intelligenza artificiale

Dalla cucina ai porti: il grande inganno dell’IA è servito



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L’IA invade la cucina con creazioni culinarie e promette innovazione, ma si rivela una mera riproduzione di conoscenze esistenti. Nei porti americani, il conflitto sull’automazione evidenzia la lotta tra lavoratori e macchine. In Svizzera, l’IA trasforma il lavoro creativo, sollevando interrogativi sul futuro dell’occupazione e del capitalismo

Pubblicato il 5 nov 2024

Lelio Demichelis

Docente di Sociologia economica Dipartimento di Economia- Università degli Studi dell’Insubria



chefgpt (1)

Hanno provato a usare l’intelligenza artificiale anche in cucina. Una tendenza che sembra dilagare un po’ ovunque, perché – dice la propaganda per l’intelligenza artificiale – se è intelligente sarà anche creativa, innovativa più e meglio (molto meglio) di uno chef umano. E così a Dallas, negli Usa, è stata inventata dalla IA  di OpenAI una tortilla a base di bistecca di bovino, gamberi, salsa al peperoncino rosso, patate croccanti e formaggio fresco. Intelligenza artificiale però non solo nei ristoranti, ma anche a casa: l’app ChefGPT è capace di elaborare ricette basandosi su ciò che è presente nel frigorifero; mentre SideChef è ancora più intelligente e ricostruisce la ricetta di un certo piatto partendo dalla sua foto. Cosa volere di più?

Tech Check: Make dinner with ChefGPT! 4 AI tools for cooking and grocery shopping

In realtà, non è tutto intelligente ciò che sembra esserlo o che viene spacciato per esserlo.

L’IA non è intelligente, ma industriale

ChatGPT non è intelligente – neppure in cucina – perché elabora ricette usando le informazioni che è riuscita a raccogliere in rete, e quindi e appunto nessuna creatività e nessuna intelligenza, ma una semplice rimasticatura/riproduzione di ciò che già esiste. L’IA ruba cioè informazioni (espropria la conoscenza di cuochi e chef, come fa una direzione aziendale tayloristica oggi algoritmica, cioè la espropria ai lavoratori per trasformarla appunto in algoritmi), rimescola calcolando (cercando la one best way – ancora il taylorismo, di ieri e oggi digitale) e poi dice (felice di avere efficientato il tutto – ancora il taylorismo) che il pranzo è servito (siamo al taylorismo culinario). In realtà, forse sono molto meglio – e più intelligenti – due uova in tegamino o la torta saint-honoré del nostro pasticciere di fiducia.

E dalle cucine passiamo ai porti americani della costa est e a cose più serie. Dopo un conflitto sindacale come non si vedeva da tempo e che minacciava di bloccare il traffico commerciale americano, la vertenza si è conclusa positivamente per i lavoratori portuali che avevano bloccato i porti dal Maine al Texas. Lo scorso 3 ottobre, l’International Longshoremen Association – il sindacato dei portuali – e l’associazione dei gestori dei porti e dell’aziende logistiche Umsx hanno comunicato di aver raggiunto un accordo che prevederebbe un aumento salariale del 61,5% per i prossimi sei anni (dati però ancora ufficiosi nel momento in cui scriviamo), e contestualmente un’estensione della durata del contratto collettivo attualmente vigente così da consentire di proseguire le trattative su altri temi in discussione, soprattutto – guarda caso – la questione dell’automazione, con i sindacati che si oppongono alla introduzione dei robot per la gestione dei container, mentre le aziende, da parte loro, temono di perdere terreno e competitività, senza automazione, nei confronti dei competitor internazionali.

Un conflitto, quello appunto sull’automazione, ben evidenziato dai cartelli alzati dai manifestanti, con slogan come: Machines don’t feed families o Workers over machine. Defend jobs and rights. Ovvero e ancora, disoccupazione tecnologica.

Why US port workers reject a 50% pay raise | DW News

Dall’America alla Svizzera, altri impatti dell’IA sul lavoro

E dall’America passiamo alla Svizzera, riprendendo un articolo di Sara Ibrahim: “La Svizzera è destinata a beneficiare dell’IA più di qualsiasi altro Paese europeo, con un potenziale di crescita del PIL fino all’11%, secondo diversi studi. Le industrie finanziarie e farmaceutiche del Paese dovrebbero trarre i maggiori vantaggi, ma anche altri settori subiranno trasformazioni. Le persone che lavorano in campi creativi e altamente qualificati come la scrittura, la programmazione e il design visivo stanno sentendo gli effetti di uno sconvolgimento del mercato del lavoro che è già in corso”.

