Faccio parte della Generazione X, ossia di coloro i quali sono nati tra il 1965 e 1980. Se, durante il periodo scolastico nel quale ho vissuto la mia adolescenza/preadolescenza fosse esistito lo smartphone, sicuramente io e altri come me, che hanno avuto modo di subire almeno una volta atti di bullismo, avremmo avuto non pochi grattacapi con conseguenze decisamente peggiori di quelle subite all’epoca dei fatti.
Dal “semplice” bullismo” al cyberbullismo
Una presa in giro, un’etichetta, un nomignolo che parte da uno studente e poi si moltiplica da parte degli altri coetanei ma avviene in un ambito ristretto (corridoio, giardino della scuola, palestra scolastica, fermata del bus) è un tormento, un dolore interiore, che porta colui che subisce a vivere male ogni singolo momento vissuto in una realtà nella quale sa che, durante il periodo trascorso con i coetanei, potrebbe essere deriso e dunque messo alla gogna ingiustamente e senza un valido motivo da parte di tutti i presenti. In tal caso parliamo di bullismo scolastico che ancora oggi si manifesta all’interno della scuola italiana a partire dalla scuola primaria. Piaga sempre esistita ma che, con l’evoluzione tecnologica e in particolare dello smartphone ha consentito di rendere maggiormente visibile, sia in termini illimitati di tempo che di spazio, le malefatte da parte del bullo/gruppo bulli di turno.
Se dunque per parlare di bullismo non basta un singolo comportamento di sopraffazione, angheria, presa in giro, violenza fisica/psicologica, ma deve essere presente la ripetitività, il cyberbullismo prevede anche solo un atto ma ripreso con uno smartphone inoltrato tramite gli attuali sistemi di comunicazione.
Nel giugno 2021 nell’articolo “Minori online, la formazione a un uso consapevole del digitale comincia a scuola”, facevo presente il dilagare dei casi di cyberbullismo con episodi all’ordine del giorno legati in particolare a derisioni e prese in giro nei confronti di docenti e compagni a partire dal gruppo classe di WhatsApp.
Oggi, a maggio 2023, possiamo dire che la situazione al riguardo non sia migliorata e si renda sempre più importante un percorso di formazione continua annuale a partire dai ragazzi della primaria in ogni scuola italiana. Come sempre la prevenzione resta la miglior cura e dunque fondamentale oggi più che mai, trasferire su tutti i cittadini a partire dai ragazzi una buona dose di cultura digitale con focus su temi importanti quali la consapevolezza legata a cyberbullismo e cybersicurezza.
Nel corso della formazione a tema “Educazione Cittadinanza Digitale” che svolgo dal 2007 nelle scuole italiane a partire dalla quarta primaria arrivando al biennio delle superiori, per quel che riguarda la mia esperienza professionale personale, non vi è scuola italiana esente dal fenomeno del cyberbullismo. E questo in particolare dall’avvento dello “smartphone” che ha agevolato la trasmissione celere e su larga scala dei contenuti che vi passano.
Scenario attuale del fenomeno in Italia
Figura 1-Definizione Cyberbullismo
Il cyberbullismo è un fenomeno che si è sviluppato a seguito dell’ampio utilizzo dei mezzi di comunicazione online da parte di preadolescenti e adolescenti. La facilità di accesso ai dispositivi digitali consente oggi al cyberbullo di commettere atti di violenza fisica e/o psicologica, mediante i social (prediligendo anonimato e falsi profili) e di offendere la vittima mediante la diffusione di materiale denigratorio (testi, immagini e video) o la creazione/gestione di gruppi contro. Si tratta di un uso improprio del WEB, gestito e organizzato fuori dal controllo degli adulti, mediante il quale i ragazzini si scambiano contenuti a sfondo violento, denigratorio e discriminatorio, nei confronti dei coetanei.
