L’intero settore delle criptovalute vale oltre 3.000 miliardi di dollari: una cifra che ha attratto l’attenzione degli Stati, della comunità finanziaria tradizionale – banche in primis – ma anche di investitori istituzionali, fondi di investimento e spesso anche truffatori ben organizzati.
Nonostante questi valori e la rapida crescita, non è ancora uno strumento per tutti, per molti motivi.
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Le barriere all’uso delle cripto: gli aspetti culturali e la volatilità
Il mondo cripto fatica ad essere per tutti per le barriere di conoscenza legate al loro funzionamento ma anche per aspetti culturali: come per le carte di credito, l’uso delle criptovalute incontra diffidenza e difficoltà iniziale per gli aspetti di sicurezza e costo.
La questione sicurezza non riguarda tanto la sicurezza intrinseca, basata sulle tecnologie di blockchain, ma la sicurezza derivata dalla facilità di uso, che è anche uno dei punti deboli.
Infatti, non esiste un ente centrale garante sia della transazione (come può esserlo una banca) che della liquidità sottostante: bisogna affidarsi a un algoritmo distribuito e non controllato e, il più delle volte, a un wallet sul telefonino, assimilabile a un libretto al portatore.
L’indirizzo univoco e ben preciso del wallet sulla blockchain di riferimento è molto lungo e non facile da ricordare: questo comporta la difficoltà di identificare facilmente l’indirizzo del destinatario. Senza contare poi i costi delle transazioni.
Aprire un wallet è immediato e non ha costi: si fa in pochi minuti, sia per quelli residenti su smartphone che per quelli presso “exchange”.
Ad avere un costo anche elevato sono le commissioni, le gas fee, che si pagano sempre e spesso anche con valori a doppia cifra o superiori al 20%. Questo aspetto taglia le criptovalute fuori da tutte quelle transazioni di piccolo importo e di uso quotidiano.
Inoltre, spinge gli utilizzatori ad accumulare le coin o i token per un periodo medio-lungo, fino a quando i guadagni non siano veramente consistenti. In gergo, non si parla di percentuali (10%, 20%) ma di moltiplicatori (10 x, 20 x, 100 x).
Per poter acquistare e vendere la mia cripto o il mio token occorre quindi avere guadagni consistenti, che nella finanza tradizionale sono inimmaginabili in pochi giorni.
Seguire alcune cripto o alcuni token è come andare sulle montagne russe più volte al giorno: la forte volatilità spiazza letteralmente qualunque investitore prudente che non sia disposto a perdere tutto in pochi minuti, ed esclude in realtà le cripto dalle transazioni economiche che hanno alla base una stabilità dei prezzi.
La conversione in valuta tradizionale e la questione liquidità
Altro fattore ad oggi limitante è la possibilità di convertire facilmente criptovalute in valute dal corso legale accettate da tutti, tipicamente dollaro, euro o altre valute forti. Per farlo bisogna passare dagli exchange e utilizzare cripto che abbiano una buona dose di liquidità per garantire la conversione.
Proprio la liquidità è un altro aspetto che, al tempo stesso, rappresenta una garanzia per i detentori delle cripto ma anche una limitazione per le coin minori o i token.
Per poter vivere, il sistema ha una costante necessità di afflusso di nuovo denaro fresco per accumulare le riserve di liquidità che servono a garantire gli scambi, gli ingressi e le uscite dal sistema, ma anche pagare i moltiplicatori prima citati.
È un sistema dove la liquidità è tutto: sia quando le cripto sono usate per finanziare progetti reali, industriali, con una attività o un bene tangibile sottostante che ha un valore di mercato anche nel mondo delle valute tradizionali; sia quando si vuole finanziare una idea o una proprietà intellettuale o una opera d’arte con gli NFT.
Questa liquidità, e la facilità con cui la si può attrarre, è uno dei principali fattori di rischio che frenano gli utenti comuni: sono tante le truffe anche per decine o centinaia di milioni di euro, realizzate con le cripto, e tante le persone che hanno perso in un attimo i risparmi di una vita senza poter neanche sapere chi veramente fosse il destinatario dei propri soldi.
La mancanza di regolamentazione della finanza decentralizzata
Perché tutto questo è possibile? Perché il mondo cripto è di fondo un sistema non regolamentato soprattutto per la parte della DeFi, la finanza decentralizzata a cui tutti possono accedere per creare il proprio token: un bel progetto o una storia da raccontare, pochi click, una bella pagina web di descrizione con un fine etico e sociale incluso, un wallet su cui far terminare i soldi ed un po’ di attività sui social di riferimento, Twitter e Telegram in primis. Poi qualche migliaio di euro speso in promozione via web e qualcosa si raccoglie di sicuro.
