il progetto

Cyberbullismo e riscatto: il branco non vince sempre

Essere vittime di vessazioni, violenze fisiche e psicologiche, umiliazioni ed emarginazioni, lascia segni e cicatrici. Queste condizionano anche i comportamenti futuri. Ma dal cyberbullismo si può uscire, anche da vincitori. E’ il senso del progetto “Il branco non vince sempre”. Vediamo di cosa si tratta

Pubblicato il 09 Dic 2019

Alessio Breccia

Consulente Privacy/Dpo

cybersecurity ospedale

E se per parlare di cyberbullismo e bullismo partissimo da Vicenza? Oppure se preferite possiamo cominciare da Terni? Queste città hanno tra loro in comune più o meno il numero di abitanti: poco più di 110.000. Questo numero rappresenta proprio il collegamento con l’argomento trattato in questo articolo: ogni anno circa 110.000 ragazzi/e (quasi l’intera città di Vicenza o Terni) tra gli 11 e i 17 anni pensano almeno una volta al suicidio dopo aver subito atti di bullismo o cyberbullismo o entrambi contemporaneamente.

D’accordo, pensare al suicidio non significa automaticamente arrivare al disperato e tragico gesto, ma il dato (calcolato sulla base di un’indagine Istat riaggiornata nel 2016/2017) contiene un allarme che non possiamo ignorare. E la percentuale, purtroppo, sembra tendere all’aumento: si è passati nel giro di due anni (2014-2016) da un quasi 50% ad un 59% di ragazzi/e che dichiarano di subire atti riconducibili a questo fenomeno.

Restando in attesa di dati aggiornati al 2018/2019 (la cui esigenza è diventata pressante), non possiamo sottrarci da un’ulteriore considerazione: siamo di fronte non ad una sostituzione ma ad una evoluzione (anche se sarebbe più appropriato definirla involuzione) di una malattia che uccide. Uccide purtroppo nel senso letterale del termine, ma uccide anche dentro, creando paure, angosce, solitudini, complessi, rabbie e insicurezze condizionanti l’intera vita. Al virus del bullismo quindi, si aggiunge quello del cyberbullismo. Un’infezione ancora più subdola e dannosa perché priva di confini, veloce e feroce, a volte addirittura anonima. Non ha barriere e può espandersi velocemente. A differenza del bullismo che, seppur altrettanto dannoso e pericoloso, avviene in un luogo circoscritto e tra soggetti identificabili, il cyberbullismo non ha limiti che ne contengono la diffusione potenziale. E non ha padroni, ma solo vittime.

Combattere il cyberbullismo è interesse di tutti

Finalmente, nel 2017, il Parlamento italiano ha dato una definizione legale di cyberbullismo, inquadrandolo giuridicamente. Si è potenziato il ruolo della scuola e si è offerto uno strumento in più (il cosiddetto ammonimento effettuato dal Questore) per cercare di prevenire gli accadimenti di questo fenomeno, ma purtroppo i risultati non sembrano essere ancora sufficienti. Sicuramente non è un problema risolvibile con una manovra finanziaria o con un taglio di punti sulla patente.

Si parla di una battaglia quotidiana, sociale e culturale che va definita con leggi ancora più specifiche (Strategia) e azioni concrete e continuative (ad esempio nei luoghi dell’associazionismo sportivo, ricreativo, religioso; nelle e per le famiglie; nei mezzi di comunicazione). Tutti, ma proprio tutti, dovremmo sentirci chiamati alle armi. Questi termini non vengono usati a caso, perché i numeri di cui sopra, sono potenzialmente quelli di una guerra: solo che qui non ci sono territori da difendere o conquistare, interessi economici di qualsiasi natura, supremazie religiose o territoriali. Qui c’è da proteggere ogni singola persona da un suo simile. Ogni singola persona che può trovarsi sola. E tutti, poveri o ricchi, disoccupati o top manager, brutti o belli, potremmo imbatterci in questo pericolo: direttamente, o un/una nostro/a figlio/a, o un nostro/a nipote, una nostra amica/a. È inevitabilmente interesse ed anche un dovere di tutti combattere il bullismo e il cyberbullismo.