Il pretesto principale per il quale la vittima viene attaccata è l’aspetto fisico (37%). A seguire l’origine etnica (7%), l’orientamento sessuale (5%), la condizione economica (3,5%), la religione (3,3%), l’identità di genere (1,9%), la disabilità (1,3%).
Fra le vittime del cyberbullismo il 50% ha assistito a violenze fisiche in particolare scherzi pesanti (38%) e aggressioni (19%). Tra le violenze psicologiche spiccano episodi di emarginazione e/o esclusione (48%) e le umiliazioni pubbliche (38%).
Gli effetti di questo tipo di violenza tra pari generano perdita di autostima e di fiducia negli altri nel 38% delle vittime, isolamento e allontanamento dal resto dei coetanei (21%). Buona parte di loro nota un peggioramento del rendimento scolastico o addirittura il rifiuto della scuola. Il 19% tra le vittime di cyberbullismo afferma di aver sofferto di ansia sociale e attacchi di panico, e tra gli effetti subiti dalle vittime ci sono anche disturbi alimentari (12%) depressione (11%) e autolesionismo (8%).
Figura 2 – Dati della sorveglianza Health Behaviour in School-aged Children HBSC Italia 2022)
Il fenomeno del cyberbullismo è in crescita nelle ragazze e nei ragazzi di 11 e 13 anni. Il 5% dei ragazzi che assistono (spettatori) ad atti di cyberbullismo si rivolge a un adulto o uno sportello psicologico per riferire l’accaduto. Il 14% non fa nulla, la maggioranza tra loro cerca di dare un supporto diretto alla vittima e non lasciarla sola.
Sia che ne siano vittime o meno, il 31,5% dei ragazzi e delle ragazze non parlano con nessuno di bullismo e cyberbullismo. Il 24% ne parla con amici, il 21% con la mamma (mentre solo il 3% ne parlerebbe col papà!) solo il 6% con gli insegnanti, solo l’1,42% ne parla con lo psicologo a scuola, nonostante i ragazzi chiedano da tempo il “supporto psicologico per lo studente”.
Infine, un dato sul quale riflettere è che solo un 39% dei ragazzi si sente preso sul serio dagli adulti (scuola e famiglia) dal momento in cui prova a denunciare l’accaduto.
Come affrontare i cyberbulli e il ruolo degli “spettatori”
Un recente questionario impartito da Skuola.net (gennaio 2022) fascia d’età 11-24 anni, rilevava un dato abbastanza preoccupante: il 43% dei minori non sa come difendersi dal cyberbullismo. Diventa dunque fondamentale fornire alle potenziali vittime il massimo del supporto disponibile in termini sia di suggerimenti/consigli sui metodi di reazione sia di indicazione degli strumenti tecnologici/legislativi oggi disponibili per un aiuto davvero efficace a seconda della gravità dell’episodio che ci si trova ad affrontare.
Le varie modalità di aggressione dei cyberbulli
Come può affrontare un cyberbullo la vittima? Ovviamente la risposta muta a seconda del tipo di fatto che accade e dalla sua gravità. Dai dati che arrivano dagli incontri formativi svolti nelle classi durante l’anno scolastico, i principali fatti di cyberbullismo si presentano fra compagni all’interno dei gruppi a partire dal gruppo classe WhatsApp. Frequenti le aggressioni verbali in particolare durante l’utilizzo dei videogiochi multiplayer con soggetti non conosciuti di persona ma solo virtualmente. Frequenti anche i casi di screenshot, immagini e video catturati e poi diffusi senza il consenso degli interessati. Analizziamo le principali modalità con le quali avvengono fatti di cyberbullismo fra ragazzi/e.
- Aggressione verbale con insulti e offese volgari in chat mentre si videogioca online. Questo soprattutto accade con il genere maschile già a partire dalla scuola primaria. Dunque, importante sapere che con il cyberbullo/hater di turno si dovrebbe sempre seguire uno schema ben preciso nello specifico “ignorare” – “segnalare” – “bloccare”. Dai feedback dei ragazzi risulta che molte volte rispondano a tono (facendo dunque il gioco del cyberbullo) e poi blocchino. Molto meglio prima segnalare in modo che il centro assistenza/moderazione della piattaforma collegata al videogame possa prendere in carico il problema ed evitare che il cyberbullo possa poi farlo anche con altri.