Oggi si assiste ad una certa voglia di regolamentazione da parte degli attori più seri, che hanno raccolto negli anni la maggior parte delle risorse finanziarie e fanno una certa selezione alla fonte delle monete da abilitare sui propri exchange.
Attori che rispondono almeno alle regole di identificazione del titolare del portafoglio e quindi anche alle regole locali per la tassazione delle plusvalenze finanziarie.
Questo però non è sufficiente: ormai sono diverse decine di migliaia i token e le coin in circolazione che girano su diverse blockchain.
Orientarsi senza essere esperto è praticamente impossibile, a meno di non rifugiarsi nelle “stable coin”, Bitcoin ed Ethereum in primis. Una scelta che sacrifica i guadagni stratosferici in pochi giorni o della prima ora delle stesse monete per affidarsi magari ad una più modesta crescita nel medio periodo.
In sostanza, il mondo delle criptovalute oggi è più simile ai mercati azionari delle bolle che di tanto in tanto avvengono, che al mercato delle valute legali.
A differenze di questi, però, è veramente un mondo globalizzato e peer-to-peer, nel quale ci guadagnano sicuramente chi gestisce le transazioni, i founder e il team di sviluppo.
È per sua natura un sistema non orientato ai pagamenti, sicuramente non ai pagamenti di piccolo importo, e non orientato alla rapida esecuzione di una transazione: oggi le blockchain più famose, una per tutte Ethereum, possono impiegare anche qualche ora prima di confermare un transazione. Come dire: prendo un caffè al volo al chiosco ma per pagarlo devo aspettare 2 ore. Inaccettabile per me e per il barista.
Il tempo da dedicare alle criptovalute è anche, e soprattutto, quello che serve per studiare ogni moneta o token che si vuole scambiare, ogni progetto che c’è dietro, ogni imprenditore o soggetto che la promuove, per capire il trust che la stessa ha sul mercato e studiarne l’andamento prima di investire.
In sostanza, è complicato per l’utente comune, che vuole un mezzo chiaro, semplice, veloce, garantito e universalmente riconosciuto come mezzo di pagamento, che sia una carta di credito o un biglietto da 100 euro.
Le soluzioni per il web 3.0 e il mondo B2B
Dal punto di vista tecnologico, oggi si sta lavorando a sistemi web 3.0 che siano adatti a transazioni su blockchain con costi molto bassi, con wallet sicuri, i cui indirizzi possano essere univocamente associati al proprio numero di cellulare o l’indirizzo e-mail, e che eseguano in tempi velocissimi le transazioni pur conservando tutti i vantaggi di essere un mondo decentralizzato. Ma non ci siamo ancora.
Spostando l’attenzione dal mondo consumer a quello B2B, già oggi aziende di servizi di corporate banking, aziende farmaceutiche, società di logistica e tante altre utilizzano sistemi basati su blockchain per trasparenza ed efficienza.
Gli sforzi sono tesi a portare nell’era digitale processi vecchi, lenti e talvolta cartacei e persino ad aiutare le aziende a soddisfare i nuovi requisiti normativi e di compliance.
Ad esempio, Ripple utilizza il proprio token blockchain come ponte tra le valute, consentendo a centinaia di clienti aziendali, tra cui Bank of America, Santander e SBI Remit giapponese, di ridurre i costi delle operazioni causati dalle differenze di fuso orario e processi di regolamento manuale.
Ripple sta utilizzando la velocità offerta dalle valute digitalizzate per migliorare i processi bancari legacy, non per sostituirli, per giunta in un mercato fortemente regolamento e quindi garantista per i clienti.
Conclusioni
È chiaro che oggi non ci sono i presupposti per una diffusione su larga scala delle criptovalute, sia come mercato su cui investire i propri risparmi e ancora meno come sistema di pagamento. È ancora un mercato fin troppo riservato a una nicchia di esperti.
Il mondo delle cripto e dei token viaggia quindi a due velocità: quello business, molto regolato dagli obblighi normativi che i clienti B2B devono rispettare, e quello consumer.
Il mondo consumer inizia a prendere consapevolezza che le crypto devono avviare un processo di maturità innanzitutto legale e normativo, e poi di regole di selezione in linea con la diffusione di massa, per offrire usi quotidiani a prezzi accessibili e protezioni ampie contro frodi e truffe.