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Creatività potenziata dall’AI: come cambia la percezione di autorialità



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L’intelligenza artificiale generativa sta ridefinendo il concetto di authorship, rafforzando paradossalmente il senso di proprietà creativa degli utenti. Questa evoluzione solleva questioni legali ed etiche sulla creatività e sul diritto d’autore, mettendo in luce la necessità di aggiornare i quadri normativi e di comprendere la mente umana dietro la macchina

Pubblicato il 15 ott 2024

Fabio Moioli

Spencer Stuart Milan



autorialità intelligenza artificiale (1)

Negli ultimi mesi, attraverso innumerevoli discussioni con esperti di intelligenza artificiale (AI) e con amici profondamente coinvolti nell’uso dell’AI in diversi campi, ho scoperto uno spostamento affascinante nel modo in cui percepiamo la creatività e la proprietà quando utilizziamo strumenti di AI.

Tradizionalmente, la collaborazione con altre persone tendeva a introdurre una diluizione del senso di proprietà personale—dove i contributi di più voci potevano offuscare i confini dell’autorialità individuale. Tuttavia, ciò che ho osservato, e ciò che è stato confermato da coloro con cui ho parlato, è che l’intelligenza artificiale generativa ha un effetto quasi paradossale. Invece di diminuire il senso di proprietà del creatore, sembra rafforzarlo.

Molti degli individui che conosco, che hanno prodotto contenuti con l’ausilio dell’AI, hanno riportato una connessione intensa con il proprio lavoro, come se lo avessero realizzato interamente da soli. Spesso erano sorpresi—e talvolta persino lievemente difensivi—quando facevo notare l’entità del coinvolgimento dell’AI nelle loro creazioni, quasi a voler suggerire che non fossero i “veri” autori del prodotto finale.

Questa reazione mette in evidenza un aspetto psicologico unico del lavoro con l’AI: la capacità della tecnologia di integrarsi senza soluzione di continuità con l’intento del creatore, facendo sì che il prodotto finale sembri un’estensione della loro creatività piuttosto che un risultato collaborativo.

Le implicazioni di questo sono profonde, sollevando nuove domande sulla natura della creatività, sui confini dell’autorialità e sul ruolo in evoluzione della tecnologia nel processo creativo. Questioni che diventano sempre più rilevanti in un mondo in cui la co-creazione tra umano e macchina sta diventando la norma.

Comprendere la psiche del creatore

Gli strumenti di AI generativa, come quelli utilizzati per scrivere, progettare o persino comporre musica, operano sotto la guida dell’utente.

L’illusione del controllo

L’individuo inserisce un prompt o un set di parametri, e l’AI genera contenuti basati su queste istruzioni. Questa manipolazione diretta può creare una forte illusione di controllo e una percezione che l’AI sia semplicemente un’estensione della volontà creativa dell’utente. Psicologicamente, questo si allinea con il concetto di “agency”, ovvero la sensazione di essere in controllo delle proprie azioni e che i risultati siano una diretta conseguenza delle proprie intenzioni.

L’euristica dello sforzo

Le persone spesso attribuiscono valore alle loro creazioni in base allo sforzo investito. Quando si utilizza l’AI generativa, l’input dell’utente, per quanto minimo, può produrre risultati complessi. Questo scenario di input-output sproporzionato può amplificare il valore percepito e la proprietà del prodotto finale, poiché l’input iniziale, come la definizione dei parametri corretti o la creazione di un prompt dettagliato, viene visto come la “scintilla creativa” necessaria per la produttività dell’AI.

La novità delle interazioni con l’AI

Le interazioni con l’AI sono percepite in modo diverso rispetto alle collaborazioni umane. Ricevere contenuti da un’altra persona potrebbe essere visto come un aiuto, mentre l’utilizzo di uno strumento di AI viene spesso considerato come l’uso di un semplice strumento o strumento tecnico. Questa categorizzazione sposta il locus della creatività percepita dal collaboratore (un’altra persona) all’utilizzatore dello strumento (l’operatore dell’AI), rafforzando il ruolo di quest’ultimo come creatore principale.