- Derisione/presa in giro che può avvenire ad esempio, mediante uno sticker o immagini e video ritoccati. Ogniqualvolta se ne parla nelle classi i ragazzi si girano l’uno verso l’altro guardandosi come per rievocare fatti accaduti in passato ritenendola sino a quel momento una innocente goliardata fra amici. Ad esempio, avveniva con frequenza nel periodo pandemico durante la didattica a distanza che alcuni studenti facessero screenshot dell’insegnante che spiegava ritoccandolo con Capcut o APP analoghe condividendolo poi nel gruppo classe di WhatsApp.
- Registrazione e diffusione video atti di violenza fisica/psicologica. Durante una lite con presenza di violenza fisica e aggressioni verbali, i ragazzi che assistono anziché cercare di dividere e interrompere la rissa, registrano con lo smartphone ciò che accade e lo trasmettono all’interno di gruppi WhatsApp e Telegram.
- Inoltro di immagini a sfondo pornografico utilizzando Social che agevolano l’anonimato (Omegle-Tellonym-NGL-Ask). Mi è capitato di incontrare ragazzi già in prima media che dicono di avere avuto una brutta esperienza già dalla scuola primaria e dunque per questo motivo di non utilizzare più questo tipo di Social.
Cosa deve fare un genitore
Un genitore oggi dovrebbe controllare/monitorare ciò che fa il figlio e non fornire lo strumento se non è adeguatamente configurato “onde evitare che”. Esistono i parental control e le restrizioni al riguardo che, se attivati/e correttamente impediscono di poter accedere a contenuti e piattaforme non adatte all’età. Oltre a questo importante ricordare di disattivare sui propri dispositivi canali di comunicazione come il Bluetooth e la condivisione nelle vicinanze (Airdrop su Iphone/Ipad).
- Cyberstalking e cybermolestie: monitorare l’attività sul web a partire dai social e i gruppi condivisi, seguirne le tracce digitali, molestarlo/a mediante messaggi e/o telefonate in anonimato o con l’aiuto di falsi profili creati ad hoc. Questa tipologia di cyberbullismo è agevolata laddove si ha un profilo pubblico sui social e si accettano follower che non si conoscono nella vita reale. Altro problema che si ricollega al mondo reale è la geolocalizzazione che molti di loro lasciano attiva consentendo a sconosciuti di risalire ai loro spostamenti quotidiani.
- Furto d’identità: dal furto delle credenziali di autenticazione (account e password) soggetti che ti prendono di mira possono pubblicare contenuti inopportuni andando a ledere la propria reputazione. Capita spesso di trovare casi di questo tipo all’interno delle scuole proprio perché quando si iscrivono sui diversi servizi presenti sul web non adottano le giuste contromisure, in primis una password efficace e la verifica in due passaggi che dovrebbe essere d’obbligo per tutti. Questo fenomeno viene agevolato laddove si hanno più profili social soprattutto se impostati male a livello di impostazioni privacy e sicurezza (mediamente a 14 anni i ragazzi hanno minimo tutti due profili suo social principali, Tik Tok e Instagram). Mi capita di incontrare genitori che raccontano di essere stati subissati da telefonate da parte dei genitori dei loro coetanei perché sul profilo social del loro figlio passavano contenuti a sfondo pornografico/violento che tutti vedevano pubblicamente. E questo a causa del furto d’identità di un profilo gestito male.