E ancora: “L’IA generativa ha causato uno dei più grandi shock tecnologici degli ultimi tempi. È inevitabile che abbia ripercussioni sulle persone e sulle aziende”, ha affermato Ozge Demirci, ricercatrice presso la Harvard Business School e autrice di una ricerca internazionale sull’impatto dell’IA generativa sugli impieghi freelance. La ricerca, condotta in oltre 200 paesi tra cui la Svizzera, ha rilevato che un quinto dei posti di lavoro di scrittura e codifica è scomparso solo otto mesi dopo l’arrivo di ChatGPT. E il numero degli impieghi nella generazione di immagini è diminuito del 17%. “Penso che quasi tutti i lavori saranno colpiti dall’IA generativa, perché si tratta di una tecnologia molto dinamica”, afferma Demirci .

“La pressione sui lavoratori e le lavoratrici creative sta aumentando anche perché sempre più aziende sfruttano l’IA per la generazione di immagini. Il marchio svizzero di biancheria intima Calida ha recentemente lanciato una campagna di prova generata dall’IA per esplorare i limiti e le possibilità di questa tecnologia. Altri marchi internazionali di moda hanno optato per campagne simili che richiedono un coinvolgimento minimo o nullo di designer umani. In tutto il mondo, le artiste e gli artisti visivi stanno facendo causa alle aziende che utilizzano le loro opere d’arte per addestrare i generatori di immagini, senza il loro consenso e senza pagare i diritti d’autore” – come a dire, aggiungiamo: è sempre, da sempre, capitalismo di sfruttamento dell’uomo, oltre che della biosfera. Mai per l’uomo, sempre per il profitto.

“Tuttavia, i lavoratori e le lavoratrici in Svizzera sembrano preferire un approccio prudente per affrontare i cambiamenti sul posto di lavoro legati all’IA. Secondo una indagine condotta su oltre 6.000 persone, la popolazione svizzera è disposta a guadagnare il 20% in meno e a lavorare in settori meno qualificati pur di avere un impiego con una probabilità inferiore di automazione e quindi più sicuro”.

E questo dice molto sulla relazione perversa tra industria e società, ponendosi sempre in conflitto la prima contro la seconda. Evidenziandosi inoltre il fatto per cui è sempre meno vero che l’innovazione tecnologica capitalistica migliori la vita umana, semmai dobbiamo ammettere che il digitale l’ha peggiorata e molto (tempi e ritmi esasperati, piattaforme, precarizzazione, impoverimento di massa, semplificazione e automazione, competenze invece di conoscenze). Forse perché, come scriveva nel 1979 il filosofo della tecnica Günther Anders (1902-1992), “il trend è rendere l’uomo superfluo, per quanto ciò possa sembrare assurdo: cioè a sostituire il suo lavoro con l’automatismo degli apparecchi; a realizzare una condizione nella quale non dico che non sia necessario proprio nessun lavoratore, ma almeno – si tratta infatti di un processo asintotico – la minor quantità possibile di lavoratori” (Anders, L’uomo è antiquato II, 2003, p. 19). Tutto confermato recentemente da Elon Musklavorare sarà inutile, faranno tutto le macchine – che chiede quindi un reddito di cittadinanza o qualcosa di simile, altrimenti come potremmo consumare ciò che l’industria produce per noi e garantirsi i profitti?

Il paradosso dell’IA

Il paradosso è che noi tutti produciamo dati (per di più gratuitamente, paradosso nel paradosso) per il Big Data e per l’intelligenza artificiale, affinché ci tolga il lavoro. Servirebbe uno psicoanalista.

E invece, affascinati come bambini dall’intelligenza cosiddetta artificiale che sembra nuova e appunto intelligente (che poi è invece sempre taylorismo, è sempre industrializzazione della vita, è sempre standardizzazione e ripetizione e omologazione e conformismo, è sempre capitalismo – cioè morte della creatività e dell’intelligenza) – e la propaganda è incessante, pervasiva, compulsiva – la accettiamo senza reagire e soprattutto senza pretendere che il sistema industriale e le multinazionali si facciano carico loro delle conseguenze sociali che producono.

Un altro paradosso.

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