Proprietà cognitiva

L’AI generativa può offuscare i confini tra strumento e collaboratore, portando gli utenti a sviluppare un senso di proprietà sui contenuti creati. Questo è in parte dovuto al fatto che i risultati generati dall’AI sono spesso imprevedibili e unici rispetto agli input specifici dell’utente. L’unicità e l’irriproducibilità dei risultati migliorano la sensazione dell’utente di aver “autorializzato” il contenuto.

Riduzione della percezione di collaborazione

Nelle collaborazioni umane, la divisione del lavoro è chiara, e i contributi degli altri possono essere distintamente identificati, il che potrebbe ridurre il senso di autorialità esclusiva. Al contrario, gli strumenti di AI possono far apparire il loro contributo meno come una collaborazione e più come una facilitazione della visione dell’utente.

Ridefinire il senso di authorship

Con l’evoluzione continua dell’AI generativa, comprendere le basi psicologiche del perché gli utenti sentano un senso di proprietà sui contenuti generati dall’AI è cruciale per molteplici parti interessate. La percezione dell’AI come strumento piuttosto che come collaboratore consente agli individui di rivendicare un ruolo più consistente nel processo creativo, il che sta ridefinendo in modo significativo le nozioni tradizionali di creatività e autorialità. Questo cambiamento non solo ha un impatto sulle considerazioni legali ed etiche, ma influisce anche su come viene assegnato il valore alle opere creative nell’era digitale.

Inoltre, il cambiamento nella percezione dell’autorialità quando si utilizzano strumenti di AI ha profonde implicazioni per le industrie creative. Solleva domande sul diritto d’autore, sui diritti di proprietà intellettuale e sulle dimensioni etiche dell’AI nei processi creativi. Con il progredire degli strumenti di AI, delineare i confini tra creazione assistita da AI e creatività umana diventerà sempre più complesso. Inoltre, questo cambiamento influisce anche sulle dinamiche collaborative nei luoghi di lavoro e negli ambienti creativi, portando potenzialmente a una rivalutazione di ciò che significa essere un creatore nell’era digitale.

Per le aziende e i creatori, navigare in questo nuovo panorama significa ridefinire la collaborazione e adattarsi a un mondo in cui la creatività umana e l’intelligenza artificiale si fondono per produrre nuove forme di arte e contenuti. La necessità di aggiornare i quadri normativi è urgente, poiché le leggi esistenti faticano a tenere il passo con il tasso di cambiamento tecnologico. I diritti di proprietà intellettuale, in particolare, affrontano un futuro complesso in cui diventa sempre più difficile distinguere tra contributi umani e macchine.

Esiste un potenziale affinché le tecnologie AI democratizzino la creazione, consentendo a un numero maggiore di persone di esprimere le proprie idee e visioni, indipendentemente dalle loro competenze tecniche o artistiche. Questo potrebbe portare a un’ondata di innovazione e diversità di espressione.

Tuttavia, questa democratizzazione solleva anche preoccupazioni riguardo alla svalutazione del lavoro umano qualificato e al rischio di omogeneizzazione dei risultati creativi. Poiché gli algoritmi apprendono dai dati esistenti, esiste il rischio che possano rafforzare stili e idee prevalenti.

Comprendere la mente umana dietro la macchina

In questo ambiente in rapida evoluzione, è essenziale un dialogo tra sviluppatori tecnologici, esperti legali, creatori e pubblico. È evidente che la fusione dell’ingegnosità umana e dell’intelligenza artificiale non sta solo trasformando ciò che creiamo, ma sta anche ridefinendo cosa significhi essere un creatore.

È fondamentale riconoscere come i nostri bias psicologici plasmino la nostra percezione dell’autorialità, ricordandoci che la vera creatività non riguarda solo la generazione di output, ma anche la comprensione della mente umana dietro la macchina.

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