- Diffusione informazioni personali e false informazioni su chi viene preso di mira: quando ancora internet non esisteva, sono sempre esistiti i cosiddetti “pettegolezzi” di quartiere. Se uno faceva una cosa sbagliata la si ingigantiva, facendola passare per molto peggio di quella che era, danneggiando la sua reputazione e dunque passando il messaggio che da quella persona era meglio starci lontano. Oggi laddove i ragazzi pubblicano giornalmente post sulla loro bacheca personale all’interno delle piattaforme oppure sui gruppi nei quali sono iscritti su WhatsApp (mediamente in prima media sono tutti presenti in almeno 5 gruppi) questo viene agevolato. Se un ragazzo è invidioso di un altro, riprende quello che è stato postato dallo stesso, e lo diffonde magari contestualizzandolo in qualcosa di diverso facendo credere al pubblico che vede qualcosa di decisamente diverso e dunque andando a danneggiare la sua reputazione. Come prevenzione, dunque, sarebbe opportuno che la propria vita, i propri dati personali, si evitasse di pubblicarla costantemente sulla pubblica piazza di Internet. Ai tempi del mondo reale se tu parlavi in piazza di cose personali, dovevi stare attento che non vi fosse qualcuno dietro le persiane di una casa ad ascoltarti perché non potevi sapere quelle informazioni carpite che fine avrebbero fatto e come sarebbero state magari gestite. Col web, oggi la differenza è che possono essere manipolate e veicolate decisamente con maggiore facilità e diffusione su larga scala.
- Esclusione da un gruppo. Capita di parlare con i ragazzi in merito a dispetti che qualcuno fa nei confronti di un altro e dunque per ripicca vengano poi esclusi da un gruppo. Quello che è sempre accaduto nel mondo reale oggi accade a partire dai gruppi WhatsApp. Ogniqualvolta si crea un gruppo WhatsApp si dovrebbe prevedere un regolamento che viene fatto rispettare dal moderatore/admin del gruppo. Partendo in questo modo, si evitano problemi legati all’esclusione di un ragazzo anche solo banalmente per antipatia nei suoi confronti.
- Diffusione materiale intimo ricevuto dal/la fidanzato/a del momento: importante parlare ai ragazzi (io lo faccio a partire dalla seconda media) dell’importanza di non inoltrare mai immagini/video intimi che li/le riguardano. Un domani le cose possono cambiare e il rischio che quelle foto/video finiscano a disposizione di chiunque è alto con conseguenze e danni morali indelebili.
- Utilizzo dell’Intelligenza Artificiale per generare falsi contenuti in danno di una persona: la stampa, la TV, internet, il web, lo smartphone e oggi l’intelligenza artificiale sono stati e sono strumenti/ambienti che hanno rivoluzionato il mondo soprattutto in positivo ma ahimè, soprattutto laddove manca la consapevolezza, conoscenza e competenza digitale, anche in negativo. Da questo punto di vista oggi, per fare un esempio, esiste un APP che si chiama bikinioff che permette di spogliare dei vestiti le immagini inviate. Da tempo parlando con i ragazzi spiego che meno dati personali che li riguardano vengono condivise sul Web, a partire dalle proprie immagini/video, meno si rischia. Questo è uno dei motivi. A Roma recentemente due ragazzini di 14 anni hanno scattato una foto a una ragazzina denudandola, senza il suo consenso, e diffondendola a partire da un gruppo WhatsApp.
Tutti i tipi di cyberbullismo sopra riportati hanno una matrice comune e cioè rientrano nella fattispecie di reato civile e penale, con conseguenze a carico dei genitori ragazzi sotto i 14 anni e dei ragazzi dal compimento del 14° anno di età, a seconda della gravità del fatto che viene compiuto e delle relative conseguenze subite dalle vittime.
Il danno morale subito dalla vittima, rispetto a un atto di bullismo, è il fatto che questo potrebbe riemergere a distanza di tempo. Il web non perdona. È sufficiente che un soggetto abbia salvato/conservato in uno dei suoi dispositivi personali, quel video, quell’immagine, quello screenshot di una conversazione privata, che un domani potrà magicamente e drammaticamente riapparire e diffondersi.