Il progetto “il branco non vince sempre”

A seguito di questi dati, di queste considerazioni e della professione che svolgo ho deciso di proporre agli alunni delle scuole secondarie di primo grado un progetto che si intitola “Il branco non vince sempre” e che affronta e tratta il tema del bullismo e del cyberbullismo. Un progetto gratuito che si rivolge volutamente ai ragazzini compresi tra gli 11 e i 13 anni proprio perché, a seguito dell’entrata in vigore del GDPR (Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali) e novellando il vecchio codice privacy con il D.lgs. 101/2018, il Legislatore italiano ha abbassato a 14 anni la possibilità per un minore di offrire il proprio consenso al trattamento dei dati personali in relazione all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione (art.2 quinquies D.Lgs 101/2018): in parole semplici, dal compimento dei 14 anni puoi liberamente iscriverti nelle varie piattaforme social. Ecco perché ho deciso di rivolgermi agli adolescenti immediatamente a ridosso dei 14 anni, affinché questo progetto sia il più immediato possibile e intervenga al momento giusto.

Il lavoro è suddiviso in tre parti, come un libro multimediale.

Nella prima parte i ragazzi, attraverso i miei suggerimenti, mettono in scena improvvisando un reale episodio di bullismo. Questo fa sì che si entri nell’argomento in punta di piedi, alleggerendo non i contenuti ma l’atmosfera e soprattutto catturando l’attenzione essendo i loro compagni dei veri e propri attori.

Nella seconda parte, i ragazzi vengono fatti accomodare e il ruolo della vittima viene interpretato dal sottoscritto, descrivendo tutto quello che consegue all’episodio: le paure, le esitazioni, l’emarginazione, la sofferenza anche in età adulta, fino al riscatto. Perché alla fine di questo percorso-racconto svelo che quella è stata la mia storia. Vera e vissuta sulla mia pelle. Ciò mi permette, da un lato, di comunicare con loro in maniera paritaria (infatti per questo progetto non ho volutamente chiesto la collaborazione di nessun addetto ai lavori istituzionale, proprio per mantenere lo stesso livello degli interlocutori) e dall’altro, di mandare un messaggio di speranza e vittoria: dal bullismo si può uscire, anche da vincitori.

Infine, si passa alla terza parte dove si affronta il bullismo di oggi e il cyberbullismo, le norme che li disciplinano e sanzionano (dal codice civile al codice penale, passando ovviamente per la protezione dei dati personali). Si parla del culpa in vigilando delle famiglie e della scuola, ma soprattutto si parla di responsabilizzazione di loro stessi e delle loro azioni. Un progetto che non vuole parlare alla testa dei ragazzi, o almeno non solo. Vuole arrivare dove risiedono le emozioni: cuore e stomaco attraverso un racconto vero, al fine di spronare non solo le vittime a reagire (parlando, sfogandosi, ribellandosi) o i bulli a smetterla, ma anche i cosiddetti bystander, cioè quell’esercito di ragazzi e ragazze che vedono, ma non si schierano ossia che non bullizzano, ma che non si mettono contro per non aver guai. E’ anche con questa categoria, da molti addetti ai lavori poco considerata, con cui bisogna lavorare: con questo esercito che se si schierasse, se si trasformasse da branco a gruppo, farebbe la differenza.

Aiutare le scuole a educare

Ci sono diversi modi di morire oltre a quelli che purtroppo riguardano le funzioni vitali. Come canta Vasco Rossi si può “vivere, anche se sei morto dentro”: essere vittime di vessazioni, violenze fisiche e psicologiche, umiliazioni ed emarginazioni, lascia segni e cicatrici. Queste condizionano anche i comportamenti futuri, del domani in cui si dovrà essere adulti.

Oggi è ancora più dura: da un lato le distanze si sono quasi annullate e quindi la diffusione di un’eventuale angheria non ha limiti logistici e dall’altro la velocità della stessa non può essere limitata. E possiamo esercitare tutti i diritti all’oblio e tutte le azioni che vogliamo, ma i danni dentro rimangono e rischiano di condizionare per tutta la vita. Fondamentale quindi cercare di intervenire prima, aiutando innanzitutto le scuole e i docenti a educare all’umanità. E questo deve partire da noi come cittadini innanzitutto e come genitori. Ma soprattutto, al di là del ruolo ricoperto da ciascuno di noi, perché siamo essere umani. E questo non va mai dimenticato, perché è proprio lì che nascono bullismo e cyberbullismo.

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