte di misure di dispersione di velocità ed eventi di strong lensing è capace di vincolare la massa di tali galassie solo nelle regioni centrali, dove la materia oscura può essere minoritaria. Nei centri delle galassie alle nostre incertezze sul contenuto di materia oscura, sorprendentemente si aggiunge anche un’incognita su quanta massa in stelle ci sia, dato che negli ultimi anni è emerso come in queste galassie la cosiddetta funzione iniziale di massa delle stelle dovrebbe essere diversa da quella delle stelle nella Via Lattea (leggi di più in questo articolo).

Ma quando le osservazioni permettono di allontanarci dalla luce delle stelle che è concentrata in tali regioni centrali, la misura delle dispersioni di velocità attraverso traccianti cinematici come gli ammassi globulari o le nebulose planetarie, oppure le lenti gravitazionali, o le emissioni del gas, fanno emergere la massa mancante, che colmiamo con la materia oscura.

La frazione di materia oscura cambia da galassia a galassia

Comunque, quello che sappiamo è che le galassie non presentano tutte la stessa proporzione di materia oscura rispetto alle stelle. Esistono notevoli variazioni. Alcune galassie mostrano una quantità relativamente ridotta di materia oscura, mentre altre sono circondate da massicci “aloni” di materia oscura. Questa diversità è evidente quando si analizzano galassie di differenti massa.

Galassie di media luminosità e massa, con una massa in stelle di circa 10 miliardi di masse solari hanno in media il minor contenuto di materia oscura. Le galassie ellittiche più massive, con masse dell’ordine delle centinaia o migliaia di miliardi di masse solari o ancora di più le galassie nane, quelle con masse dell’ordine delle decine di milioni di masse solari, invece, hanno un rapporto maggiore tra massa in materia oscura e massa in stelle.

Queste differenze nella frazione di materia oscura vengono però legate all’effetto che diversi processi fisici (come i venti di supernovae e dei nuclei galattici attivi) hanno sulla formazione stellare, favorendo o interrompendo la formazione stellare e quindi regolando la formazione di massa stellare. Inoltre, la fusione delle galassie, un processo fondamentale nell’evoluzione delle galassie, gioca un ruolo determinante nelle galassie più massive.

Un esempio particolarmente eloquente è dato anche dalle osservazioni effettuate sulle galassie nane, che indicano che queste galassie difficilmente sarebbero riuscite a formarsi senza la stragrande maggioranza di materia oscura che contengono (centinaia di volte maggiore della loro massa in stelle). Ecco una recente review sulle nane sferoidali del gruppo locale.

Conclusioni

Abbiamo attraversato 100 anni di storia tra le tappe fondamentali che hanno fatto emergere il bisogno della materia oscura per poter spiegare la cosmologia e le osservazioni di galassie e ammassi di galassie. E utilizzando la materia oscura, assieme a gas e stelle, riusciamo a simulare l’intero Universo, la formazione e l’evoluzione delle galassie egregiamente. Ma quali altre evidenze ci portano a pensare che la materia oscura esista? Cos’è la materia oscura esattamente? Se fosse una particella sconosciuta, a che punto siamo nel suo possibile rilevamento? Oltre alle osservazioni che ho descritto, quali altre misure dirette e indirette sono in corso? E se la materia oscura non esistesse? Dovremmo immaginare che la teoria della gravità che stiamo usando non sia corretta? Risponderò a queste domande in articoli futuri.

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