Il ruolo dei coetanei che assistono e sono a conoscenza di episodi di cyberbullismo
Importante dire intanto che il cyberbullo di per sé dovrebbe essere considerato anch’esso una vittima. Dietro a un comportamento deviante vi è sempre una serie di motivazioni che non conosciamo e che andrebbero magari analizzate prima di giudicare pesantemente a priori un ragazzo che sbaglia. Detto questo ovviamente chi sbaglia deve pagare ma nel giusto modo, seguendo quello che sono le indicazioni di Legge e i regolamenti previsti all’interno dell’istituto scolastico.
Uno degli errori che alcuni ragazzi commettono è quello di riprendere ciò che accade in un atto di bullismo o salvare cyberbullismo per poi condividerlo sui SOCIAL per fare in modo che venga fatta giustizia dal pubblico social nei confronti del bullo/cyberbullo che ha sbagliato. Questo, inconsapevoli del fatto che a loro volta diventano i cyberbulli di colui che ha sbagliato per primo, mettendolo di fatto alla Gogna mediatica.
Di seguito dunque alcuni suggerimenti basici per coloro che assistono a episodi di cyberbullismo:
Non essere spettatori passivi ma attivi in positivo
Assisto e non mi preoccupo perché penso saranno comunque altri che lo faranno. Oppure perché penso sia uno scherzo o ancora perché temo che i cyberbulli se vengono a saperlo si rivalgano poi su di me. Fondamentale pensare che un domani al posto di quella vittima potremmo essere noi e se tutti ragionassero in questo modo nessuno ci verrebbe in aiuto.
Intervenire con tempestività
Laddove uno screenshot di una conversazione privata, un’immagine, un video finisce in un gruppo i tempi di viralizzazione/diffusione dello stesso sono rapidi. Dunque, il messaggio è “intervenire” non appena si visualizza comunicandolo a chi di dovere cioè un adulto di riferimento (solitamente docente se riguarda l’ambito scolastico, genitore se fuori dall’ambito scolastico). Nel caso di ultraquattordicenne viene in aiuto UN APP della Polizia di Stato con la quale è possibile interagire per un intervento tempestivo.
App di pronto intervento
L’unica app da suggerire e che ogni ragazzo sopra i 14 anni dovrebbe avere installata sul proprio smartphone è “YOUPOL”. Un’applicazione davvero utile che, nel momento in cui si noti un problema di bullismo/cyberbullismo, inoltrando una foto, un video, lo screenshot di quanto sta accadendo alle forze dell’ordine, le stesse possono intervenire con tempestività evitando il diffondersi di contenuti che andranno a danneggiare l’immagine del soggetto preso di mira. Per i minori di 14 anni suggerisco comunque di farla installare sul dispositivo dei propri genitori. A mio personale parere questa APP dovrebbe essere un punto di riferimento al pari del 112 per le chiamate di emergenza. Implementandola a dovere ogni cittadino che ha a disposizione uno smartphone, in breve tempo può essere geolocalizzato veicolando presso di noi la pattuglia più vicina dove ci si trova.
Un’app per rendere legale la prova del reato
L’acquisizione forense prove del reato consente di portare in tribunale gli screenshot con valore legale. A tal proposito ci viene in aiuto l’app “FAS-Forensics Acquisition of Screenshot“).
Come aiutare le vittime
“Io credo che esista un filo neanche sottile, una linea di continuità che lega i ragazzi con manifestazioni crescenti di ritiro sociale con quelli che invece soccombono di fronte ad esperienze di umiliazione e vergogna, amplificate da quell’enorme visibilità che caratterizza le relazioni dei ragazzi nativi digitali. I giovani che vanno malvolentieri a scuola fino a smettere di andarci, che escono di rado, che non fanno attività fisiche e che passano tutto il tempo a loro disposizione giocando on line, presentano una specifica difficoltà a usare in modo costruttivo l’aggressività e a esprimersi emotivamente, se non attraverso esplosioni di rabbia. Si tratta della stessa rabbia, trattenuta a stento, visibile in chi è vittima di vessazioni continue, in chi non riesce a reagire di fronte a un atto di prepotenza e, così facendo, si rende disponibile, senza saperlo, a essere di nuovo perseguitato (Fonte: Cyberbullismo – Mondadori 2014)
Condivido volentieri con voi questo pensiero espresso nel suo libro “Cyberbullismo-Ed. Mondadori” Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta, ricercatore dell’Istituto di Psichiatria e Psicologia nella Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, considerato uno dei massimi esperti sulle patologie correlate al cyberbullismo.
Il primo supporto alle vittime dovrebbe arrivare dal gruppo dei pari. Ed è per questo che in ogni scuola, già a partire dalla scuola dell’infanzia, è fondamentale che si alleni i bambini al valore dell’empatia. Mettersi nei panni degli altri, farsi carico dell’altrui sofferenza e malessere, permette di agevolare un intervento da parte dei propri compagni che non vi sarebbe laddove questo importante fattore è assente.
Un suggerimento per la vittima è quello di crearsi un proprio “branco alleato”. Laddove trattasi di episodi che si presentano all’interno di un gruppo WhatsApp, di una pagina social, la regola è sempre quella che l’unione fa la forza. Maggiori sono le segnalazioni alla piattaforma da parte degli utenti iscritti e maggiori sono le probabilità che il cyberbullo possa venire bloccato evitando che prosegua a infastidire altri.
Uno strumento utile che viene messo a disposizione dal Garante privacy italiano è un modulo di segnalazione reclamo in materia di cyberbullismo attraverso il quale è possibile chiedere l’intervento tempestivo per la rimozione di contenuti riferiti alla nostra persona, che in qualche modo violano la nostra privacy o ledono la nostra immagine. Questo grazie alla Legge sul cyberbullismo presente in Italia e in vigore dal 2017.
Per conseguenze derivanti dai danni psicologici che la vittima può subire con un atto di cyberbullismo, può rendersi necessario un supporto da una figura professionale preposta. In tal senso oggi l’unica possibilità che i genitori hanno, è quella di rivolgersi a una figura appropriata (psicologo/psicoterapeuta/neuropsichiatra). Il problema si presenta in particolare per quelle famiglie che non hanno la forza economica per permetterselo. In loro aiuto potrebbe arrivare la scuola con la messa a disposizione dello psicologo scolastico che di fatto dovrebbe essere presente in ogni scuola proprio anche per intervenire in aiuto in questo tipo di contesto. Da questo punto di vista si spera nella approvazione di un disegno di legge che dovrebbe rendere sistemica e fissa la presenza di questa importante figura all’interno delle scuole italiane. Fra le attività cui dovrebbe sovrintendere viene evidenziata “l’individuazione precoce delle situazioni di devianza, quali bullismo e cyberbullismo, e di disagio, quali disturbi alimentari e dipendenze, nonché dei bisogni educativi speciali”. In aiuto da un lato alla vittima per recuperare l’autostima e la sicurezza di sé che si è persa e nel contempo recuperare e riportare sulla retta via i cyberbulli indagando sulle motivazioni che hanno portato al comportamento deviante.
Normativa attuale e possibili implementazioni per il futuro
Un importante traguardo raggiunto è rappresentato dalle nuove disposizioni normative contro il fenomeno del cyberbullismo. Con la Legge 29 maggio 2017 n. 71 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, sono stati definiti il fenomeno, gli obiettivi della legge, caratterizzati da azioni a carattere preventivo e da una strategia di attenzione, tutela e educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti.
Un grazie in particolare ai veri artefici di questa Legge, Elena Ferrara senatrice che ha presentato il progetto di Legge e Paolo Picchio padre di Carolina prima vittima italiana suicida per cyberbullismo. Insieme hanno poi fondato quella che è la migliore realtà in tema di prevenzione cyberbullismo, la Fondazione Carolina.
Cosa fare per ridurre i rischi del digitale
Nel digitale in particolare, si dovrebbe prevedere una revisione annua delle disposizioni di Legge riferite al mondo digitale in particolare. Oggi esiste un regolamento europeo per la protezione dei dati personali che è forse il migliore al mondo ma per continuare ad esserlo necessita di continui aggiornamenti seguendo quello che è l’ondata dell’innovazione digitale.
Detto questo manca ancora un intervento realmente tempestivo da parte delle piattaforme social laddove si chiede la rimozione di falsi profili o immagini che vengono prese e postate su profili diversi. Credo che il Garante Protezione Dati Personali debba avere maggiori poteri rispetto a quelli che ha già in particolare per quel che riguarda il rapporto con le piattaforme social.
Oggi si può denunciare un reato digitale, sia esso riconducibile al cyberbullismo o meno direttamente sul sito del Commissariato di PS. Il problema è che entro 48 ore dalla denuncia devi andare a autenticarti di persona e dunque, per i reati magari più lievi, molta gente lascia correre con il rischio di sdoganare eventuali illeciti minori. Credo che lo SPID dovrebbe servire anche a questo. Se faccio una denuncia allegando le prove del reato non necessariamente mi devo presentare presso le forze dell’ordine con il rischio di lunghe attese a seconda della situazione. Penso sia arrivato il momento di attivarlo anche sulla piattaforma delle Forze dell’Ordine.
Conclusioni
Bullo virtuale, che agisce servendosi della rete telematica. Al bullo, il cyberbullo sta come, nel caso della peste, stavano al virus gli untori. Diffonde, restando incappucciato. S’insinua, ripete, scandisce, ossessiona, pubblicizza, allarga, suggestiona, viola ogni intimità, forza gli sbarramenti, s’infila fin dentro alle case. Non usa coltelli, non dà pugni, né calci, non strappa diari, non costringe nessuno ad umiliarsi, ed a mangiare erba o detersivi, non ruba merende, portafogli, cellulari, non sfregia motorini, non usa rovesciare produzioni corporali negli zaini. Non svolge nessuna delle attività che imperversano in quasi tutte le scuole, dalla seconda elementare e fino alla fine delle medie (definizione Treccani)
Testimoni, genitori, insegnanti, amici, pediatri, sono tutte figure con un ruolo potenzialmente decisivo per bloccare sul nascere, sostenere e interrompere una azione fisicamente e psicologicamente dolorosa. Per questa ragione è indispensabile realizzare azioni sinergiche di prevenzione, utilizzando la scuola come base di partenza per sviluppare tali azioni. Ricerche consolidate dimostrano che i trattamenti più efficaci per le condotte antisociali riguardano lo sviluppo di competenze emotive e relazionali attraverso attività scolastiche che iniziano precocemente, ovvero in età infantile e pre-adolescenziale, e promuovono la cosiddetta “salute mentale positiva” degli studenti (controllo dell’aggressività, resilienza, autostima, sviluppo empatia), mediante il potenziamento di abilità come la capacità di gestione delle emozioni, di definizione di obiettivi personali, di soluzione problemi e abilità relazionali. Ciò consente di prevenire fenomeni di discriminazione, marginalità sociale e persecuzione in ambito scolastico che possono dar luogo a forme di aggressività e incidere irrimediabilmente sulla personalità e sulla salute mentale delle vittime. Gli interventi più efficaci per la prevenzione e la cura del bullismo/cyberbullismo sono sostanzialmente gli stessi che per gli altri tipi di disagio giovanile.
Fondamentale investire maggiormente in risorse e progetti formativi nella scuola italiana a partire dalla scuola primaria circa l’educazione alla cittadinanza digitale con un focus particolare su prevenzione cyberbullismo, protezione dati personali e cybersicurezza.
Nella scuola dell’infanzia iniziare percorsi di educazione dei bambini sul modello danese in particolare mirati a sviluppare valori quali la fiducia, l’empatia, la sincerità, il coraggio e l’arte di stare bene insieme.